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OSS che dirigono Infermieri: lo strano caso delle RAA nelle case di riposo.

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? ? Oss che dirigono Infermieri: un sistema contorto che ribalta le gerarchie stabilite dalla legge. E spesso con pessimi risultati. Alcune/i RAA vanno oltre le loro competenze (per fortuna non in tutti i casi).

Il Responsabile delle Attività Assistenziali (RAA) è un’Operatore Socio Sanitario che ha conseguito un’apposito attestato di specializzazione complementare.

Esiste solo in Emilia Romagna (e in qualche angolo della Toscana) e ha un potere senza eguali nelle Residenze Sanitarie per Anziani e nelle Case di Riposo pubbliche e private.

Spesso la RAA o il RAA sono autorizzati dalle dirigenze (nelle strutture private) a coordinare gli Infermieri, pur non avendone né la titolarità giuridica, né le conoscenze scientifiche adatte a garantire una corretta erogazione dell’assistenza. Questo non accade nelle Aziende Servizi alla Persona.

Ufficialmente si “specializza” in gestione dei servizi e del personale, di fatto è un vero e proprio “caporale” al servizio di chi ha solo l’interesse di risparmiare e in barba ad ogni disposizione ed obbligo di Legge. I Collegi Ipasvi e le Istituzioni territoriali competenti sono al corrente di questa “anomalia”, ma spesso fanno finta di non vedere. Basta pensare che un/una RAA a volte (ma accade spesso) può sostituire l’Infermiere Coordinatore, anche se solo in determinati ambienti con bassi indici di complessità dell’assistenza.

Nel lontano 2001 è sorta in Italia, nel pieno dell’emergenza per la mancanza storica di Infermieri nelle strutture pubbliche e private, la figura tecnica dell’Operatore Socio Sanitario (OSS). Ciò grazie all’Accordo Stato-Regioni che ha introdotto quella che nel frattempo è diventata una figura (non professionale) di cui oramai non si può più fare a meno. Gli Infermieri hanno lasciato sempre più spazi assistenziali agli OSS, che restano comunque i nostri più stretti collaboratori.

Un po’ di storia degli OSS in Italia

Erano i primi anni ’80 del Novecento e facevano capolino nel Servizio Sanitario Nazionale i  osiddetti Operatori Socio Assistenziali (OSA); circa 20 anni dopo gli OSA riuscirono ad ottenere un importante riconoscimento e a diventare, grazie ad appositi corsi di formazione integrativi, Operatori Socio Sanitari (OSS). OSS e OSA (ci sono anche elementi che hanno preferito non convertire il loro titolo di studio) hanno prestato la loro attività tecnica per molti anni esclusivamente in ambito privato, solo da qualche tempo e mediante appositi concorsi pubblici sono entrati prepotentemente nel SSN, diventando di fatto una figura di supporto all’Infermiere (Profilo Professionale – DM 739/94).

La nascita del Responsabile delle Attività Assistenziali (RAA)

In Italia nel 1999 e più precisamente in Emilia Romagna è stata creata una figura tutta nuova, una sorta di OSS specializzato: parliamo del o della Responsabile delle Attività Assistenziali (RAA); spesso sono più importanti degli Infermieri e, secondo la complessità assistenziale di una struttura, può coordinare Assistenti di Base (ADB), OSA, OSS, Fisioterapisti e altre figure tecniche e professionali che operano all’interno del complesso di cure (sia esso pubblico, sia esso privato, sia esso convenzionato). Sul reale grado di preparazione di queste soggetti, che spesso affrontano appena 600 ore aggiuntive di formazione (fino ad un massimo di 1000, oltre ai 12 mesi per diventare OSS), c’è tanto da dire e non è raro assistere a lunghe disquisizioni negli RSA e nelle Case di Cura sull’opportunità di affidare a figure equivoche le sorti di chi soffre e ha bisogno di cure.

