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domenica, Aprile 28, 2024
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La Santa Inquisizione di un ordinario Professionista Sanitario.

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Un lettore ci scrive relativamente alle sue disavventure disciplinari. Parla di Santa Inquisizione e di indottrinamento di un ordinario Professionista Sanitario.

Gentile Direttore,

di solito firmo sempre i miei interventi; ormai siamo a ben oltre 200 tra quelli pubblicati sia qui che altrove tra le testate sanitarie e deploro quelli fatti in anonimato; ma questa volta sono forzosamente indotto a rimanere in tal Copernicana guisa, in quanto in questi giorni mi trovo di fronte ad una surreale situazione Cinquecentesca, che in termini moderni somiglia ad un incipiente avviso di garanzia: a seguito di un commento lasciato a margine (plug-in Fb) di un articolo pubblicato su altra testata sanitaria in febbraio, il mio ordine professionale avvia oggi un procedimento disciplinare nei miei confronti. Alla tempestività richiesta da simili fattispecie l’ente ha però stranamente fatto corrispondere indugio e lentezza: inizialmente il legale incaricato intimava di «intervenire nuovamente sulla stampa al fine di rettificare quanto affermato»; ingiunzione corrisposta con pronta rettifica del commento, sottolineando l’ambiguità di alcune affermazioni e la legittima critica VERSO LE IDEE espresse dall’autore.

Anticipando ulteriori “trame”, ho poi anche rimosso completamente il commento … tuttavia, sono stato ancora più volte “sollecitato”: prima a rispettare una disposta «verifica sommaria su fatti che potrebbero essere oggetto di procedimento disciplinare»; richiesta (anche questa) soddisfatta attraverso un dettagliato documento di 24 pagine che pure mi ha portato uno spontaneo (ma a quanto pare estemporaneo) commento da parte della stessa Presidente della Commissione Disciplina: «effettivamente hai una cultura molto vasta» … al che sembrava quindi tutto risolto, se non che – sorpresa e stupore – il 4 luglio u.s. sono stato raggiunto da ulteriore comunicazione di «Avvio procedimento disciplinare», perché in sostanza l’ordine, ritornando sulle sue, ritiene che il sottoscritto continui a sostenere le proprie tesi e continui a ritenere quanto già asserito (?!?).

Un tale fervore per una legittima critica poi anche rimossa si spiega in un solo modo: si scopre che l’autore (diversamente qualificatosi in calce al pezzo) altri non sia che un componente dell’establishment del medesimo ordine, destinatario di (ennesimo) incarico istituzionale; il che meglio spiegherebbe tutta la serie di addotte assonanti ed altisonanti motivazioni, con cui l’ordine affermi non essere «sufficienti» la rettifica, la rimozione del commento ed anche le 24 pagine di dissertazione a discarico, comunque aprioristicamente (e forse ostinatamente) ritenendo gli (ormai estinti) commenti inadeguati ed offensivi addirittura per la – di fatto mai chiamata in causa – istituzione ordinistica!

Eppure – giusto caso – il documento presentato all’ordine esordiva con i tanto fondamentali quanto (tutt’ora) completamente disattesi principi della TEMPESTIVITÀ (da febbraio siamo a luglio per una contestazione di addebito … ) e della IMMUTABILITÀ, che prevede che «i fatti posti alla base del provvedimento disciplinare che verrà successivamente emanato, devono coincidere con quelli che sono stati preventivamente contestati e non estendersi ad altre situazioni» …

Guardando oltre a tale singolare e forse unica situazione, che certamente non è di interesse pubblico, il problema che però emerge in un momento particolare, in cui il dibattito sulla libera circolazione del pensiero è offuscato da episodi di presunta censura (vedi gli «ultimi veleni sul direttore di Rainews accusato dai giornalisti di censura sul caso La Russa»), e che non può non causare stupore e grande preoccupazione è quello (a parte un sentore di “lesa maestà”) del tentativo di imposizione di un “set” di comportamenti oltreché di contenuti, che vanno chiaramente contro il diritto di esprimere ed elaborare liberamente le proprie idee: un sovraordinato diritto universalmente riconosciuto che soprattutto queste testate – che offrono una possibilità concreta all’instaurarsi della c.d. “democrazia partecipativa” –  rappresentano e di cui, al pari di ogni organo di informazione, si fanno garanti.

