Virus Mangiacarne: cos’è? Quanto si muore e quali sono i rischi? Quali sono i sintomi e come riconoscerlo?
Per virus mangiacarne si intende un gruppo di batteri patogeni che possono causare una grave infezione dei tessuti, denominata con il nome di fascite necrotizzante.
Si tratta quindi di un termine improprio, in quanto non si tratta di virus ma di batterio.
Questa infezione provoca la morte dei tessuti molli interessati, che possono necrotizzare e cadere, lasciando una cavità vuota.
Come infettarsi e come prevenirlo?
Il batterio mangiacarne con cui più comunemente è possibile infettarsi è il Vibrio vulnificus, un batterio gram-negativo che si trova soprattutto nelle acque marine calde e salmastre.
Il Vibrio vulnificus può essere trasmesso all’uomo attraverso ferite aperte, ingestione di cibo contaminato o contatto con acqua contaminata. Il rischio di infezione da batteri mangiacarne è ovviamente più elevato per le persone con sistema immunitario indebolito, come gli anziani, le persone con malattie croniche e le persone che si sono sottoposte recentemente ad un intervento chirurgico.
Per prevenire l’infezione da batteri mangiacarne è opportuno prendere alcune precauzioni, quali:
- Evitare di nuotare in acque calde e salmastre, soprattutto se si hanno ferite aperte;
- Lavarsi accuratamente le mani dopo aver toccato l’acqua di mare;
- Non mangiare molluschi o crostacei crudi o poco cotti;
- Evitare il contatto con acqua contaminata.
Sintomi e mortalità:
I sintomi della fascite necrotizzante possono comparire molto rapidamente, già entro poche ore o giorni dall’esposizione al batterio.
I sintomi includono:
- Dolore intenso,
- Gonfiore;
- Arrossamento;
- Febbre;
- Nausea e vomito;
- Diarrea;
- Shock settico.
Il trattamento di solito consiste in un intervento chirurgico per rimuovere i tessuti necrotici (fino all’amputazione) e trattamento farmacologico sistemico con antibiotici.
La fascite necrotizzante è una malattia grave non molto comune ma che può essere fatale nel 73% dei casi. Secondo recenti studi, solamente il 5% dei pazienti resta in vita senza subite almeno un’amputazione parziale.
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