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Il Provocatore Seriale e il lamarckismo tra fallibilità dei processi diagnostici e Intelligenza Artificiale.

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Recentemente sull’intelligenza artificiale (anche applicata in sanità) si discute molto più di quanto se ne sappia. Al di là delle correlate inquietudini sul suo utilizzo, resta anche la perplessità che la sua applicazione possa essere evitata utilizzando strumenti già disponibili… e già ampiamente trattati.

In questa che sembra essere la terza “corsa” dell’umanità, dopo quelle agli armamenti ed all’energia, ovverosia quella recentemente innescatasi verso uno sviluppo ed applicazione estensivi della intelligenza artificiale (o AI), ove ad un certo diffuso entusiasmo si stiano sempre più affacciando anche dubbi, incertezze e timori anche suffragati da posizioni di esponenti d’eccezione di ogni ambito e tempo (da Stephen Hawking, Isaac Asimov e Carl Sagan al contemporaneo Elon Musk), per quanto riguarda l’ambito sanitario sono particolarmente benvenute disamine come quelle esposte dal dott. Polillo e le conseguenti riflessioni e quesiti.

Per quanto alle prime, a fronte dei dati statistici e delle osservazioni riferite, una considerazione dovrebbe emergere prepotentemente in ambito sanitario, ove tali riscontrate evidenze riguardanti precisi ambiti dell’errore in medicina metterebbero in discussione l’efficacia del risk management sanitario, che quindi si vorrebbe integrare con il ricorso alla AI.

Riferendosi ai dati forniti, visto che:

  • le erronee valutazioni delle procedure radiologiche unitamente a quelle di laboratorio sono al primo posto, ove la percentuale della scelta dei test è ben superiore anche a quella della loro lettura;
  • la fase dell’incontro clinico tra paziente e medico rappresenta il 78,9% dei processi alla base dell’errore clinico in ambito di cure primarie;

non posso non ricordare ciò che alcuni avevano sarcasticamente definito come un atteggiamento da “provocatore seriale”: ossia il mio “pool” di interventi anche qui pubblicati sulle procedure di giustificazione e di ottimizzazione poste a fondamento delle ultime due leggi sulla radioprotezione (d. lgs. 187/00 – d. lgs. 101/2020), che – giusto caso – rispettivamente dovevano porre le migliori garanzie sulla congruità del quesito clinico rispetto alla prestazione richiesta e sulla corretta esecuzione delle prestazioni; procedure però da sempre snobbate dagli ambienti istituzionali che contano e trattate come la polvere da nascondere sotto il tappeto di un apparente perbenismo di efficientazione, ritenuto prioritario alla risoluzione di tali maggiori annosi problemi, giustamente ora identificabili con maggiore dovizia in quel «contesto organizzativo» in cui «non esiste più neanche l’equipe e l’assistenza è diventata quasi un atto privato del medico di turno»; atto che però nel caso della diagnostica per immagini resta ammantato da una cortina nebbiosa … visto che a tutt’oggi – ossia a 23 anni dalla prima formulazione normativa – alcuna forma di tracciabilità per entrambe le procedure è mai stata prevista ed ottemperata.

Tenendo quindi «conto di alcuni aspetti di come si svolge il processo diagnostico nella vita reale», resta così (finalmente) dimostrato che una certa esposizione al c.d. «rischio di fallibilità» in una concatenazione di eventi negativi nel processo di valutazione diagnostica, dipenda sostanzialmente dalla mancata applicazione di norme e regolamenti, nell’indicato processo del «raccogliere correttamente l’anamnesi e di eseguire un accurato esame fisico del paziente»; in tali fattispecie come si può far intervenire la AI?

Continuando con i quesiti, risulta legittimo interrogarsi su un aspetto – forse inspiegabilmente trascurato – certamente fondamentale in tema di “intelligenza”: ossia quale sia la natura prima che generi tale funzione.

È ormai consolidato l’orientamento scientifico multidisciplinare che ha ricondotto l’origine dell’evoluzione cognitiva dell’uomo a pressioni ambientali che determinavano le condizioni di sopravvivenza, ove un ruolo decisivo lo ha assunto il fattore dietetico legato al consumo di proteine animali, i cui sistemi per l’approvvigionamento dipendevano a loro volta dal grado di intelligenza impiegabile, in un circolo virtuoso di cui l’intelligenza era fulcro; processo che già nel lontano 1809 il naturalista, zoologo, botanico ed enciclopedista francese Jean-Baptiste de Lamarck, sintetizzò nella espressione divenuta un principio base: La funzione crea l’organo: non sono gli organi che hanno dato luogo alle abitudini ed alle facoltà particolari, ma, al contrario, sono le abitudini e la maniera di vivere che hanno, col tempo, costituito lo stato degli organi e, conseguentemente, la loro funzione.

In definitiva dovremmo domandarci se questa che sembra essere una corsa dell’umanità alla AI, sia o no una strategia esattamente contraria a quanto biologicamente necessario affinché il fenomeno dell’intelligenza resti esclusivo del genere umano.

Se riteniamo che l’intelligenza artificiale possa efficientemente sostituire (e non soltanto integrare) attività come la formulazione della diagnosi clinica, o dare risposte più affidabili sia in termini di appropriatezza dei contenuti e sia in termini di (addirittura) maggiore empatia comunicativa, allora dobbiamo inevitabilmente fare i conti non con una nostra difficoltà a tenere le trame di più complessi bisogni di una umanità in costante crescita ed invecchiamento, ma con la nostra innata tendenza a sistematicamente delegare ciò che ci risulta scomodo o eccessivamente impegnativo; ma se le macchine sono state di grande ausilio nell’affrancarci dallo sforzo fisico (compreso quello del calcolo, alla base dell’informatica), arrivando a farci fare cose prodigiose, nel contesto della mera intelligenza una delega che ci esponga sempre meno a quel circolo virtuoso descritto da Lamarck, non soltanto rischia di instupidirci sempre più, innescando un circolo opposto, ma forse potrebbe essere ancor più pericoloso, in un contesto organizzativo di minacce ancora poco identificabili.

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Dott. Calogero Spada
Dott. Calogero Spada
Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (Bari, 1992), perfezionato in Neuroradiologia (Bari, 2001), Laureato Magistrale (Pavia, 2015), Master II liv. in Direzione e Management (Casamassima – BA, 2017) e di I liv. in Coordinamento (Castellanza – VA, 2011); dal 2017 guest blogger e web writer in sanità.
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