Siamo quindi di fronte ad un tentativo di indottrinamento e correlata intolleranza per una manifesta “perseveranza”, visto che ho continuato – anche nel periodo “incriminato” – ad esprimere legittimamente le mie idee, che evidentemente contrastano non soltanto le linee dottrinali ordinistiche, ma anche le sperate aspettative di un ente che stia eloquentemente mostrando uno stile eufemisticamente definibile più “direttivo” che “partecipativo”.

Ciò potrebbe anche spiegare perché i puntuali tentativi di risoluzione bonaria (peraltro dall’ordine stesso inizialmente intentata) sono stati poi ritenuti «insoddisfacenti»: sembra che l’ordine stia cercando ad ogni costo un modo di limitare i diritti garantiti dall’art. 21 della Costituzione e dalle leggi (addirittura Europee), per imporre una sorta di “abiura alla Galileo” e conseguente confino ad una sorta di “arresti intellettuali”, alternativi all’avvio di una improbabile nonché anacronistica sorta di “caccia alle streghe”.

Ma la contraddizione più stridente è forse che la piuttosto fumosa accusa provenga segnatamente da quei soggetti che sembrano voler “estinguere” dal dibattito intellettuale proprio determinate “altre situazioni”: giusto caso quel – pure sfacciatamente citato nella accusa – “metodo di sostituzione” di cariche in seno agli ordini sanitari, con bassissima percentuale di votanti agli eventi elettivi, già anni fa criticato e successivamente menzionato in altri contributi, ora ripreso come un poco appetitoso cavolo a merenda, proprio da siffatti “comandanti di lungo corso” (compreso l’autore dalle “mentite spoglie”) …

In conclusione, gentile Direttore, ci si deve porre qualche importante domanda di interesse pubblico:

– Fatto salvo il diritto sancito all’art’11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea:

«1. Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. 2. La libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati» … è legittimo perseguire (di fatto perseguitare) un cittadino, una persona – qualifiche prioritarie rispetto all’iscrizione ad un ordine – perché egli «continui a sostenere le proprie tesi e continui a ritenere quanto già asserito»?

– È legittimo NON svolgere, da una parte, alcuna opportuna verifica su quanto affermato dal dirigente dell’ordine, forse in virtù di quelle stesse norme che, dall’altra, NON si vorrebbero però concedere ad altri quale diritto? Una bella contraddizione per un organo sussidiario dello Stato …

– È legittimo sprecare il tempo del proprio mandato istituzionale, nonchè i soldi degli iscritti, intentando simili azioni (forse anche pensando a vincoli di impunità personale), invece di impegnarsi nel risolvere le tematiche a più riprese pubblicamente denunciate?

– È accettabile che nel 2023 ci si ritrovi di fronte a simili tentativi di induzione a “Gallileiana abiura”, visto che l’ordine pretenderebbe si aderisca esclusivamente a sue forme di “divino insegnamento” e si deponga definitivamente la libertà di pensiero, multiformemente tutelata dalla Costituzione e dalle Leggi?

– È accettabile che nel 2023 la giustificazione che un pensiero «non sia condivisibile» o reiterate formule di insoddisfazione, forniscano motivazione sufficiente ed addirittura necessaria ad aprire qualsivoglia processo, peraltro con una motivazione che non ha alcun riferimento con l’agire professionale?

– È normale ripagare in tale disdorante modalità l’impegno fin’ora dimostrato a comporre una divulgazione libera, incondizionata, scientificamente, normativamente e realisticamente corretta nella sua puntuale rappresentazione? O forse è proprio per quell’attività che l’ente si è alfine irritato?

–  È normale un tale kafkiano, aberrante espletamento di mandato, da una parte del tutto inerte rispetto alle molteplici istanze che i professionisti esprimono, dall’altra pronto ad utilizzare, di fatto abusandone, dell’unica funzione ritenuta dovuta: quella disciplinare?

In definitiva, gentile Direttore, resta solo da domandarsi in quale tipo di sistema viviamo realmente: di libertà e di democrazia o di simil dittatura?

Un Professionista Sanitario

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