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Sanità: in sala non solo anestesia, ora c’è l’ipnosi.

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I primi a usare l’ipnosi a scopo anestetico furono i tedeschi nella Prima Guerra Mondiale. Oggi non è più un tabu tanto che a ricorrerne sono sempre più medici, strutture ospedaliere, odontoiatri. Così l’Unicusano lancia il primo master in “Ipnosi e tecniche di rilassamento integrato”.

Prima Guerra Mondiale. A corto di anestetici clinici, i tedeschi per primi ricorsero all’ipnosi come agente anestetico, riaccendendo di fatto l’interesse della medicina verso questa pratica. Ma non solo, perché con la fine del conflitto, furono gli inglesi a sfruttare questo strumento terapeutico come calmante per quello che venne chiamato “shell shok”, cioè un trauma da bombardamento.

Da allora sono stati fatti passi da gigante a tal punto che il National Health Institute, l’equivalente americano del nostro Istituto Superiore di Sanità, riconosce l’utilità del suo utilizzo nel trattamento di specifiche patologie. Così risulta che in meno di un anno siano stati effettuati oltre 300 studi clinici con l’ipnosi e oltre 80 metanalisi che hanno evidenziato come l’ipnosi sia impiegata con ottimi risultati in diverse situazioni disfunzionali sia psichiche sia fisiche.

Numerosi studi riportano dei miglioramenti con l’ipnosi nel trattamento della sindrome dell’intestino irritabile (IBD) così come dei disturbi del comportamento alimentare (obesità grave, disordini della lettura del proprio corpo, difficoltà a mantenere un regime alimentare adeguato alla persona), sindrome fibromialgica, controllo del dolore acuto e cronico e come già noto disturbi connessi all’ansia, attacchi di panico, disturbi dell’umore, deficit attentivo e miglioramento delle performance lavorative e sportive.

Per far fronte alla costante richiesta da parte di professionisti del settore come medici, psicologi e odontoiatri, di acquisire una conoscenza teorica e pratica di livello universitario che potesse fornire gli strumenti per operare con l’ipnosi, l’Unicusano ha lanciato il primo master di II livello in “Ipnosi e tecniche di rilassamento. Per i docenti del corso, organizzato con la partnership scientifica dell’U.P.A.I.NU.C. (Università Popolare Accademia Internazionale di Nutrizione Clinica), “si sentiva la necessità di colmare un vuoto educativo che fornisse una completa visione e formazione sull’ipnosi e altre tecniche che intervengono sulla mente e sul corpo come mindfulness, terapie immaginative, training autogeno e le integrasse insieme fornendo, nel contempo, idonee linee guida per strutturare i propri interventi”.

“L’aumento della richiesta di un intervento ipnotico – sottolinea il direttore scientifico del master Unicusano, Maurizio Lupardini – è dettato dal fatto che l’ipnosi, grazie alle nuove tecniche di neuro-imaging (fMRI, PET), ha perso quell’alone di “magia” che l’ha connotata per diverso tempo, divenendo a tutti gli effetti uno strumento dotato di scientificità e incisività d’intervento”. E precisa: “L’elemento discriminante è, però, il professionista che deve essere preparato professionalmente e abilitato a svolgere un intervento ipnotico come medici, psicologici e odontoiatri, ognuno nella specificità della propria professione”.

Ma perché un medico odontoiatra dovrebbe far ricorso all’ipnosi? Perché è una valida alternativa all’utilizzo dei farmaci in alcune specifiche situazioni: limitare o abolire il riflesso del vomito; ridurre il flusso salivare; ridurre il sanguinamento; ottenere l’immobilità della lingua e delle guance; correggere abitudini viziate; intervenire sulla componente psicosomatica delle parafunzioni e delle patologie dell’articolazione temporo-mandibolare in generale; ricercare l’analgesia ipnotica in soggetti in cui vi siano controindicazioni alle tecniche analgesiche tradizionali; ottenere l’adattamento di protesi o di apparecchiature ortodontiche; ottenere miorilassamento e trattare le D.C.C.M (Disfunzioni cranio-cervico-mandibolari).

L’Unicusano ha strutturato questo master di II livello in tre moduli che poggiano le proprie basi su innovazione con riferimento alla tradizione, pratica costante e monitoraggio dei progressi e feedback sull’attività. Ciò al fine di creare un circolo virtuoso che sia di continuo apprendimento e miglioramento in termini professionali e tecnici.

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