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Infermieri, Ostetriche, Oss e Professioni Sanitarie: se condannati pagate voi e non l’azienda.

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Quello che non sapete sulla Legge Gelli. Infermieri, Infermieri Pediatrici, Ostetriche/i, OSS e Professioni Sanitarie: se sbagliate e se condannati pagate voi e non l’azienda.

Gli Infermieri, gli Operatori Socio Sanitari e i Professionisti della Salute da qualche mese hanno un “nemico” in più: la Legge Gelli sulla responsabilità professionale. Se condannati rischiate di risarcire civilmente, ovvero con i vostri soldi, il vincitore o i vincitori del processo a vostro carico.

Proponiamo qui di seguito un servizio apparso nei giorni scorsi sul portale Conoscere il Rischio Clinico, che da un’attenta disamina su ciò che potrebbe accadere in caso di condanna.

Il diritto civile ha un diverso ambito e una diversa finalità rispetto al diritto penale. Mentre il diritto penale, che è un diritto pubblico, punta a reprimere le violazioni dell’ordine giuridico generale mediante punizioni, il diritto civile è un diritto privato e si pone come finalità la tutela degli interessi privati e la reintegrazione del patrimonio della persona lesa attraverso il risarcimento dei danni.[1]

Tradizionalmente la distinzione della responsabilità civile viene operata tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale. Questi termini potrebbero apparire al primo impatto astrusi mentre in realtà sono molto semplici.

La responsabilità contrattuale, come indica il termine stesso, prevede la presenza di un contratto scritto tra le parti. Il rapporto che si instaura tra paziente e struttura sanitaria rientra anch’esso nella responsabilità contrattuale, anche se non è stato firmato alcun accordo scritto, perché, secondo la giurisprudenza, nel momento in  cui  il paziente si rivolge alla struttura sanitaria si verifica un contatto sociale che determina di per sé l’instaurazione di un rapporto giuridico di fatto.

Nella responsabilità contrattuale è il debitore a dover provare che l’inadempimento è avvenuto per causa a lui non imputabile. In pratica il professionista sanitario ha l’onere di provare che non è riuscito a curare il paziente come si aspettava per una impossibilità non imputabile a lui. Il paziente deve solo dare la prova del danno e del fatto che il danno si è manifestato in occasione della cura. Il periodo di prescrizione è di 10 anni (è il tempo massimo entro cui il paziente può fare la denuncia). La responsabilità contrattuale è sancita dall’art. 1321 c.c. il quale recita: “il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere fra loro un rapporto giuridico patrimoniale”. Il sanitario per difendersi deve dimostrare di aver avuto:

  • diligenza nell’adempimento dell’obbligazione (art. 1176 c.c.)
  • impossibilità dovuta a causa a lui non imputabile (art. 1218 c.c.)
  • grado di difficoltà elevato (art. 2236 c.c.)

La responsabilità extracontrattuale si instaura invece al di fuori di un contratto. Il classico esempio è quello di un incidente stradale dove chi ha subito il danno viene risarcito pur non avendo mai stipulato alcun contratto con la controparte. Nella responsabilità extracontrattuale è il creditore a dover provare il danno e il dolo o la colpa. In pratica è il paziente che muove causa che deve rigorosamente dimostrare gli errori del sanitario ed il nesso causale tra questi ed il danno subito. Il diritto si prescrive in 5 anni. La responsabilità extracontrattuale è sancita dall’art. 2043 c.c. il quale recita: “qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altrui un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

Sulla base di articolo il danneggiato deve provare:

  • Il danno ingiusto: il danno è ingiusto quando è causato da terze persone quindi quando c’è un responsabile (es. incidente stradale). In ambito sanitario si ottiene un danno ingiusto ad esempio quando l’operatore causa una lesione ad un paziente (danno biologico), oppure quando ne causa la morte
  • Il dolo o la colpa dell’autore dell’illecito: il danno è doloso quando c’è un’azione esterna senza la quale non si sarebbe verificato oppure quando non c’è un’azione esterna che ci sarebbe dovuta essere. Il danno è colposo quando non è voluto e si verifica per negligenza, imprudenza e imperizia (c.d. colpa generica) o per inosservanza di specifiche regole di condotta (c.d. colpa specifica)
  • Il nesso causale tra il fatto e il danno: il nesso di causalità richiede che sussista un rapporto di causa-effetto tra l’evento dannoso ed il fatto compiuto.

Principali novità apportate dalla legge “Gelli” in tema di responsabilità civile sanitaria

La Legge n. 24/2017 sulla responsabilità professionale sanitaria ha introdotto alcune importanti novità in materia di responsabilità civile degli operatori sanitari.

In ambito civile la responsabilità professionale diviene di natura extracontrattuale per gli esercenti la professione sanitaria, cosa che obbliga il paziente che ha subito un danno in ospedale a dimostrare la colpa di chi l’ha curato. Vi è quindi l’inversione dell’onere della prova rispetto alla normativa precedente quando era il sanitario a doversi difendere da eventuali accuse. Quella della struttura sanitaria resta contrattuale e quindi in questo caso spetta all’ospedale provare di non avere responsabilità per i danni subiti dal paziente.[2]

La legge 24/2017 prevede che il giudice, nella determinazione del risarcimento del danno, tenga conto del fatto che il sanitario abbia rispettato o meno le buone pratiche clinico-assistenziali e le raccomandazioni indicate dalle linee guida.[3]

Altra importante novità prevista dalla legge 24/2017 riguarda l’obbligo per tutte le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private di assicurarsi per responsabilità civile contro terzi anche per danni causati dal personale a qualunque titolo operante. La legge stabilisce inoltre l’obbligo per ciascun esercente la professione sanitaria operante a qualunque titolo in aziende del Servizio Sanitario Nazionale, in strutture o in enti privati, di provvedere alla stipula di un’adeguata polizza di assicurazione. Questo al fine di garantire efficacia all’azione di rivalsa da parte delle strutture nei confronti dei Professionisti. Non si può che accogliere favorevolmente tale obbligo considerando l’esborso economico al quale poteva in precedenza andare incontro il sanitario in caso di danno al paziente. E’ proprio per salvaguardare gli operatori da tale rischio che la legge Gelli ha previsto l’obbligo di assicurazione.

  1. In un altro articolo abbiamo parlato di responsabilità penale degli operatori sanitari (qui).
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Bibliografia

[1] Benci L. Aspetti giuridici della professione infermieristica. Mc Graw Hill, 2011, p. 267

[2] Legge n. 24/2017. Art. 7. Comma 1

[3] Legge n. 24/2017. Art. 7. Comma 3

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