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Infermiere, OSS, Ostetriche: la maternità è tutelata solo in parte. Il sogno di un figlio si scontra con la realtà.

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Infermiere, OSS, Ostetriche: la maternità è tutelata solo in parte. Il sogno di un figlio si scontra con la realtà. Triste lettera di una lettrice.

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di una lettrice che denuncia una realtà conosciuta da tutti ma accettata troppo spesso così com’è: la maternità per le donne in sanità è tutelata solo in parte.

“Gentile AssoCareNews.it

vi scrivo perchè vi leggo sempre e vorrei se possibile tirar fuori un problema che in tantissimi viviamo ma che tutti subiamo a scatola chiusa senza dire niente.

La maternità per le donne che lavorano è dura e per noi lavoratrici della sanità lo è forse un pò di più.

Parlo di tutte quelle infermiere, operatrici e ostetriche che devono tornare a lavoro dopo la fine del periodo di allattamento. O meglio la fine presunta.

Perchè io per prima sono dovuta rientrare per i sei mesi del bambino. Ti garantiscono un orario ridotto da 4 ore ma a quell’età (ovvero sei mesi e un giorno) lo stomaco di un piccolo non è pronto a stare 4 ore senza mangiare. Inoltre non viene considerata la distanza da casa: nel mio caso, come per molte altre mamme, non era molta ma tra andata e ritorno si perdevano almeno 60-70 minuti.

Insomma a questi bambini si chiede di stare 5 ore senza mangiare il latte dalla mamma. Niente di male, esiste il tiralatte. Ma come si può dare per scontato che una donna che a quel punto lavora possa produrre 250 ml di latte ogni singolo giorno?

Facciamoci un discorso chiaro: avete mai provato a DOVER produrre latte necessariamente? Sapete lo stress che si crea? Sapete che vuol dire dover produrre 250 di latte categoricamente senza discutere, pure durante il ciclo, pure durante l’estate che magari una si disidrata di più? Senza considerare lo stress e l’affaticamento fisico del rientro a lavoro

Non stupisce quindi che il ricorso al latte artificiale è sempre più diffuso ed è in continua espansione statistica.

Anche chi produce latte, come me, arriva a ricorrervi seppur non tutti i giorni.

Quando poi il piccolo compie l’anno di età, si può non fare le notti ma comunque si rientra a tempo pieno. E questi piccoli chi li tiene? Se una famiglia ha i nonni che ancora lavorano e per fortuna anche i papà lavorano, chi può badare al piccolo?

I nido pubblici sono insufficienti, i nidi aziendali sono assenti nella stragrande maggioranza dei casi e quelli privati chiedono cifre folli. Inoltre spesso pretendono che il piccolo sia svezzato completamente, cosa non scontata ai 12 mesi di età.

Senza contare che in sanità moltissimi sono fuori sede e, quindi, senza i “nonni” vicini, o pendolari, quindi con ancora più problemi di orario.

Come si può sperare in una crescita demografica con queste condizioni? Purtroppo la verità è che la nostra generazione (io sono del 1988) molto spesso non può permettersi di fare un figlio più per motivi di organizzazione logistica che per motivi economici. Anche se su questo ultimo punto ci sarebbe da dire tantissimo. E per fortuna ora abbassano l’iva su alcuni prodotti per l’infanzia.

Scusate la lungaggine, ma l’argomento è serio e complesso ed io l’ho soltanto scalfito.

Spero mi pubblicherete.

Samanta Ruggieri”.

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