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CIMO-FESMED. Ben 601 Medici hanno lasciato la sanità pubblica. Oggi potrebbero essere il triplo.

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Fuga dalla sanità pubblica, nel 2021 ben 601 medici rispetto al 2020 hanno lasciato il SSN. Quici (CIMO-FESMED): «Senza risorse in legge di Bilancio e standard corretti la carenza di medici sarà sempre più grave».

Roma, 31 agosto 2023 – È bastato solo un anno per annullare l’effetto delle assunzioni straordinarie di medici fatte in piena emergenza Covid. Se infatti nel 2020, nel Servizio sanitario nazionale, lavoravano 776 medici in più rispetto al 2019 (+0,76%), nel 2021 ne risultavano 601 in meno rispetto al 2020 (-0,58%), per cui tra il 2019 ed il 2021 l’aumento di camici bianchi registrato nella sanità pubblica è stato pari ad un misero +0,17%, che corrisponde a 175 professionisti su un totale di 102.491. Numeri cui fa da contraltare l’aumento, tra il 2019 ed il 2021, degli avvocati (+15,3%), degli ingegneri (+9,5%) e dei direttori amministrativi (+7,1%) dipendenti del SSN. È quanto emerge dall’analisi dei report del Ministero della Salute “Personale delle ASL e degli Istituti di ricovero pubblici ed equiparati” condotta dal sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED.

«È come se in Italia il Covid non fosse mai esistito – commenta Guido Quici, Presidente CIMO-FESMED -. Complici il tetto di spesa sul personale sanitario che impedisce di assumere, la fuga dei medici dalle condizioni di lavoro esasperanti che si riscontrano negli ospedali e la scelta politica di prediligere i gettonisti ai dipendenti, ci troviamo dinanzi ad uno scenario preoccupante, che spiega le ragioni per cui in tutto il Paese i cittadini accedono ai servizi con estrema difficoltà. Ma invece di investire sui sanitari si preferisce assumere altre figure professionali, sintomo di un sistema sempre più burocratizzato e amministrato che vicino ai bisogni di salute dei pazienti, per i quali l’offerta sanitaria risulta sempre più ridotta. Basti guardare all’aumento dei direttori amministrativi, in evidente contrasto con il taglio del 33% delle unità operative complesse e del 48% delle unità operative semplici che si è verificato negli ultimi dieci anni».

«In assenza di una rivisitazione delle priorità e di un investimento strutturale sul Servizio sanitario nazionale a partire dalla prossima legge di Bilancio, questi dati sono destinati a peggiorare drasticamente nei prossimi anni – aggiunge Quici -. Ma oltre alle risorse occorrono standard di riferimento corretti: per questo continueremo a monitorare il lavoro dell’Agenas sul fabbisogno di personale sanitario e, come fatto nei mesi scorsi, a proporre dei miglioramenti significativi per scongiurare il rischio di un’ulteriore contrazione del numero di professionisti previsto in ogni struttura», conclude.

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