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Infermiera Demansionata vince ricorso contro l’Azienda Sanitaria Locale che dovrà risarcirla per aver fatto l’OSS.

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Una Infermiera dell’ASL di Lecce ha vinto la causa per demansionamento contro il datore di lavoro. Costretta a fare l’OSS ripetutamente.

Con Sentenza n. 3462/2022 del 06 dicembre 2022 il Tribunale di Lecce ha dato l’ok alle richieste di una Infermiera dell’Azienda Sanitaria Locale: l’ASL è stata condannata per demansionamento. La collega era adibita continuamente e prevalentemente allo svolgimento di mansioni inferiori rispetto a quelle del profilo professionale di appartenenza e, di fatto, corrispondenti a quelle del cosiddetto personale di supporto, ovvero l’Operatore Socio Sanitario (OSS).

L’ASL si era difesa asserendo che le mansioni attribuite all’Infermiera fossero state eccezionali e di breve durata trattandosi solo di svolgimento occasionale e residuale rispetto ai compiti propri della qualifica. Tale ipotesi è stata però smentita dai testimoni escussi nel corso della causa: al posto dei tre Infermieri in pianta organica venivano inseriti in servizio due Infermieri (tutti turnisti: Mattina, Pomeriggio, Notte). Uno dei due, per far fronte anche alle esigenze dell’ASL, quindi a malattie, infortuni, ferie e permessi. Anche per questo motivo per gran parte del turno nell’Unità Operativa rimaneva un solo infermiere. E non è tutto gli Infermieri in turno dovevano sopperire anche alla mancanza degli Operatori Socio Sanitari (OSS). La cosa era quotidiana e ad ogni turno.

Secondo il giudice leccese gli infermieri erano quindi chiamati a svolgere mansioni propri dell’OSS:

  • pulire ambienti, arredi, attrezzature e materiale del reparto durante la notte; rifare letti ed effettuare il cambio della biancheria; svuotare le sacche delle urine (o relative a drenaggi di vario tipo; rispondere alle chiamate mediante campanello di pazienti (e familiari in visita) concernenti esigenze c.d. igienicodomestiche-alberghiere dei ricoverati; effettuare l’assistenza alla deambulazione, alla mobilitazione, al posizionamento nel letto, alle cure igieniche e alle funzioni fisiologiche dei pazienti; sollevare i pazienti non autonomi;
  • effettuare la tricotomia pre-operatoria (ovvero la rimozione di peli o capelli dal sito di incisione) e lavaggio del paziente; accendere o spegnere la luce della stanza; alzare e abbassare lo schienale del letto secondo le legittime esigenze del paziente; allestire i carrelli per la igiene personale dei pazienti; distribuire i pasti; aprire o chiudere le finestre della stanza; assistere i pazienti non autonomi alla consumazione dei pasti; aprire la bottiglia, riempire il bicchiere e porgerlo agli allettati (ovvero aiutarli a bere); aiutare il paziente non autonomo a prendere, riporre o rispondere al telefono; accendere, spegnere o cambiare canale del televisore; riassettare il comodino del paziente; chiudere i cartoni contenenti rifiuti speciali”).

Le lamentele dell’Infermiera sono state confermate anche dalla Coordinatrice Infermieristica e dal Dirigente Medico Direttore della Unità Operativa.

Per il Tribunale di Lecce le mansioni in concreto svolte dall’Infermiera, esaminate in modo complessivo, rientravano in quelle proprie della qualifica di infermiere generico (cat. C), il quale, “svolge la seguente attività:

A) assistenza completa al malato, particolarmente in ordine alle operazioni di pulizia e di alimentazione, di riassetto del letto e del comodino del paziente e della disinfezione dell’ambiente e di altri eventuali compiti compatibili con la qualifica a giudizio della direzione sanitaria;

  1. raccolta degli escreti;
  2. clisteri evacuanti, medicamentosi e nutritivi, rettoclisi;
  3. bagni terapeutici e medicati, frizioni;
  4. medicazioni semplici e bendaggi;
  5. pulizia, preparazione ed eventuale disinfezione del materiale sanitario;
  6. rilevamento ed annotazione della temperatura, del polso e del respiro;
  7. somministrazione dei medicinali prescritti;
  8. iniezioni ipodermiche ed intramuscolari;
  9. sorveglianza di fleboclisi;
  10. respirazione artificiale, massaggio cardiaco esterno;
  11. manovre emostatiche di emergenza”.

Lo stesso giudice ha precisato, in base al D.P.R. 225/74, che “l’infermiere generico coadiuva l’infermiere professionale in tutte le sue attività e su prescrizione del medico provvede direttamente alle seguenti operazioni: assistenza completa al malato, particolarmente in ordine alle operazioni di pulizia e di alimentazione, di riassetto del letto e del comodino del paziente e della disinfezione dell’ambiente e di altri eventuali compiti compatibili con la qualifica a giudizio della direzione sanitaria; pulizia, preparazione ed eventuale disinfezione del materiale sanitario; sorveglianza di fleboclisi; massaggio cardiaco esterno e manovre emostatiche di emergenza”.

Ha ritenuto anche di accogliere la domanda di risarcimento del danno subito dall’Infermiera per effetto della dequalificazione professionale e, ai fini della quantificazione, ha ritenuto congruo applicare il parametro indicato dal Tribunale di Roma nella sentenza n. 2587/2022, sulla base della notevole durata del demansionamento, della gravità dello stesso e, per altro verso, del contemporaneo svolgimento delle mansioni previste dalla categoria di appartenenza che ha significativamente attenuato l’incidenza negativa sulla capacità professionale decidendo per il 15% dell’ultima retribuzione.

Quanto accaduto a Lecce accade tutti i giorni in varie realtà italiane, da tempo AssoCareNews.it se ne sta occupando e sta dando voce ai colleghi demansionati o meglio deprofessionalizzati.

E voi cosa ne pensate? Scriveteci pure a redazione@assocarenews.it

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