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Professioni Sanitarie. In Senato il progetto Sx and gender approach (SeGeA).

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In Senato la presentazione del progetto SeGeA (Sex and gender approach). Approccio di sesso e genere nelle professioni sanitarie: promuovere l’equità e la salute per tutti.

Oggi si è svolto, in Senato, presso la Sala Zuccari del prestigioso Palazzo Giustiniani, un evento di grande rilevanza dedicato all’approccio di sesso e genere nelle professioni sanitarie: la presentazione del progetto SeGeA. L’iniziativa è stata promossa dalla Federazione nazionale degli Ordini TSRM e PSTRP.

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L’evento, che ha visto la partecipazione di esperti, professionisti del settore e rappresentanti istituzionali, ha avuto l’obiettivo di illustrare e diffondere l’applicazione della medicina di genere nel Servizio sanitario nazionale, come stabilito dall’articolo 3 della legge 3 del 2018. La legge, promossa e firmata dal già Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, ha sancito l’importanza di considerare le differenze di genere nella pratica medica e di promuovere l’uguaglianza di accesso alle cure.

«Il progetto SeGeA ha messo in luce diversi ambiti di disparità di sesso e genere, su cui è fondamentale intervenire, in modo strutturato e non rimandando alla sensibilità di ognuno – è quanto ha sottolineato in apertura dei lavori Teresa Calandra, Presidente della FNO TSRM e PSTRP, che ha aggiunto che tutto quel che oggi sappiamo o che sapremo studiando questi fenomeni non può solo servire a capirli meglio, ma deve necessariamente essere utilizzato per prevenirli, usando questo sapere per progettare e realizzare interventi che ne prevengano o controllino le cause».

Beatrice Lorenzin in apertura del convegno ha ribadito: «Siamo ancora molto indietro e la ricerca testimonia quello che noi già sappiamo: ci sono ancora degli scogli culturali molto grandi, c’è la consapevolezza, la percezione delle discriminazioni che le donne, che sono la maggioranza con circa l’80% del mondo sanitario, subiscono, sia in termini di carriera sia in termini di qualità professionale. I numeri ci dicono anche come questa percezione viene tradotta dal decisore politico, pensiamo alle commissioni, ai comitati, ai luoghi del potere del sistema sanitario ancora, purtroppo, prettamente maschili».

Anche il Ministro della salute, Orazio Schillaci, ha fatto pervenire il proprio saluto all’evento: «Promuovere tra le professioniste e i professionisti della sanità un approccio attento e sensibile all’impatto delle differenze di genere sullo stato di salute e di malattia di ogni persona è un obiettivo sempre più impellente. Per centrarlo servono competenze e formazione specifiche che il vostro progetto intende favorire» (Collegamento al messaggio del Ministro Schillaci).

Ha fatto pervenire i propri saluti anche Mariella Mainolfi, Direttore generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del SSN del Ministero della salute che ha voluto testimoniare la sua vicinanza e il suo sostegno all’iniziativa per l’importanza e la sensibilità della tematica trattata, ribadendo che la Direzione generale delle professioni sanitarie che presiede sta lavorando sulla tematica della medicina di genere, oggetto dell’evento.

Il Progetto SeGeA.

«Non possiamo permetterci di rinunciare al prezioso insieme di idee, pensieri e contributi intellettuale delle donne, soprattutto quando rappresentano il 68% dei nostri professionisti. Questo evento rappresenta un’importante occasione per ribadire l’importanza di aver investito in questo progetto e per sottolineare il nostro impegno costante verso la promozione dell’uguaglianza di genere» è il commento di Giovanni De Biasi, membro del Comitato centrale della FNO TSRM e PSTRP con delega all’equità tra i generi che, insieme a Fulvia Signani, Presidente di Engendering Health (EngHea), ha presentato il progetto SeGeA. Il progetto SeGeA, realizzato dalla FNO TSRM e PSTRP, in collaborazione con EngHea, si propone di promuovere un approccio di sesso e genere nelle professioni sanitarie attraverso l’implementazione di strategie basate su un solido razionale e un’articolata metodologia.

L’iniziativa ha previsto due momenti. «Una prima fase di indagine sui professionisti sanitari per comprendere quanto essi ritenessero importante conoscere i risvolti concettuali e pratici del tema, anche se gli stessi professionisti non erano ancora completamente alfabetizzati sulla questione. I risultati hanno consentito di porre le basi della seconda fase: un percorso formativo mirato a garantire la condivisione di un comune corpus teorico/pratico utile all’avvio della costruzione di una “comunità competente” sull’approccio» è il commento della Presidente Signani. Di fatto sono state messe a disposizione degli iscritti agli Ordini TSRM e PSTRP due eventi formativi con temi che informano delle differenze di sesso e genere sia nelle caratteristiche anatomo-patologiche che nella relazione con la persona assistita.

