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Summit Equità e Salute 2023 per rilanciare il SSN fin da ora.

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Summit Equità e Salute 2023: rilanciare e ammodernare il Servizio sanitario nazionale è possibile sin d’ora. Dieci le leve per l’equità di accesso proposte da Salutequità.

Il Servizio Sanitario Nazionale si basa su tre principi: universalità dell’ assistenza, equità d’accesso ai servizi, solidarietà anche di carattere fiscale per finanziare il sistema.

Ma le cose ancora non vanno come dovrebbero e Salutequità, laboratorio italiano per l’analisi, l’innovazione e il cambiamento delle politiche sanitarie e sociali, lo ha sottolineato dalla sua nascita in piena pandemia, evidenziando più volte, nei suoi Report, le criticità del sistema e le possibili soluzioni.

Ad esempio se per il prossimo anno è vero che potremo contare su 134 miliardi di finanziamento per il SSN, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio però, nell’analisi della Legge di Bilancio in corso di approvazione, ha già avvertito che “per il 2024 non si può escludere che l’insieme delle misure implichi una maggiore spesa superiore all’incremento del finanziamento”. Esistono inoltre differenze regionali di finanziamento della sanità. Nel 2021 il finanziamento effettivo pro-capite medio è stato pari a 2.072,8€. Agli estremi l’Emilia-Romagna con 2.227,6€ e la Regione Calabria con 1.925,7€ (Fonte: 18°Rapporto Sanità, Crea Sanità). E i determinanti sociali della Salutecome livello di istruzione, reddito e occupazione pesano nel riparto del Fondo Sanitario Nazionale solo per lo 0,75%. A fronte di 134 MLD di euro di finanziamento del SSN per il 2024, il monitoraggio e la valutazione della garanzia dei LEA da parte delle Regioni viene effettuato con soli 22 indicatori “core” previsti dal Nuovo Sistema di Garanzia (NSG) dei Lea. Anche la capacità di spesa per investimenti è molto differenziata: gli investimenti pro capite degli enti sanitari nel 2021 passa dai 72€ del Trentino-Alto Adige, ai 18€ della Campania, ai 13€ della Calabria. Nonostante ciò, sono 10,4 MLD di euro le risorse non ancora utilizzate per la sottoscrizione degli accordi previsti dall’art. 20 della L. 67/1988, anche in questo caso con profonde differenze tra le Regioni.

E mancano all’appello circa 20-30.000 medici (soprattutto medici di medicina generale e alcuni specialisti in determinate specialità) e 65.000 infermieri, tra cui gran parte anche dei 20.000 infermieri di famiglia e comunità per l’attuazione della riforma del territorio (DM 77/2022) prevista dal PNRR, come dichiarato dalla Corte dei conti a fine 2022. Molto diversa, comunque, la distribuzione degli organici nelle Regioni italiane. Per i medici si va dai 2,64 della Valle d’Aosta per mille abitanti, 2,56 della Sardegna, 2,34 della Toscana e della Liguria agli 1,50 del Lazio, 1,51 della Lombardia, 1,63 del Veneto e 1,64 del Molise. Per gli infermieri si va dai 6,94 per mille abitanti del Friuli-Venezia Giulia, 6,70 della Liguria, 6,34 dell’Emilia-Romagna e di Bolzano ai 3,33 della Campania, 3,65 della Sicilia, 3,83 della Calabria e 3.93 del Lazio.

Il risultato è che nel 2022 è saltata circa 1 prestazione di specialistica ambulatoriale su 10 rispetto al 2019. Quasi 3,4 milioni di prime visite in meno (-15,5%) e oltre 5,5 milioni di visite di controllo in meno (17%). Inoltre, nel 2021 persi 1 milione e 200 mila ricoveri rispetto al 2019. Anche la rinuncia alle cure ha visto un’impennata negli anni della pandemia arrivando all’11% del 2021, quasi il doppio rispetto al 2019. Nel 2022 la rinuncia alle cure si attesta a circa il 7%, con una diffusione lungo tutta la penisola e per tutte le fasce di popolazione più e meno ricche.

