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Infermieri di Famiglia: in Puglia ne servono 700, ma non vengono assunti. In realtà non se ne trovano.

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Servono ben 700 Infermieri di Famiglia e di Comunità (IFEC) in Puglia, ma non se ne assumono nonostante 32 milioni di euro a disposizione delle Aziende. Cosa succede? Pare non ci siano colleghi disponibili.

La Regione Puglia ha quasi 32.000.000 di euro da spendere per l’assunzione di 700 Infermieri di Famiglia e di Comunità (IFEC), ma reperirli è diventato assai difficile. Ai bandi emanati dalla ASL hanno risposto in pochi, soprattutto i neo-laureati che non hanno esperienza nel settore e che vanno formati ex-novo.

Tutto ciò mentre sempre in Puglia, sul Gargano, potrebbe nascere il Borgo della Salute, una struttura mista residenziale-domiciliare gestita interamente da Infermieri di Famiglia.

Come dicevamo la richiesta è tanta, ma la disponibilità di forza lavoro è poca, a dimostrazione che in Puglia e in Italia ormai la disoccupazione nel campo infermieristico è prossima allo zero assoluto.

Con il Decreto Rilancio del maggio 2020, ormai quasi due anni fa – ricordano i colleghi di Telerama – sono state varate misure urgenti in materia di salute e di sostegno all’economia connesse all’emergenza Covid. Tra queste misure era prevista l’assunzione immediata di ben 9.600 infermieri in tutta Italia, da parte delle aziende e degli enti del Servizio sanitario pubblico, come infermieri di comunità o di famiglia, in numero non superiore ad 8 ogni 50mila abitanti. Alla Puglia sono stati destinati quasi 32 milioni di euro per oltre 700 assunzioni, ma le procedure sono in stallo.

Eppure, con la necessità dettata dall’emergenza pandemica di alleggerire il carico sugli ospedali e rafforzare l’assistenza a domicilio, la figura dell’infermiere di famiglia o comunità assume un ruolo fondamentale. A settembre 2021 le Regioni hanno sottoscritto un documento condiviso, in linea con le indicazioni contenute nel Patto per salute 2019-2021, che individuava le competenze necessarie per gestire cronicità e fragilità sul territorio, e in generale per potenziare le cure primarie e promuovere la salute.

Nel caso dei pazienti Covid, l’infermiere di famiglia o comunità assume un ruolo determinante per le attività di tracciamento e monitoraggio, a supporto delle Usca, le unità speciali di continuità assistenziale.

Già a luglio 2020 tre regioni del nord hanno avviato le assunzioni. La Toscana ha inserito queste figure in piccole équipe con i medici di famiglia. In Piemonte era stato attivato già da anni un master di formazione universitaria per infermieri di comunità. E il Friuli Venezia Giulia ha anticipato tutti con un’esperienza pilota addirittura nel 2004. Secondo i dati della Fnopi, la Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche, grazie all’infermiere di famiglia si sono ridotte del 10% le ospedalizzazioni e del 20% i codici bianchi.

E in Puglia? Non è stata data ancora attuazione alla legge 77 del 2020, che ha destinato alla nostra regione 31 milioni e 785mila euro a decorrere dal 2021.

Nessuna risposta all’interrogazione urgente del consigliere Paolo Pagliaro, che ha sollecitato la Giunta regionale ad utilizzare le somme stanziate per potenziare l’assistenza infermieristica territoriale non solo a favore dei pazienti Covid ma anche di malati cronici, persone fragili e non autosufficienti. Questa volta non è questione di fondi ma di capacità organizzativa, e la sanità pubblica regionale è in grave ritardo.

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