L’indagine e la formazione.

I risultati ottenuti e le attività di formazione sono stati presentati da Chiara Annovazzi, Assegnista di Ricerca presso l’Università della Valle D’Aosta, e da Amelia Ceci, Referente della medicina di genere presso l’AUSL-IRCCS di Reggio Emilia, nonché membro del Consiglio direttivo di EngHea.

Il questionario, composto appositamente assemblando scale validate e ricavate da letteratura nazionale e internazionale, ha visto l’accesso di più di 11.000 professionisti sanitari. Di questi, 6430 contributi sono stati completati e ritenuti statisticamente validi per le successive analisi. L’1% dei rispondenti ha preferito non dichiarare il genere, mentre, dei restanti, il 77% si è riconosciuto sotto la definizione “donna”, con proporzioni numeriche che rispecchiano il rapporto maschi/femmine degli iscritti alla Federazione nazionale. Dall’incrocio di risposte diverse emerge l’elemento significativo che le donne/professioniste risultano ancora molto condizionate dal ruolo tradizionale di persona dedita alla “cura domestica”. Nel quasi 80% dei casi le donne/professioniste, oltre al lavoro, si prendono cura di qualche famigliare, tanto da riportare un alto livello di “conflitto multi-ruolo”, la situazione cioè di coloro che devono conciliare, non senza difficoltà, la vita privata e quella professionale. Dato che si manifesta concretamente anche nel fatto che il 23% delle donne, rispetto al 7% degli uomini, decide di svolgere la propria professione part-time, con le evidenti ed ovvie penalizzazioni di carriera.

Complessivamente è emersa una visione stereotipica sul ruolo di genere, da parte sia di uomini che di donne. Dai dati infatti emergeva che uomini si riconoscevano complessivamente sia come “protettori delle donne” e “persone che hanno bisogno delle cure femminili” (in termini tecnici si parla di sessismo benevolo o benevolente), sia come esseri “controllanti” le donne stesse (sessismo ostile). Queste ultime, a loro volta, si riconoscevano come “persone da proteggere” e “fragili”, ma anche critiche nei confronti delle altre donne che manifestano il desiderio di sovvertire l’ordine “naturale” delle cose (aspetto che rivela sessismo ostile anche nelle donne, caratteristica presente comunque in quota minore rispetto agli uomini). Questi aspetti, sommati a una dichiarata discriminazione percepita (da parte delle donne, più degli uomini), influenzano significativamente la soddisfazione sia professionale, sia personale.

“Incipit” è il titolo della prima delle due formazioni a distanza ed è volta a presentare sia i concetti fondamentali dell’approccio di differenze e sesso/genere, sia a indagare, con un’originale configurazioni informatica che ha consentito un breve sondaggio all’interno della FAD stessa, le conoscenze su tre temi fondamentali (infarto, tumore al seno, osteoporosi). L’altra formazione a distanza è stata denominata “20 ore di medicina di genere”. Il tema di salute pubblica riguardante la violenza di genere, ormai configurato a livello internazionale come parte integrante della medicina di genere, è stata occasione di approfondimento, come pure le conseguenze del ruolo di caregiver sulla salute delle persone che assistono i familiari. Non sono mancati suggerimenti su argomenti molto attuali come il microbiota e come differisce tra maschio e femmina, nonché aspetti spesso trascurati legati alla comunicazione dei rischi e alle conoscenze sugli effetti degli inquinanti. Le prime due edizioni delle FAD hanno visto la partecipazione di oltre 4mila operatori della salute.

La tavola rotonda.

Una tavola rotonda con la partecipazione di esperti e rappresentanti di diverse Istituzioni ha chiuso l’evento, tra i partecipanti del dibattito finale Luca Busani, rappresentante del Centro di riferimento di medicina di genere dell’Istituto superiore di sanità (ISS), Flavia Franconi, Coordinatrice del laboratorio di medicina e farmacologia di genere del Consorzio interuniversitario INBB, Alessandra Gallone, Consigliere del Ministro dell’università e ricerca, Silvia Maffei, Medico ginecologa presso il CNR-Regione Toscana “G. Monasterio” di Pisa e membro del Consiglio direttivo di EngHea, Annamaria Moretti, Presidente nazionale del Gruppo italiano salute e genere (GISeG), Fulvia Signani, Presidente di EngHea e Teresa Calandra e Giovanni De Biasi, entrambi rappresentanti della FNO TSRM e PSTRP.

Luca Busani, rappresentante del Centro di riferimento di medicina di genere dell’Istituto superiore di sanità (ISS): «Il nostro Centro è interessato a raccogliere esperienze di questo tipo, che indaghino gli aspetti di sesso e genere, al fine di promuovere buone pratiche e una formazione specifica, colmando le lacune conoscitive e migliorando le competenze professionali a favore della salute della persona».