L’accesso all’innovazione anche diventa un percorso ad ostacoli. Secondo i dati prodotti da IQVIA, l’Italia impiega 429 giorni per garantire la disponibilità dei farmaci ai pazienti dal momento l’autorizzazione europea. Se la media europea è pari a 511 giorni, alcuni Paesi come Svizzera, Danimarca e Germania hanno tempi di accesso più ridotti rispetto all’Italia: 191 giorni, 176 e 133. Nel 2022 il tempo medio della sola procedura italiana di autorizzazione e rimborso è stato pari a 206 giorni per le nuove entità chimiche (non generiche) e 49,6 giorni per i farmaci generici. A questa tempistica vanno aggiunti oltre 60 giorni per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

E poi non è finita. In sette Regioni i pazienti devono aspettare anche i tempi di inserimento nei Prontuari Terapeutici vincolanti che ritardano ulteriormente l’accesso ai farmaci.

Anche la telemedicina è ancora a macchia di leopardo. Nel periodo 2019-2021 il Ministero della Salute ha mappato la presenza di 369 esperienze di telemedicina, con differenze regionali che vanno dalle 66 esperienze della Lombardia alle 3 del Friuli-Venezia Giulia. Il PNRR stanzia diverse risorse per la digitalizzazione della sanità, a partire dal miliardo di euro previsto per la telemedicina. Nonostante la sua importanza, la telemedicina non è ancora inserita formalmente nel Lea e questo potrebbe creare un problema di sostenibilità.

Tonino Aceti: “Rilanciare e ammodernare il SSN è possibile sin d’ora, attivando una serie di leve e mettendo in campo una serie di azioni urgenti che per troppo tempo sono state rinviate. La leva del finanziamento, della programmazione e della valutazione, per esempio, potrebbero essere usate molto meglio da parte del livello nazionale, come pure il livello regionale dovrebbe impegnarsi di più per convergere sui grandi obiettivi strategici nazionali. Va riletto il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, per garantire quell’equità di accesso che serve alle persone e quindi arrivare a processi decisionali non solo partecipati, ma anche tempestivi e soprattutto che siano poi realmente messi a terra per produrre i cambiamenti necessari. Per questo Salutequità, nel suo primo Summit ha voluto contribuire a mettere in fila, a fronte delle maggiori criticità del sistema, le leve per il cambiamento e la loro soluzione”.

Un decalogo di argomenti e relative proposte (SLIDE ALLEGATE) illustrato dal presidente di Salutequità, Tonino Aceti, e discusso oggi dai maggiori stakeholder sanitari del paese nel primo Summit di Salutequità.

Partendo dalle condizioni finanziarie, politiche, istituzionali e sociali che caratterizzano l’attuale contesto del nostro Servizio Sanitario Nazionale, Salutequità intende proporre dieci leve per incrementare il livello di equità di accesso alle cure delle comunità in tutto il Paese”, ha spiegato Aceti.

Queste le dieci leve per l’equità:

  1. Maggiore Equità nel riparto tra le Regioni delle risorse del SSN
  2. Rilancio della Programmazione sanitaria nazionale, integrata con il sociale, e condivisa con le Regioni
  3. Rafforzamento del “controllo di gestione” delle politiche sanitarie per la loro applicazione omogenea ovunque
  4. Più alto livello di garanzia ed equità di accesso ai Lea
  5. Contrasto alle liste di attesa
  6. Programma strategico e pluriennale di interventi per valorizzazione, sviluppo e attrattività del personale del SSN
  7. Prevenzione e presa in carico delle cronicità
  8. Digitale per l’equità di accesso alle cure
  9. Maggiore tempestività ed uniformità di accesso all’assistenza farmaceutica
  10. Riduzione del divario infrastrutturale
  1. Maggiore Equità nel riparto tra le Regioni delle risorse Ssn

