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Allentamento incompatibilità, atto Terzo: lo sbarramento delle autonomie locali.

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Il Ruolo della Conferenza Stato Regioni sembra “crescere” sempre più: nel 2018 si limitava a chiedere la modifica delle leggi; oggi le modifica direttamente… sarà anche per questo che la gente non va più a votare per eleggere i rappresentanti di governo?

La lettura della puntuale corrente analisi di redazione [1], che interviene sul recente documento Regioni [2] in riferimento alla legge n. 56/2023 di conversione in legge, con modificazioni, del d.l. n. 34/2023 sul (presunto) tema della libera professione per le professioni sanitarie, da una parte solleva delle perplessità tecniche del tutto condivisibili, ma dall’altra fornisce l’adito ad ulteriori riflessioni che forse restituiscono quale sia il sentimento di coloro che, alla fine di tutte queste manovre e manovrine legislative, sono i destinatari finali di tali provvedimenti.

In una dinamica assai simile a quanto occorso nel 2018, ove con tre interventi successivi di fatto si limitava, “comprimendo” il campo d’azione di una professione non medica (da un decreto del ministro della Salute: DM 10/08/2018 ed attraverso il Tar Lazio si era giunti ad una nota assicurativa), in questo caso per raggiungere un analogo obiettivo, mentre nel 2018 la Conferenza Regioni si era limitata ad una richiesta di modifica, oggi il medesimo organo collegiale finalizzato alla collaborazione istituzionale tra lo Stato e le autonomie locali è intervenuto direttamente sul testo normativo, cui d’altra parte erano già giunti per tempo Cassandrei (ma pur facili) “pronostici” già qui rappresentati [3].

Il pretesto effettivamente sussistente è quello di una norma scritta male, ove già dal primo intervento (d.l. 198/2022 – c. d. “Milleproroghe 2022”) si è parlato di articoli «quasi illeggibili», ma in un contesto Italiano forse non poco avvezzo ad una modalità di compilazione ingarbugliata, ai limiti dell’incomprensibile e con leggi che troppo spesso regolano in modo inestricabile le materie più eterogenee, fatto che pone necessariamente (appunto) dei problemi di democrazia, poiché fa venir meno il requisito della legge scritta in modo chiaro, che è una caratteristica dello Stato di diritto sentita fin dai tempi antichi del codice di Hammurabi …

ma,  in ogni caso, siamo di fronte ad un vero e proprio “salto di qualità”, perché questa volta la Conferenza Stato – Regioni, ha deciso di … sostituirsi direttamente al legislatore!

Lo fa fornendo una interpretazione «costituzionalmente orientata, nonché in coerenza con i canoni di ragionevolezza»,

Una arbitraria sostituzione così rilevante, così esorbitante nelle sue pretese:

a cominciare ponendo la giustificazione: «a fronte del carattere piuttosto generico e lacunoso della previsione legislativa», laddove però il carattere di provvisorietà (previsione) del dispositivo “decreto legge” sia già venuto meno dalla ottemperata conversione in legge entro 60 giorni (57 nel caso specifico), pertanto essendo di fronte ad un dispositivo normativo, già divenuto legge e non più in uno stadio previsionale, ove per di più alcun rimando è stato posto – come pure può accadere – ad ulteriori interventi terzi «sull’applicazione della disciplina»

per continuare con i vari contenuti del documento: dalla possibilità «di instaurare rapporti di dipendenza con altre strutture pubbliche o private, salvo poi valutarne la compatibilità» , all’imposto limite «di qualsiasi attività professionale “intra moenia” … per l’esercizio della quale sarebbe necessaria una formale previsione legislativa.» , per finire con la complicata – inverosimilmente, più della norma stessa – procedura di «rilascio dell’autorizzazione, ma anche in fase di esecuzione della prestazione, con dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà» (e per favore, vorrei fermarmi qui) …

, da rendere effettivamente l’impressione che si stia cercando (forse a tutti i costi) più di impedire (anziché assistere) lo svolgimento di detta «disciplina.

Alla parallela critica da muovere ad alcune fonti di sindacato, ove non si dovrebbero affatto condividere alcune altre condizioni – perché sarebbe quasi un “concorso esterno” in tale indebita ingerenza – poste dalle «Indicazioni applicative»: in particolare, l’indicato «apposito regolamento aziendale … oggetto di confronto e trattativa sindacale», la riconducibilità «solo alle attività del proprio specifico esercizio professionale» (c’è chi, come tra i medici, è abilitato all’esercizio di più di una attività professionale),

va associato il deplorevole attuale silenzio delle istituzioni che avevano plaudito alla edizione della bozza del decreto energia: costoro (i rappresentanti delle professioni) dovrebbero semplicemente osteggiare un intervento che si configura come illegittimo e reclamare una pronta, immediata applicazione della norma originaria, ovvero la sua più corretta e snella ridefinizione, laddove sia effettivamente necessario (ma si può ben dubitarne) un intervento “applicativo” che in primo luogo deve provenire dallo stesso legislatore ed in secondo luogo non avere le caratteristiche della riforma «in peius», pena il non corrispondere alle aspettative degli ambiziosi reiterati proclami di un Presidente del Consiglio e del suo Ministro della Salute.

Quelli stessi stakeholder – vista comunque la temporaneità (in parte già scialacquata) degli effetti legislativi de quo – dovrebbero altresì sollecitare l’attuale governo affinché non si sperperi il “patrimonio” delle esperienze dei disegni di legge avviati durante la XVI e la XVIII legislatura, perché il dibattito sulla legittimità di un regime libero professionale per tutte le professioni non mediche, che merita di essere trattato nello specifico e non inserito (altro imperdonabile vezzo) in leggi che trattano di ben altro, è ben antecedente alle contingenze di emergenza – quelle della pandemia da COVID-19 – da cui si è partiti per giungere a questa “tangente” normativa e dibattimentale, che forse ha dato una incontrollata accelerazione ad un percorso evolutivo già qui in atto e già concluso in molti altri stati Europei e del resto del mondo.

[1] https://www.assocarenews.it/home/libera-professione-limitazioni-per-infermieri-ostetriche-fisioterapisti-e-professioni-sanitarie-solo-fuori-dallazienda

[2] https://www.assocarenews.it/wp/wp-content/uploads/2023/07/LiberaProfessione-Infermieri-Ostetriche-Fisioterapisti-ProfessioniSanitarie.pdf

[3] https://www.assocarenews.it/infermieri/cosa-possono-fare-gli-infermieri-e-le-professioni-sanitarie-con-il-decreto-bollette-e-la-libera-professione

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Dott. Calogero Spada
Dott. Calogero Spada
Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (Bari, 1992), perfezionato in Neuroradiologia (Bari, 2001), Laureato Magistrale (Pavia, 2015), Master II liv. in Direzione e Management (Casamassima – BA, 2017) e di I liv. in Coordinamento (Castellanza – VA, 2011); dal 2017 guest blogger e web writer in sanità.
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