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Mancano 30.000 Infermieri: l’allarme lanciato in uno studio UNEBA da Angelo Mastrillo.

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Con il PNRR in Italia potrebbero essere assunti ben 30.000 Infermieri: 20.000 di famiglia, 10.000 nelle Case di Comunità. Lo chiarisce Mastrillo in uno studio per UNEBA. E non è tutto: -9% di laureati in Infermieristica.

Siamo in un periodo di grandi cambiamenti nell’ambito della struttura dell’assistenza territoriale. E’ quanto comunicato i colleghi de Il Sole 24 Ore. Il PNRR, in particolare la Missione 6 (salute), stabilisce l’utilizzo delle risorse disponibili – ben 7 miliardi di euro – per le Reti di prossimità, le strutture e la telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale. A fine aprile il Consiglio dei Ministri ha approvato il ‘DM 71’ «Modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale», un documento che detta gli standard per l’assistenza territoriale all’interno del PNRR, inclusi gli obiettivi da raggiungere per garantire una presenza infermieristica sufficiente al fabbisogno. La Delibera sostitutiva dell’intesa della Conferenza Stato-regioni è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 3 maggio 2022.

Per soddisfare le aspettative del PNRR serviranno circa 30 mila infermieri in più: 20 mila per far fronte all’introduzione del nuovo ‘infermiere di comunità’ che prevederà un infermiere ogni 3.000 abitanti; mentre altri 10 mila infermieri saranno necessari nelle 1.200 nuove ‘case di comunità’ previste dal PNRR.

Ma ne stiamo formando abbastanza? Alcuni dati interessanti e puntuali sull’evoluzione della domanda e dell’offerta formativa degli Infermieri li ha elaborati Angelo Mastrillo (Università di Bologna) per Uneba.

Sono due gli indicatori da considerare: la differenza fra ragazzi neo-iscritti e il fabbisogno stimato di infermieri, anche considerando il turnover; e la differenza fra le domande, cioè i ragazzi che si sono presentati all’esame di ammissione, e le iscrizioni effettive, cioè il numero di posti disponibili.

Il fabbisogno stimato da regioni e categorie professionali è molto maggiore dei posti messi a bando. Per l’anno 2021-2022 le università hanno messo al bando 17.394 posti per infermieristica, a fronte di 23.498 stimati come fabbisogno. Negli ultimi 20 anni, rileva Uneba, i posti disponibili per frequentare i corsi di laurea per infermieri sono stati 309.962 a fronte di un fabbisogno stimato dalle categorie di 410.075, e di altri 378.000 per il turnover. È importante considerare inoltre che non tutti i ragazzi che iniziano il corso di laurea è detto che si laureino. Nel 2021 si sono laureati 23.447 infermieri. «Se le università avessero accolto le richieste di tutti gli aspiranti infermieri, con il corso universitario di tre anni avremmo avuto oggi almeno 14.000 nuovi infermieri», sottolinea Uneba.

VERONA – I nuovi infermieri sono sempre di meno, e la pandemia li ha ridotti ulteriormente.
Lo ha evidenziato con la forza dei dati il prof. Angelo Mastrillo, docente all’Università di Bologna, intervenendo al convegno “Il PNRR cambia il sociosanitario, come cambiano professioni e modelli gestionali?” organizzato dal Dipartimento di Economia Aziendale di UniVr assieme a Uneba Veneto venerdì 20 maggio nella sede di Santa Marta dell’Università.

Dal 2019 al 2020, ha evidenziato Mastrillo, i laureati in infermieristica sono diminuiti del 9%: da 10751 a 9834.

Dal 2016 ad oggi i laureati sono in continuo calo.

Nel 2020 si sono laureati solo il 67% degli studenti che avevano iniziato il corso di laurea tre anni prima (il corso ha infatti durata triennale).

Mai, nei 15 anni per cui abbiamo i dati, la percentuale dei laureati sul totale degli studenti è stata così bassa.