Solo per fare un esempio (nel documento sulle leve i background dei vari aspetti sono molto dettagliati) poi solo lo 0,75% del fondo è ripartito in base al tasso di mortalità della popolazione e solo lo 0,75% in base all’incidenza della povertà relativa individuale. Incrementare la percentuale di risorse da distribuire in base all’incidenza della povertà relativa individuale; livello di bassa scolarizzazione; tasso di disoccupazione della popolazione, aumentando la quota di finanziamento condizionata alla verifica positiva da parte del livello centrale degli adempimenti LEA nelle Regioni e quelle per gli obiettivi di piano sanitario nazionale.

  1. Rilancio della Programmazione sanitaria, integrata con il sociale, condivisa con le Regioni

Il primo documento da aggiornare è il Piano sanitario nazionale, previsto da tutte le leggi sanitarie con un cadenza di tre anni, ma l’ultimo risale a circa 15 anni fa e vanno riformati contestualmente metodologia di definizione e verifica degli obiettivi di Piano sanitario nazionale e di erogazione dei relativi fondi, oggi vincolati nei riparti e che valgono circa 1,5 miliardi l’anno. Va aggiornato il Patto della Salute – è “in deroga” quello 2019-2021 – e si dovrebbe istituire presso la Presidenza del Consiglio un Dipartimento per l’integrazione sociosanitaria degli interventi a favore della persona.

  1. Rafforzamento del “controllo di gestione” delle politiche sanitarie per una applicazione omogenea

Va, tra le altre cose illustrate nel documento, reso più incisivo il monitoraggio formale e sostanziale del livello centrale rispetto all’attuazione da parte di Regioni e Asl degli atti di programmazione/pianificazione approvati a livello nazionale, revisionato il sistema degli adempimenti Lea e garantito il coinvolgimento degli stakeholders nella fase di definizione, implementazione e monitoraggio delle politiche sanitarie.

Emblematici sono gli esempi di ritardi del Piano Nazionale Cronicità recepito con un ritardo di anche 5 anni e l’attuazione della legge 38/2010 per la quale manca la rete di cure palliative pediatriche in 8 regioni (al 2021) e dati istituzionali sull’attuazione della rete di terapia del dolore.

  1. Più alto livello di garanzia ed equità di accesso ai Lea

Oltre la revisione del Nuovo Sistema di Garanzia, e al potenziamento a livello delle Regioni, i Lea vanno aggiornati annualmente utilizzando i fondi stanziati ad hoc nella Legge di Bilancio 2022 e quella attualmente in discussione per il 2024, nominando la nuova Commissione Nazionale per l’aggiornamento che ne revisioni anche la procedura rendendola più snella e dinamica, anche promuovendo la definizione, l’implementazione e il monitoraggio di standard assistenziali, strutturali, organizzativi e tecnologici negli ambiti che attualmente sono scoperti e definendo quelli di personale nelle aree che attualmente risultano scoperte, a partire dai dipartimenti di prevenzione e dalle tecnostrutture degli assessorati/dipartimenti alla sanità delle Regioni.

  1. Contrasto alle liste di attesa

Oltre ad approvare un nuovo piano nazionale di governo, la strategia per il loro contrasto deve diventare uno degli obiettivi di Piano sanitario nazionale con risorse vincolate annualmente per le Regioni. Va rafforzato il monitoraggio ex ante dei tempi di attesa, superando la metodologia della rilevazione trimestrale nella settimana indice e solo per alcune prestazioni, integrato il Nuovo Sistema di Garanzia dei LEA con ulteriori specifici e più robusti indicatori “core” di monitoraggio e valutazione. E va previsto che l’atto della prenotazione coincida contestualmente con quello della prescrizione, sempre e per tutte le tipologie di prestazioni, comprese quelle che entreranno in vigore con i nuovi LEA come la PMA.

