L’arte è lunga, la vita è breve, il passaporto è verde. La morte solatia ai tempi del green pass.
Gentile Direttore,
desidero raccontarle due brevi aneddoti; il primo appreso leggendo l’introduzione di un bel libro sulla relazione medico-paziente [1]; il secondo vissuto personalmente.
L’ambiente nel quale ha luogo il primo aneddoto è (verosimilmente) un ospedale da campo, allestito per soccorrere i soldati feriti durante la seconda guerra mondiale; l’ambiente nel quale, invece, si svolge il secondo è un ospedale italiano ai tempi della sindemia Covid-19 (estate 2021).
Pur simili i contesti – se accettiamo valido il linguaggio bellico usato dai mass media per raccontare questa emergenza sanitaria – alquanto diversi appaiono i comportamenti agiti. Esemplari quelli del medico “di guerra”, in linea con i valori, l’identità e la mission di un professionista dell’Ars longa: prendersi cura del paziente; deplorevoli quelli dei professionisti sanitari, del management e dei decisori politici che hanno dettato le regole di comportamento, protagonisti del secondo aneddoto.
<<Un soldato russo ferito gravemente, è assistito da un giovane medico: Archie Cochrane. I due non parlano la stessa lingua. Per lenire i dolori lancinanti, il medico somministra dell’aspirina senza ottenere alcun risultato; il soldato continua a gridare. Archie si siede quindi, sul letto accanto a lui e lo abbraccia. Il soldato russo, come per incanto, smette di gridare; muore comunque qualche ora dopo>>. Gridava per la paura e la solitudine, ricorderà nella sua autobiografia Cochrane, il padre della medicina basata sulle prove di efficacia (EBM). Fu una lezione indimenticabile su come prendersi cura del paziente in fin di vita.
<<Un paziente nella fase terminale di una malattia oncologica, è ricoverato in una camera di degenza singola di un reparto di medicina “non Covid”; vaccinato contro il virus venuto da Wuhan e negativo al tampone molecolare, muore senza il conforto della moglie, anche lei vaccinata con doppia dose. Non sono ammesse le visite dei familiari; misure – sostengono – necessarie per contenere in Italia l’infezione da Sars-CoV-2>>.
E’ una lezione indimenticabile su come non prendersi cura del paziente in fin di vita: il fallimento della medicina scientifica e umanistica!
Mi consola sapere tuttavia, che se solo avesse atteso qualche giorno prima di passare a miglior vita, la moglie avrebbe – grazie al green pass – potuto sedersi sul letto accanto a lui e abbracciarlo.
Francesco Sciacca, tecnico sanitario di radiologia medica
Riferimenti bibliografici.
[1] Il cervello del paziente. Le neuroscienze della relazione medico-paziente. Giovanni Fioriti Editore, ISBN-10: 8895930495
[…] La morte ai tempi del green pass. L’esperienza di lettura e di vita di un Tsrm. proviene da AssoCareNews.it – Quotidiano Sanitario […]
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