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Infermieri, Badanti e altri 3000 lavoratori irregolari in Veneto assunti da Aziende fantasma: sequestrate 19 società

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E’ terremoto politico-societario in Veneto dopo la chiusura di ben 19 società fantasma che avevano la capacita di assumere fino a 3000 persone, tra Infermieri, Bandati e altre figure professionali. Tutti irregolari.

Avevano assunto oltre 3000 figure professionali, tra cui Infermieri e Badanti, ma erano delle perfette aziende fantasma. Per i loro presidenti e dirigenti scatta la denuncia, mentre ben 19 aziende vengono poste sotto sequestro su indicazione della Procura della Repubblica di Roma. Gli uomini della Guardia di Finanza del Comando di Vicenza hanno eseguito l’ordine e “sigillati” beni e servizi per un ammontare di 39 milioni di euro.

E’ quanto riferisce la collega di Benedetta Centin sul Corriere del Veneto. L’accusa è di frode fiscale.

Tutto sotto sequestro.

I sigilli sono scattati, su provvedimento del tribunale capitolino, nei confronti di 19 società, nonché di venti persone indagate a vario titolo, per i reati di dichiarazione fraudolenta, dichiarazione infedele, omessa dichiarazione, emissione di fatture per operazioni inesistenti, omesso versamento Iva e indebita compensazione. A finire sotto sequestro in particolare immobili nella capitale, in Toscana e nelle Marche, ma anche imbarcazioni da diporto, auto e orologi di pregio, partecipazioni societarie e disponibilità finanziarie. Beni, questi, che potrebbero essere incamerati dallo Stato.

Un volume d’affari di 5 milioni di euro.

Un’articolata inchiesta portata avanti dai finanzieri della compagnia di Schio e scattata dopo che una badante dell’Alto Vicentino si è presentata in caserma per riferire di essere stata costretta, da un dipendente di un’agenzia di Padova, a consegnare dei soldi quando è stata assunta, una volta incassato il primo stipendio. Di qui, scavando sull’operatività dell’agenzia padovana, è emersa la vasta frode che ha permesso di «alleggerire» il costo del lavoro. Di fatto quell’agenzia era un front office per la fornitura di manodopera, ma le badanti, così come gli infermieri e le altre figure professionali, erano formalmente inquadrate all’interno delle coop. Peccato però che le posizioni lavorative siano risultate irregolari. Solo in Veneto la principale società cooperativa in pochi anni ha inquadrato oltre 1.400 badanti attraverso le agenzie collegate che sono a Vicenza, Padova, Camposampiero, sempre nel Padovano, e Dolo (Venezia), realizzando un volume d’affari di oltre 5 milioni di euro.

Le imprese interessare compivano operazioni oggettivamente improbabili.

Il sistema svelato dalle fiamme gialle è presto detto. Le società cooperative ricevevano e utilizzavano in dichiarazione, ai fini Iva, fatture per operazioni oggettivamente inesistenti per 27 milioni di euro emesse da parte di due società di capitali attive nel settore immobiliare, qualificabili come imprese cartiere, le quali a loro volta, senza una struttura economica, operavano in spregio degli obblighi dichiarativi e di versamento. In alternativa, le coop, stando a quanto emerso dalle indagini, avrebbero, in modo artificioso, inserito nei modelli Iva operazioni passive del tutto inesistenti. Tutto per accumulare un ingente credito Iva e ottenere la compensazione cosiddetta «orizzontale», tramite modello F24, delle ritenute I.R.Pe.F. sulle retribuzioni dei lavoratori, oltre a debiti previdenziali e assicurativi riferiti agli stessi rapporti di lavoro. In alternativa, i fittizi crediti d’imposta sono stati ceduti, a titolo oneroso, a soggetti giuridici terzi con importanti debiti verso il Fisco, realizzando una monetizzazione del profitto della frode fiscale. A conti fatti, nel complesso, le indebite compensazioni scovate dalla finanza ammontano ad oltre 8 milioni di euro. In altre parole, non è mai stato eseguito alcun versamento d’imposta per i lavoratori inquadrati nelle coop.

I soggetti coinvolti sono un imprenditore, un dottore commercialista e un ragioniere.

Secondo gli inquirenti nella frode erano coinvolte anche tre «professionisti» nel raggiro del Fisco. In particolare un dottore commercialista marchigiano, con studio ad Ascoli Piceno, che avrebbe trasmesso per via telematica tutte le dichiarazioni Iva, fraudolente o infedeli, presentate dalle società cooperative, apponendovi l’obbligatorio visto di conformità, «nonostante la completa difformità dalle scritture contabili». E ancora un ragioniere, con studio a Roma, già con precedenti di polizia per frode fiscale, che avrebbe trasmesso telematicamente indebite compensazioni per svariati milioni di euro. Infine un imprenditore, amministratore de facto di gran parte delle società cooperative, la cui posizione è ancora al vaglio degli inquirenti.

L’inchiesta potrebbe allargarsi.

A quanto si è capito le indagini proseguiranno anche nei confronti di altre aziende e cooperative, che hanno volumi d’affari ingenti e che probabilmente hanno troppe pecche nella gestione del personale dipendente o dei collaboratori.

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