  1. Valorizzazione, sviluppo e attrattività del personale del SSN

Va previsto un vero proprio “articolo 20” per il personale, in analogia con quello di investimenti per l’ammodernamento delle strutture in vigore dal 1988, aggiornato e rifinanziato ogni anno con fondi vincolati per valorizzare, sviluppare e attrarre il personale del SSN. Oggi mancano 20-30mila medici e almeno 65.000 infermieri e si moltiplicano le fughe all’estero dove un medico, ad esempio in Germania, guadagna +79% e nel Regno Unito +40% rispetto al collega italiano, e un infermiere +56% in Germania, +46,2% in Svizzera circa il 20% nel Regno Unito rispetto all’Italia.

  1. Prevenzione e presa in carico delle Cronicità

In Italia il 39,9% della popolazione ha dichiarato di avere una o più malattie croniche. Nel 2022 sono saltate circa 5,5 milioni di visite di controllo rispetto al 2019 (-17%). È stato approvato ormai sette anni fa il Piano Nazionale della Cronicità, attuato solo in poche Regioni. Va quindi aggiornato, finanziato e attuato il Piano introducendo anche nuove patologie come psoriasi e nuove cronicità (es. oncoematologiche). PNRR e DM 77/2022 prevedono risorse, strutture e standard per l’assistenza territoriale, funzionale alla presa in carico della cronicità e vanno attuati in fretta in tutte le Regioni, anche definendo il modello di collaborazione dei professionisti coinvolti nel percorso di presa in carico e orientando contratti e convenzioni in  perfetta integrazione con il modello tracciata dalle nuove leggi.

  1. Il Digitale

Va definito e adottato un vero e proprio “Livello Essenziale di Assistenza Digitale (LEAD)”, da garantire in tutte le Regioni, anche attraverso lo stanziamento e la finalizzazione di specifiche risorse del Fondo Sanitario; inserire la telemedicina nei Livelli Essenziali di Assistenza. Superare i blocchi normativi previsti dalla disciplina sulla tutela della privacy che ostacolano la creazione, lo sviluppo, l’innovazione e la manutenzione delle infrastrutture digitali.

  1. Maggiore tempestività e uniformità di accesso all’assistenza farmaceutica

Ridurre i tempi nazionali di autorizzazione all’immissione in commercio e di rimborso a carico del SSN, anche attraverso la definizione di veri e propri standard di servizio che l’AIFA dovrà garantire. Abrogare i Prontuari farmaceutici regionali vincolanti. Riformare la contabilità di Stato nella direzione della “programmazione integrata della spesa pubblica”, al fine di superare i silos budget.

  1. Riduzione del divario infrastrutturale

Rivedere e semplificare le procedure per l’accesso ai fondi dell’Art.20 della L. 67/1988 – che va rifinanziato –  per superarne le difficoltà di utilizzo da parte delle regioni. Implementare il PNRR in tutte le Regioni e nei tempi previsti

Il 1° Summit Equità e Salute in Italia è realizzato con il contributo non condizionato di UCB Pharma, Bristol Myers Squibb, Beigene, Merck Serono SPA, Grunenthal e Sanofi.