Per quale motivo questo calo? “Probabilmente – argomenta Mastrillo- per le difficoltà degli studenti a concludere regolarmente il percorso formativo. Specialmente completare il tirocinio, che va fatto in presenza, è stato reso più complicato dalla pandemia di Covid-19”.
Se fosse così, dovremmo aspettarci un basso tasso di laureati sul totale degli iscritti anche per il 2021, altro anno di pandemia.
E quindi le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche, private e non profit possono prevedere difficoltà ancora maggiori nel trovare gli infermieri di cui hanno bisogno
Una situazione particolarmente grave per il Veneto, che è la prima regione italiana per fabbisogno di infermieri , pur essendo la quarta per popolazione.

Per il 2021/22 la stima Fnopi per il Veneto è di 4290 nuovi infermieri necessari. Ma i posti nelle università di Padova e Verona, pur se in aumento del 26% rispetto all’anno precedente, sono stati solo 1519.

Non solo gli infermieri mancano. “Entro il 2023 è prevista per tutta Italia la carenza di oltre 10.000 medici specialisti, tra cui oltre 4000 medici di emergenza/urgenza”, ha ricordato il prof.Stefano Tamburin, neurologo all’Università di Verona, nel suo intervento.

Alla difficoltà di trovare le risorse si somma il grande aumento, ora e in futuro, dei bisogni di assistenza in Italia

“I malati di Alzheimer nel mondo triplicheranno dal 2015 al 2050 – ha ricordato Tamburin-.. In Italia 1 milione di persone soffre di demenza. I malati di Alzheimer in Veneto sono circa 50.000, in provincia di Verona circa 10.000”.

Guarda le slide del prof.Tamburin

“4 milioni di persone in Italia hanno almeno una patologia cronica, e il 48,6% di chi ha più di 65 anni ha tre o più condizioni croniche”, ha aggiunto il prof.Americo Cicchetti dell’Università Cattolica di Milano.

La riforma del welfare voluta dal PNRR vorrebbe essere una risposta a questi nuovi bisogni.

“Il PNRR offre certamente una grande opportunità, ma mette in campo meno risorse di quelle che in realtà sarebbero necessarie – dice Cicchetti-. (…) Servirebbero dall’oggi al domani 37,3 miliardi in più di spesa corrente nella sanità per arrivare ai livelli medi dei 25 paesi europei”.

Guarda le slide del prof.Cicchetti al convegno Uneba UniVr

A portare una nota di speranza è la tecnologia. Graziano Pradavalli, docente del dipartimento di Informatica dell’Università di Verona, ha mostrato esempi concreti di come la tecnologia può consentire, ad esempio, di verificare se il paziente assume la terapia, o di offrire coaching a chi è impegnato contro l’obesità. Ma la tecnologia è anche strumento per consentire alla persona fragile di mantenere autonomia e senso di autoefficacia, supplendo alle fragilità dovute dall’Alzheimer o da problemi neurologici.

Guarda le slide del prof.Pradavalli

Giorgio Mion, docente di economia aziendale dell’Università di Verona, ha insistito sulla necessità di ripensare il modello di welfare attuale, senza ripetere gli errori fatti. Sarà importante, ad esempio, puntare sulla coprogettazione e adattarsi alle specificità di ciascun territorio. Quanto alle case di comunità, nuova istituzione voluta dal PNRR,Mion ha evidenziato la necessità che queste sappiano guadagnare la fiducia dei cittadini come risposta ai propri bisogni. Altrimenti c’è il rischio di burocratizzazione.

VIDEO – Guarda l’intervista a Giorgio Mion

Hanno introdotto il convegno i saluti istituzionali di Diego Begalli, direttore del dipartimento di Economia Aziendale dell’Università di Verona; Francesco Facci, presidente di Uneba Veneto; Maria Daniela Maellare, assessore ai servizi sociali del Comune di Verona; Alessia Rotta, deputata del Partito Democratico; mons.Cristiano Falchetto, vicario della Diocesi di Verona, a nome del vescovo mons.Giuseppe Zenti. Ha fatto giungere un messaggio di saluto al convegno l’assessore a sanità e sociale della Regione Veneto Manuela Lanzarin.

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