La prima nascita in vitro si deve anche all’infermiera ed embriologa britannica Jean Purdy.
Era il 1978 quando nacque la prima bambina dalla fecondazione artificiale resa possibile con le tecnologie in vitro. La bambina “in provetta” nacque sana e sarà conosciuta nella storia come Louise Brown.
Luci e ombre su una scoperta di cui ancora oggi ne vediamo i frutti; è infatti stato riconosciuto solo recentemente l’apporto scientifico dell’infermiera ed embriologa britannica Jean Purdy nella scoperta della fecondazione in vitro.
Era in 1978 quando il mondo assistette alla nascita della prima bambina nata “in provetta”, quella che sino ad allora era stata un’utopia divenne realtà. La fivet, fecondazione artificiale in vitro, è la tecnica embriologica attraverso cui la fecondazione di un ovulo da parte di un embrione avviene in tramite l’utilizzo di tecnologie avanzate. Il ricorso alla fecondazione artificiale sia essa autologa o eterologa è stato per molto tempo demonizzato nel nostro paese per via della cultura cattolica dominante, arrivarono dunque ad una scoperta del genere per primi gli inglesi (ndr. che sono notoriamente protestati).
Ma ciò che rende questa vicenda degna di nota è che la studiosa che si prodigò assieme ai colleghi maschi venne ben presto dimenticata. Il team di ricerca britannico che si occupò di testate e sperimentare l’ipotesi era composto da: Robert Edwards, Patrick Steptoe e Jean Purdy. Malgrado le sue capacità e l’apporto che diede alla scoperta Purdy venne dimenticata sino al 2015 quando nella targa a memoria dell’evento venne finalmente aggiunto il suo nome assieme a quello dei colleghi Edwards e Steptoe. Inoltre Steptoe ricevette il Nobel per la medicina nel 2010.