Le dieci leve per l’equità
LEVE DATI E ANALISI DI BACKGROUND AZIONI DA COMPIERE PER L’EQUITÀ’
Risorse Ssn: maggiore equità nel riparto tra Regioni Nel 2021 il finanziamento pro-capite medio è stato di 2.072,8€. Agli estremi l’Emilia-Romagna con 2.227,6€ e la Calabria con 1.925,7€. Il decreto 30 dicembre 2022 “Definizione dei nuovi criteri e dei pesi relativi per la ripartizione del fabbisogno sanitario nazionale standard” introduce nuovi criteri di riparto: 98,5 % in base alla popolazione residente e alla frequenza dei consumi sanitari per età, lo 0,75% in base al tasso di mortalità della popolazione e lo 0,75% in base all’incidenza della povertà relativa individuale; livello di bassa scolarizzazione; tasso di disoccupazione della popolazione. Gli obiettivi di Piano Sanitario Nazionale 2023, per i quali sono destinati circa 1,5 MLD, sono stati definiti e approvati solo a novembre 2023. Incrementare la percentuale di risorse da distribuire in base all’incidenza della povertà relativa individuale; livello di bassa scolarizzazione; tasso di disoccupazione della popolazione, aumentando la quota di finanziamento condizionata alla verifica positiva da parte del livello centrale degli adempimenti LEA nelle Regioni e quelle per gli obiettivi di piano sanitario nazionale.
Programmazione sanitaria integrata con il sociale, in accordo con le Regioni L’adozione del Piano Sanitario Nazionale è prevista dalla Legge 833/1978, dal D.lgs 502/1992 e dal D. lgs 229/99 e dovrebbe essere aggiornato di norma ogni tre anni, ma l’ultimo PSN risale al periodo 2006-2008. Nonostante da circa quindici anni non lo si aggiorni, le Regioni continuano a adottare propri Piani Regionali socio-sanitari e si continua ogni anno a destinare ingenti risorse agli “Obiettivi di Piano Sanitario Nazionale”. Il PSN è stato sostituito nei fatti dal Patto per la Salute: l’ultimo è approvato prima della pandemia e relativo al periodo 2019-2021 Aggiornare il Piano sanitario nazionale e riformare metodologia di definizione e verifica degli obiettivi di PSN e di erogazione dei relativi fondi, vincolati e che valgono circa 1,5 miliardi l’anno. Aggiornare il Patto della Salute e istituire presso la Presidenza del Consiglio un Dipartimento per l’integrazione sociosanitaria degli interventi a favore della persona.
Rafforzamento “controllo di gestione” politiche sanitarie omogenee Stato e Regioni nel corso degli anni hanno approvato molteplici provvedimenti di programmazione sanitario in specifici ambiti.

In diverse occasioni dopo l’approvazione a livello nazionale si sono riscontrati ritardi nell’implementazione regionale e locale.

Un esempio paradigmatico è rappresentato dal Piano nazionale della Cronicità approvato nel 2016 con Accordo Stato-Regioni: la Regione Sardegna lo ha recepito formalmente dopo cinque anni.

Rendere più incisivo il monitoraggio centrale dell’attuazione da parte di Regioni e Asl degli atti di programmazione e pianificazione approvati a livello nazionale, revisionare il sistema degli adempimenti Lea e garantire il coinvolgimento degli stakeholders nella definizione e monitoraggio delle politiche sanitarie.
Più alto livello di garanzia ed equità di accesso ai Lea Sette Regioni sono inadempienti nel 2021 nell’erogazione dei Lea. Prima della pandemia (2019) erano sei. Anche tra le adempienti le differenze nel punteggio Lea sono considerevoli.

A fronte di 134 MLD di finanziamento SSN per il 2024, monitoraggio e valutazione della garanzia dei LEA dalle Regioni è effettuato con soli 22 indicatori “core” previsti dal Nuovo Sistema di Garanzia (NSG) dei Lea. A partire da gennaio 2024, entreranno in vigore i nuovi Lea, a distanza di circa sette anni dalla loro approvazione.

