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Le scienze sono una valida alternativa.

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Parlare di religione in sanità pone dei problemi di “campo” non indifferenti; fin tanto che i discorsi sono di libera indagine interiore, di confronto pacifico e non intaccano la professionalità tutto bene. Ma quando conducono a situazioni di “obiezione” è buona norma riferirsi esclusivamente alla deontologia.

Leggo soltanto in questi giorni il contributo [1] del collega dott. L. Ascione, che ha posto un tema semplicemente colossale: «Il concetto di Dio tra scienza e fede»; argomento sempre d’attualità, tanto è vero che a mesi dalla sua pubblicazione è inserito tra i più letti di giornalesanita.it.

Il tema (dottrinale e filosofico) della religione e la questione della religiosità (che invece sottende il più spinoso e controverso aspetto della coerenza religiosa) di fatto rappresentano argomenti di tanto ardua quanto prudente trattazione in assoluto, che paradossalmente – fatto di cui non poter non tener debito conto – risultano essere divisivi più che aggreganti: il dato storico infatti restituisce impietosamente come la pluralità religiosa, ancor più di quella linguistica, abbia rappresentato motivo di importante – ed in qualche caso irrisolvibile – contrasto, che molto spesso non ha facilitato il generale progresso umano (ex multis: il “caso” Gallileo Gallilei).

Lungi, quindi, dall’intenzione di voler “risolvere” problematiche come quella ad es. tra il Giansenismo ed il “Naturale senso religioso” di Marsilio Ficino (ricordi delle lezioni liceali), si vuole semplicemente far notare che non è vero che la scienza non «conosce il mondo naturale abbastanza da poter pervenire a conclusioni definitive»: ebbene qualcuno ha fornito una risposta molto attendibile, che evidentemente farebbe «tendere l’ago della bilancia da una delle due parti»; e visto che Ascione chiama in causa Albert Einstein, non si può non richiamare un altro grande scienziato, che in buona sostanza ha pacificamente proseguito gli studi di colui che è generalmente considerato il più importante fisico del XX secolo.

Pur non conoscendo nel dettaglio il pensiero del matematico e divulgatore scientifico Israeliano naturalizzato Statunitense Amir Dan Aczel, una importante ed eminente interlocuzione che si può confrontare con il suo orientamento (ed al  contempo con quello di Ascione) è quella pubblicata nel libro “Grand design” (2010) di un contemporaneo collega di Aczel: Stephen Hawking.

Hawking sostiene che l’universo può essere compiutamente spiegato con principi scientifici e non per l’opera di un dio; il cosmologo Inglese in particolare si muoveva dal disaccordo ad una forma di “contenimento” del pensiero ingiunta niente meno che da Giovanni Paolo II in un congresso sulla cosmologia del 1985 a Roma, ove il pontefice poneva dei chiari limiti [2] agli ambiti di possibile investigazione scientifica, perché «c’è una spiritualità nell’universo e particolarmente nella vita umana, una spiritualità che non può essere semplicemente ridotta alle caratteristiche della realtà di cui si occupano le scienze fisiche e naturali.» ; in buona sostanza la scienza non “doveva” (più che non “poteva”) occuparsi di tale spiritualità, ma andava benissimo investigare la «realtà fisica, della storia e della struttura dell’universo, della costituzione fondamentale della materia e dei processi e schemi che stanno alle radici del mondo materiale».

Hawking era invece convinto che «la scienza può fornire una valida alternativa» omnicomprensiva e di fatto con lo studio teorico avanzato dei buchi neri – scoperta di J. R. Oppenheimer (contemporaneo di Einstein e noto come il pentito “padre della bomba atomica”)  e H. Snyder, 1939 – ha concluso che non vi può essere alcuna possibilità di confermare la presenza di qualsivoglia entità (supreme ed infime comprese) in un luogo, quale quello dell’origine dell’universo (La “Teoria del Big Bang” – peraltro – si deve inizialmente ad un sacerdote cattolico Belga: Georges Lemaître, fisico ed astronomo, anch’egli contemporaneo di Einstein); luogo ugualmente riscontrabile nelle singolarità dei buchi neri, in cui il tempo … è nullo.

