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giovedì, Aprile 25, 2024
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Aggressioni Infermiere, medici e Oss: la violenza è donna, adesso basta!

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Il fenomeno delle aggressioni, abusi e violenza in ospedale a carico del personale sanitario sembra essere ogni giorno più incisivo. Un fenomeno che sembra colpire maggiormente il genere femminile e lo studio delle dinamiche indica che questo avviene non soltanto per una prevalenza di genere nel personale sanitario.

Abbiamo raggiunto Mariarosa Caporali, coordinatrice nazionale CISL FP Donne che da anni si impegna in prima linea per difendere le lavoratrici in Sanità. Una visione del problema dal di dentro, al fine di raccontare la situazione attraverso le parole di chi se ne occupa da anni!

Nel campo lavorativo, sono spesso evidenti differenze di trattamento secondo il genere. Quali sono le principali iniquità che si possono creare tra lavoratore uomo e lavoratrice donna?

Nonostante nel pubblico impiego si abbia una garanzia maggiore sulla parità delle voci stipendiali o in merito all’applicazione dei livelli contrattuali, l’iniquità si palesa quando si osservano i dati relativi ai passaggi di carriera. Anche nel pubblico, dove pure la differenza di trattamento stipendiale potrebbe e dovrebbe essere gestita in maniera migliore, purtroppo vi sono delle situazioni che testimoniano il contrario. Ciò è anche dovuto al ruolo che, ancora oggi, molte donne ricoprono nella famiglia: si pensi all’accudimento dei figli o all’assistenza dei parenti in gravi condizioni di salute. Sui temi relativi alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, la Cisl FP sta ponendo davvero una grande attenzione, anche sostenendo particolari istituti contrattuali, favorendo la flessibilità di orario per l’entrata e l’uscita e modalità specifiche di part-time che possano venire incontro alle esigenze delle donne in momenti specifici della loro vita.

Non di rado è possibile apprendere dalla stampa aggressioni fisiche a carico di medici e professionisti sanitari di sesso femminile. Più di una persona ha commentato questi eventi ipotizzando il genere femminile come un fattore predisponente rispetto alcune situazioni di violenza. Cosa ne pensa a riguardo?

Le donne sono sempre bersagli facili. È una questione culturale: è più facile offendere e deridere una donna che, a parità di figura professionale, un uomo. Per certi versi siamo ancora, purtroppo, un Paese molto arroccato su stereotipi duri a morire, assolutamente non rispettosi nei confronti della donna e del genere femminile. Inoltre, in una società che sta vivendo una grande trasformazione culturale, anche per via delle migrazioni e di una nuova cittadinanza che si sta formando proprio in questi anni, dovremmo essere in grado di affrontare con più attenzione questa commistione di culture diverse invece ci troviamo a commentare, sempre più spesso, i fallimenti dei processi di integrazione. L’altro giorno, ad esempio, ascoltavo con grande preoccupazione la notizia di un uomo che ha avuto parole terribili nei confronti di una operatrice sanitaria che stava visitando la moglie, non accettando che fosse visitata da una donna, ritenendola incompetente in quanto donna. Non c’è però solo la difficoltà di avvicinare persone con stili di vita e culture differenti, purtroppo, ma c’è anche un abbrutimento che riguarda tutti noi cittadini a prescindere dalla nazionalità o dal colore della pelle perché viviamo in un’epoca in cui le relazioni vivono una disgregazione che non riguarda solo il mondo del lavoro ma anche la vita quotidiana, i nostri stessi affetti. Come ricorda sempre il nostro Segretario Generale, Maurizio Petriccioli, non possiamo pensare di cambiare davvero il nostro Paese senza ricostruire il senso di comunità, rilanciando quei valori condivisi su cui rifondare una società migliore. Senza questo spirito di riaggregazione non è solo difficile far sì che, sul luogo di lavoro, la donna sia rispettata come gli uomini o che si superino tutti gli odiosi stereotipi di genere, è difficile proprio pensare una convivenza fondata sul rispetto della persona stessa.

Meno frequenti ma comunque presenti, le denunce per violenza sessuale. Quanto può condizionare il lavoro e la carriera professionale uno o più episodi di violenza ricevuta?

La violenza ricevuta è qualcosa di devastante da un punto di vista umano e professionalmente avvilente. Chi subisce violenza, molto spesso, deve perfino subire lo stigma sociale per le atrocità subite. Ciò è inaccettabile. Di denunce, purtroppo, ne sono piene le cronache quotidiane. Personalmente ho assistito ad una testimonianza di una dottoressa di guardia medica che aveva subito un’aggressione sessuale ed una minaccia di morte. Nella PA esistono situazioni davvero drammatiche e la vita stessa di lavoratori, lavoratrici e professionisti, sempre più lasciati soli, è costantemente a rischio, col peso aggiuntivo di dover sostenere carichi di lavoro gravosi e in luoghi spesso pericolosi. In tal senso una mano potrebbe darcela la tecnologia, come ad esempio la predisposizione di allarmi che possano segnalare immediatamente le situazioni di pericolo.

Secondo lei, cosa manca a questa Italia che lavora, per poter vedere finalmente attuate le pari opportunità?

C’è una massima, attribuita a John Bogart, storico caporedattore del New York Sun, secondo la quale «Il cane che morde l’uomo non fa notizia ma un uomo che morde un cane sì». Partiamo dal presupposto che la normalità e le buone pratiche non fanno mai notizia. Fa notizia solo l’eccezionalità. Questo metodo di lavoro dei mass media ha prodotto, negli anni, una sovraesposizione di quegli atteggiamenti negativi che si manifestano nei luoghi di lavoro e il totale occultamento dei quelli positivi. È ora che si cominci a parlare anche di ciò che accade di positivo perché già veicolare le buone pratiche e raccontare quelle realtà dove le pari opportunità sono garantite, può innescare atteggiamenti virtuosi di emulazione. Il nostro sindacato, in controtendenza, si è sempre speso per la dignità delle donne, con iniziative di sensibilizzazione in tutto il territorio nazionale ma battendosi anche contro quegli atteggiamenti che tendono a rendere mera ritualità questo tipo di discorsi. Siamo inoltre presenti nei Cug, organismi paritetici che provvedono ad individuare azioni positive e di tutela delle pari opportunità in accordo con le direzioni generali delle istituzioni. Questa è già una buona risposta per monitorare le forme di discriminazioni che sono spesso prodromiche ad atteggiamenti di molestia e di violenza psicologica. Come coordinatrice donne della Cisl FP ritengo inoltre fondamentale il presidio dei luoghi di lavoro, fare prossimità e sfruttare anche quelle innovazioni che, grazie all’impegno della Segreteria nazionale, siamo riusciti ad ottenere all’interno dei nuovi contratti, un’ottima base in vista dei lavori dei comitati paritetici per l’innovazione. Mi riferisco, in primo luogo, agli articoli relativi alla tutela delle donne vittime di violenza che rappresentano davvero una grande innovazione e uno strumento sicuramente da rafforzare.

Ringraziamo la dottoressa Caporali per le splendide parole e per la disponibilità!

Dott. Marco Tapinassi
Dott. Marco Tapinassi
Vice-Direttore e Giornalista iscritto all'albo. Collaboro con diverse testate e quotidiani online ed ho all'attivo oltre 5000 articoli pubblicati. Studio la lingua albanese, sono un divoratore di serie tv e amo il cinema. Non perdo nemmeno un tè con il mio bianconiglio.
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