Aggiornare i LEA  annualmente con i fondi ad hoc della L: di Bilancio 2022 e quella in discussione 2024. Nuova Commissione Nazionale per l’aggiornamento, anche per revisionare la procedura rendendola più snella e dinamica, con standard assistenziali, strutturali, organizzativi e tecnologici negli ambiti scoperti e con quelli di personale nelle aree e servizi scoperti (es. prevenzione).
Contrasto alle liste di attesa Nel 2022 è saltata circa 1 prestazione di specialistica ambulatoriale su 10 rispetto al 2019. Quasi 3,4 milioni di prime visite in meno ( -15,5%) e oltre 5,5 milioni di visite di controllo in meno (17%). Nel 2021 persi 1,2 milioni ricoveri rispetto al 2019. Le ultime Leggi di Bilancio hanno stanziato centinaia di milioni per il recupero delle liste di attesa, cresciute in modo esponenziale a causa di Covid-19, ma secondo la Corte dei conti, nel 2022 sono state recuperate il 57% delle prestazioni ambulatoriali, con differenze tra Regioni. Rispetto ai ricoveri programmati ne sono stati recuperati in Italia il 66%. Le Regioni non hanno inoltre speso tutte risorse assegnate: (152 milioni).Anche la rinuncia alle cure è cresciuta negli anni della pandemia fino all’11% del 2021. Nel 2022 è circa il 7% medio nel paese. L’ultimo Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa è del 2019-2021, solo parzialmente applicato dalle Regioni. Il sistema centrale di verifica dei tempi di attesa ha limiti, a partire dalla previsione di un solo indicatore di monitoraggio ra i Lea. La strategia di contrasto deve diventare uni obiettivo di Piano sanitario nazionale con risorse vincolate annualmente per le Regioni. Va rafforzato il monitoraggio ex ante dei tempi di attesa, superando la metodologia della rilevazione trimestrale nella settimana indice e solo per alcune prestazioni, integrato il Nuovo Sistema di Garanzia dei LEA con ulteriori specifici e più robusti indicatori “core” di monitoraggio e valutazione (prevedendo anche l’inserimento di nuovi riferimenti come ad esempio quello alla PMA e alla terapia del dolore oggi ancora poco monitrata nelle Regioni). Va previsto che l’atto della prenotazione coincida contestualmente con quello della prescrizione, sempre e per tutte le tipologie di prestazioni.
Valorizzazione, sviluppo e attrattività  personale del SSN Dal 2009 al 2019 perse circa 45.000 unità di personale nel Ssn di cui quasi 8.000 medici e oltre 12.000 infermieri. L’aumento di organici legato alla pandemia ha ridotto le cifre, ma del personale immesso nel Ssn sono stati finora stabilizzati solo circa 1.500 medici e 8.000 infermieri. La carenza assoluta di medici e infermieri è sempre elevata: mancano  circa 20-30.000 medici (soprattutto di medicina generale e alcuni specialisti in determinate specialità) e 65.000 infermieri (tra cui gran parte anche dei 20.000 infermieri di famiglia comunità indicati dal DM 77/2022), come dichiarato dalla Corte dei conti a fine 2022. Le prospettive indicano poi pensionamenti e fughe all’estero dei professionisti in cerca di condizioni economiche e professionali migliori. Negli ultimi anni sono “emigrati” all’estero circa 21 mila medici e 30 mila infermieri e si prevedono pensionamenti nei prossimi anni per oltre altri 30.000 medici e 100.000 infermieri. Va previsto un vero proprio “Articolo 20” per il personale, in analogia con quello di investimenti per l’ammodernamento delle strutture in vigore dal 1988, aggiornato e rifinanziato ogni anno con fondi vincolati per valorizzare, sviluppare e attrarre il personale del SSN. Questo per il recupero anche dell’attrattività economica: ad esempio in Germania, guadagna +79% e nel Regno Unito +40% rispetto al collega italiano, e un infermiere +56% in Germania, +46,2% in Svizzera circa il 20% nel Regno Unito rispetto all’Italia.

 

Prevenzione e Presa in carico delle Cronicità La cronicità in Europa è responsabile dell’86% di tutti i decessi e di una spesa sanitaria intorno ai 700 miliardi/anno. A livello mondiale il 70-80% delle risorse sanitarie è speso per la gestione di malattie croniche. In Italia il 39,9% della popolazione ha dichiarato di avere una o più malattie croniche. Nel 2022 sono saltate circa 5,5 milioni di visite di controllo rispetto al 2019 (-17%). In Italia è stato approvato 7 anni fa il Piano Nazionale della Cronicità, attuato solo in poche Regioni. Il PNRR e il DM 77/2022 prevedono risorse, strutture e standard per l’assistenza territoriale funzionali alla presa in carico della cronicità.