I libri di medicina riflettono i giovani uomini caucasici di 70 kg di peso. Curiosamente la stessa dose di farmaco è somministrata alle donne che pesano 10 kg di meno. Tutto ciò ha portato a diagnosi tardive nell’infarto del miocardio e in alcuni tumori (polmone) e a una minore appropriatezza terapeutica nell’infarto cardiaco, insufficienza renale nelle donne rispetto agli uomini. Come risolvere queste criticità? Flavia Franconi, Coordinatrice del laboratorio di medicina e farmacologia di genere del Consorzio inter-universitario INBB sostiene che la soluzione è la formazione: «Solo la conoscenza fa superare tutto ciò. Gli operatori sanitari devono essere consapevoli delle differenze anche per evitare rischi personali. La formazione deve essere presente in tutte le discipline dei corsi di laurea sanitarie, ma deve estendersi anche a professionisti non sanitari che disegnano e progettano i dispositivi medici (es. Fisici e Ingegneri), agli informatici che raccolgono ed analizzano i big-data perché se non utilizzano un approccio di sesso-genere anche l’intelligenza artificiale perpetuerà il gender gap. Per non dimenticare le professionalità amministrative. Accanto alla formazione pre-laurea è necessario provvedere a quella continua adottando in ambedue casi a metodologie multidisciplinari e intersettoriali».
Alessandra Gallone, Consigliere del Ministro dell’università e ricerca, partecipando all’evento odierno ha ribadito che per migliorare il nostro sistema di cure occorre “personalizzare le terapie” rispettando le differenze di sesso e genere e ciò è possibile solo con la formazione, «L’Italia è stata il primo Paese in Europa a formalizzare l’inserimento del concetto di “genere” in medicina, indispensabile a garantire ad ogni persona la cura migliore, rispettando le differenze e arrivando a una effettiva “personalizzazione delle terapie”. Per formare i professionisti della salute di domani è necessario offrirgli i migliori strumenti tecnologi, ampliare le loro possibilità di usare la robotica ma dobbiamo anche riportare al centro quella cura che non è un elenco di sintomi e terapie, ma la somma di osservazioni, di contatti e di dialogo».

La promozione di un approccio attento alle differenze di sesso/genere beneficerà non solo agli assistiti, ma anche ai professionisti sanitari stessi. Un’attenzione mirata alla specificità di genere consentirà di migliorare la qualità delle cure, aumentare l’efficacia dei trattamenti e prevenire potenziali danni legati a disuguaglianze di genere nel campo della salute, è la tesi sostenuta da Silvia Maffei, Medico ginecologa presso il CNR-Regione Toscana “G. Monasterio” di Pisa e membro del Consiglio direttivo di EngHea che dichiara: «È cruciale proporre l’approccio attento alle differenze sesso/genere a tutte le professioni sanitarie, con un coinvolgimento trasversale, includendo tutti i comparti organizzativi e clinici e mirando all’ottimizzazione delle performance cliniche e di ricerca».

La valutazione delle differenze di sesso e genere costituisce oggi un elemento fondamentale per lo sviluppo di una “medicina equa, appropriata ed inclusiva” e l’utilizzo di indicatori specifici deve costituire parte integrante anche dei programmi di ricerca, formazione, comunicazione.

Secondo Annamaria Moretti, Presidente nazionale del GISeG, è necessario impostare politiche orientate a aumentare strategie efficaci per affrontare le disuguaglianze di genere nei servizi sanitari e garantire alle persone la cura migliore: «La possibilità che i Governi possano continuare a erogare percorsi di cura caratterizzati da elevata qualità a tutti i cittadini, indipendentemente dalle loro caratteristiche biologiche, sociali e culturali, è non solo improbabile, ma anche strettamente correlata alla sostenibilità dei sistemi sanitari. È necessario quindi sollecitare le Istituzioni a sviluppare programmi per la conoscenza, la formazione e la promozione della salute e prevenzione delle malattie, investire nei sistemi di prevenzione ed assistenza primaria, trasferire l’assistenza sanitaria su territorio potenziando le cure ambulatoriali e domiciliari più accessibili e meno costose, con una particolare attenzione al rapporto tra indicatori di genere e sostenibilità sociale. La dimensione di genere nella salute è pertanto una necessità di metodo e analisi che diventerà presto, speriamo, strumento di governo e di programmazione sanitaria».

L’evento ha rappresentato un’importante occasione per approfondire l’applicazione della medicina di genere nel contesto sanitario e per discutere le strategie necessarie per garantire una salute equa per tutti, indipendentemente dal genere. L’obiettivo finale è promuovere un cambiamento culturale e professionale che consenta un accesso più equo e mirato alle cure sanitarie per ogni individuo.

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