Ma anche questa particolare e dettagliatissima dimostrazione, di fatto atto ultimo di un pragmatico “ecumenismo culturale” che però sconfesserebbe sia Wojtyla che Lemaître, che rispettivamente intendevano negare un ruolo di primo piano alla scienza e percorrere «due vie per arrivare alla verità», potrebbe risultare del tutto inutile; può anzi risultare efficace a dimostrare – andando quindi ben oltre i citati Darwin e Freud – l’esatto contrario: che cioè potrebbe rivelarsi del tutto illusorio cercare una relazione tra fede e scienza, perché sembra che l’uomo voglia a tutti i costi mantenere ben distinto quel confine tra realtà e spiritualità tracciato da Karol Wojtyla, che effettivamente intendeva “ristrutturare” quel mondo trascendente ed “insondabile” nel quale i più amano rifugiarsi, mondo però ove non si vuole non cedere alle nostre più profonde frustrazioni, prima fra tutte lo spauracchio della morte come evento definitivo, che ha giocato un ruolo primario e fondamentale (se non proprio ossessivo), in particolare dagli Egizi in poi.

Anche qui le scienze (psicologiche) potrebbero fornire una valida alternativa per una analisi di tipo “spirituale”…

A questo punto è opportuno circostanziare l’altra affermazione di Ascione: la c.d. «piazza in cui si manifestano varie correnti di pensiero per poi sfociare nella responsabilità medica.».

Qui il ricordo accademico si porta a lezioni più recenti (Università LUM), sul rapporto tra etica e salute: La responsabilità dei sanitari (che comprende quella “medica”) è completamente regolamentata dalla deontologia, che – giusto caso – dopo un lungo percorso storico di “positivizzazione” dell’etica condivisa, è stata configurata sia come intersezione precisa e definita dell’etica, sia come intersezione precisa e definita della morale, gruppo in cui le religioni più propriamente si collocano. La deontologia diventa quindi l’area di comune condivisione di differenti istanze, sia etiche, sia religiose, sia morali.

Obbligo primo del professionista sanitario, pur nella evoluzione del pensiero e cultura professionale, che pone sempre nuove sfide, quale ad es. quella della «disciplina del fine vita», è non creare commistioni che servirebbero soltanto a portare nell’ambito lavorativo quegli stessi elementi problematici e divisivi che l’umanità si è rivelata ancora non in grado di risolvere. Chi dovesse professare motivi religiosi esterni alla deontologia, tali per cui una determinata azione sanitaria risulterebbe contraria alla propria personale volontà, allora si ritroverebbe in un evidente conflitto di “professioni”, unicamente risolvibile facendo riferimento proprio ai valori di etica a carattere condiviso e non ad un’etica (religiosa, filosofica, politica, sindacale, etc.) ristretta, cioè nella ricerca di quel massimo comune denominatore tra tutte le possibili etiche coinvolte, per affrontare in modo adeguato – pena la completa rinuncia al lavoro – tale problema.

Piace concludere con la parte finale di un ben noto discorso [3], la cui ecumenicità supera di gran lunga queste contrapposizioni e che forse è l’obiettivo che ogni persona di questo mondo potrebbe e dovrebbe proporsi:

«E quando questo avverrà, quando faremo riecheggiare la libertà, quando la lasceremo riecheggiare da ogni villaggio e da ogni paese, da ogni stato e da ogni città, saremo riusciti ad avvicinare quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, protestanti e cattolici, potranno prendersi per mano e cantare le parole dell’antico inno: “Liberi finalmente, liberi finalmente.»

Le ragioni Hawking (ma resta una opinione) possono costituire le basi di un nuovo Umanesimo: è la conoscenza umana – con ciò intendendo laicamente tutte le vere scienze, escluse le varie storie di inattendibilità, da Gilgamesh in poi, così come i vari moderni surrogati di capacità intellettiva – quella che condurrà l’umanità ad una più utile cultura mondiale non litigiosa ed a quelle libertà e pace invocate da Martin Luther King.

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[1] https://www.giornalesanita.it/il-concetto-di-dio-tra-scienza-e-fede/

[2] https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1985/july/documents/hf_jp-ii_spe_19850706_conferenza-cosmologia.html

[3] https://www.chedonna.it/2018/04/04/martin-luther-king-i-have-a-dream-testo-originale-e-traduzione/

Dott. Calogero Spada
Dott. Calogero Spada
Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (Bari, 1992), perfezionato in Neuroradiologia (Bari, 2001), Laureato Magistrale (Pavia, 2015), Master II liv. in Direzione e Management (Casamassima – BA, 2017) e di I liv. in Coordinamento (Castellanza – VA, 2011); dal 2017 guest blogger e web writer in sanità.
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