 

Va finanziato e attuato il Piano Nazionale Cronicità e vanno attuati in fretta in tutte le Regioni, anche definendo il modello di collaborazione dei professionisti coinvolti nel percorso di presa in carico e orientando contratti e convenzioni in  perfetta integrazione con il modello tracciata dalle nuove leggi. E nel PNC vanno inserite nuove cronicità (es. psoriasi, oncomatologia …)

 

Il Digitale La pandemia ha accelerato la diffusione dei servizi di sanità digitale e la definizione di un quadro di regole più preciso: dalle “Indicazioni nazionali” sulla telemedicina sino al Decreto 21 settembre 2022. Nel periodo 2019-2021 il Ministero della Salute ha mappato la presenza di 369 esperienze di telemedicina, con differenze regionali che vanno dalle 66 esperienze della Lombardia alle 3 del Friuli-Venezia Giulia. Il PNRR stanzia diverse risorse per la digitalizzazione della sanità, a partire dal miliardo di euro previsto per la telemedicina. Nonostante la sua importanza, la telemedicina non è ancora inserita formalmente nel Lea e questo potrebbe creare un problema di sostenibilità. Va definito e adottato un “Livello Essenziale di Assistenza Digitale (LEAD)”, da garantire in tutte le Regioni, anche con lo stanziamento e la finalizzazione di specifiche risorse del Fondo Sanitario; e si deve inserire la telemedicina nei Lea. Superare i blocchi normativi previsti dalla tutela della privacy che ostacolano creazione, sviluppo, innovazione e manutenzione delle infrastrutture digitali.
Equità nell’accesso all’assistenza farmaceutica Secondo i dati IQVIA, l’Italia impiega 429 giorni per garantire la disponibilità dei farmaci ai pazienti dopo l’autorizzazione europea. La media europea è 511 giorni, ma alcuni Paesi come Svizzera, Danimarca e Germania hanno tempi più ridotti rispetto all’Italia: 191 giorni, 176 e 133. Nel 2022 il tempo medio della sola procedura italiana di autorizzazione e rimborso è stato di 206 giorni per le nuove entità chimiche (non generiche) e 49,6 giorni per i farmaci generici. A questa tempistica vanno aggiunti oltre 60 giorni per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Inoltre, in sette Regioni vi sono Prontuari Terapeutici vincolanti che ritardano ulteriormente l’accesso ai farmaci. Ridurre i tempi nazionali di autorizzazione all’immissione in commercio e di rimborso a carico del SSN, anche attraverso la definizione di standard di servizio che l’AIFA dovrà garantire. Abrogare i Prontuari farmaceutici regionali vincolanti. Riformare la contabilità di Stato nella direzione della “programmazione integrata della spesa pubblica”, al fine di superare i silos budget.
Riduzione divario infrastrutturale La capacità di spesa per investimenti è differenziata da Regione a Regione. Gli investimenti pro capite degli enti sanitari nel 2021 passano dai 72€ del Trentino-Alto Adige, ai 18€ della Campania, ai 13€ della Calabria. Nonostante ciò, ammontano a 10,4 MLD le risorse non ancora utilizzate per la sottoscrizione degli accordi previsti dall’art. 20 della L. 67/1988, con profonde differenze tra le Regioni. Infine, anche il PNRR interviene con lo stanziamento di ingenti risorse a sostegno delle infrastrutture sanitarie. Rivedere e semplificare le procedure per l’accesso ai fondi dell’Art.20 della L. 67/1988 – che va rifinanziato –  per superarne le difficoltà di utilizzo da parte delle regioni. Implementare il PNRR in tutte le Regioni e nei tempi previsti

 

Fonte: Summit Salutequità 12 dicembre 2023

 

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