Cosa ne sarà della Sanità post pandemia? Ci attende una sfida dura, quella dell’adozione definitiva dei percorsi circolari con Medici, Infermieri e Professionisti Sanitari al servizio del cittadino.
I percorsi circolari saranno la vera grande sfida della Sanità post coronavirus.
Mai come in questo momento le organizzazioni sanitarie hanno la possibilità di riorganizzarsi dopo lo sconvolgimento dello status quo e l’abbandono obbligato dell’inerzia organizzativa.
La presenza di migliaia di assistiti confinati domiciliarmente ha costretto infatti a mettere in discussione, fratturare e riassemblare quei principi ospedalocentrici ormai ossidati.
A dirla tutta, è da tanto che se ne parla e alcune aziende sanitarie erano già intente a questo processo. Adesso ne sono invece tutte obbligate.
E in questo nuovo panorama vi è la possibilità di parlare di percorso circolare, ovvero di una risposta ai bisogni della salute dei cittadini assolutamente non compartimentale ma che rende realmente accessibili i servizi (ospedale; territorio; rsa; cure intermedie).
Occorrerà quindi passare dall’inserimento del cittadino all’interno del servizio all’inserimento dei servizi all’interno del percorso di salute del cittadino.
Una differenza di processo che molto spesso sfugge alla visione di chi è dentro ai servizi ma che è palpabile per chi si trova in stato di necessità di risposte alle proprie problematiche.
Una sanità post covid che arriva al cittadino, senza aspettarlo. E non parliamo solo del medico o dell’infermiere che suonano il campanello a domicilio.
Un percorso circolare si traduce in una presa in carico che si prende realmente cura dello stato di salute cittadino, senza spezzettare i bisogni per “infilarli” all’intero dei servizi esistenti.
Si dovrà per forza modellare le soluzioni senza attendere che il cittadino (inesperto, disorientato, emotivamente coinvolto e, non dimentichiamocelo, MALATO) comprenda il percorso, rimoduli i propri bisogni e si attivi verso il servizio idoneo.
Insomma, la proattività deve sostituire l’attesa.
L’infermiere di famiglia è certamente uno dei migliori attori di questa nuova sanità, occorrerà però che non resti solamente un’intenzione ed una realtà di poche aree.
Ci vorrà però il lavoro di tutti: Medici, Infermieri e Professionisti Sanitari.
Fallire questa riorganizzazione è una possibilità concreta, un pericolo per il SSN. La modifica delle abitudini e dei concetti alla base del normale concetto finora applicato è una sfida ardua.
Sarà importante guardarsi negli occhi, proporre continui retraining, stimolare il dialogo e l’autoanalisi all’interno dei gruppi delle unità operative.
Si tratta di cambiare pelle. Non sarà facile ma è necessario.
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