RAA: ovvero OSS “specializzato”, ma solo in Emilia Romagna

La figura del Responsabile delle Attività Assistenziali è assai controversa soprattutto perché spesso ci si ritrova di fronte a personaggi che hanno “diritto” di coordinare anche gli Infermieri, sorretti da un sistema che preferisce sottomettere la nostra professione per non darci spazio. Ciò accade soprattutto in quelle realtà in cui a dirigere le strutture sono medici di base che non hanno alcuna competenza in ambito ospedaliero e che si affidano a “caporali” pronti a servirli sempre e comunque. I RAA non sono altro che tecnici esperti nella gestione di servizi, dotati di apposito attestato di specializzazione regionale.

Il loro programma formativo prevede:

  1. aspetti di etica professionale e privacy;
  2. approfondimenti normativi relativamente ai servizi socio-assistenziali;
  3. lavoro di squadra e gestione delle risorse umane;
  4. programmazione e organizzazione del servizio;
  5. gestione dei conflitti e dello stress;
  6. attività di interconnessione e relazione con i pazienti, i loro familiari/care-giver e le reti formali-informali di cura;
  7. sicurezza nei luoghi di lavoro.

Come si accede ai corsi per RAA?

Per prima cosa, come dicevamo poco fa, occorre avere un curriculum professionale adatto, ovvero essere già dotati di diploma di Operatore Socio Sanitario e dimostrare carta alla mano di aver lavorato almeno per due anni in ambito socio-sanitario, in strutture pubbliche e/o private, convenzionate con il SSN o meno. In più l’OSS che decide di diventare RAA deve avere precise attitudini: essere predisposti al coordinamento, conoscere le aree dei servizi in cui andrà ad operare (conseguiti sul campo e grazie a dei percorsi formativi mirati). Non interessa se al momento della richiesta di accesso al corso si è occupati o disoccupati (solitamente si accede con un colloquio conoscitivo). L’importante, tuttavia, è superare la selezione e possedere il diploma di scuola media secondaria superiore (per lavorare nel pubblico o in strutture accreditate con il Servizio Sanitario Nazionale).

RAA: non attestato di qualifica ma di vera e propria specializzazione!

Chi immagina che il RAA è solo un OSS sbaglia, perché di fatto gli è stato riconosciuto un vero e proprio attestato di specializzazione e, per essere proprio veniali, guadagna esattamente o forse più di un Infermiere. Va precisato, tuttavia, che non tutti possono specializzarsi pur avendo un regolare attestato da OSS. Infatti, stando a quanto sancito dal Decreto della Giunta Regionale dell’Emilia Romagna n. 564/2000 possono ottenere il riconoscimento, dopo un apposito corso di formazione supplementare, Operatori Socio Sanitari che già si occupavano di assistenza alla persona e che sono dotati di un lungo curriculum professionale e formativo (con almeno 24 mesi compiuti di attività in strutture pubbliche o private oppure private convenzionati). I corsi di formazione specialistica sono affidati spesso a società esterne convenzionate con la Regione Emilia Romagna e possono durare dalle 600 alle 1000 ore, con un costo che oscilla dai 1000 ai 2500 euro a totale carico dell’interessato/a.

RAA e management

Il Responsabile delle Attività Assistenziali dopo aver conseguito l’attestato di specializzazione (in barba alla Laurea Magistrale dell’Infermiere che non viene riconosciuta quasi in nessun ambito) è immediatamente abilitato a coordinare dal punto di vista gestionale e organizzativo gli ADB, gli OSA e gli OSS… e, purtroppo, anche se solo in alcuni ambiti assistenziali specifici può sostituire l’Infermiere praticando una vera e propria azione di management e di coordinamento delle attività (pur se non può mettere becco nell’ambito sanitario di fatto interviene indirettamente per esempio non fornendo il materiale e i presidi necessari per l’erogazione di una corretta assistenza infermieristica).

Gestione di reti assistenziali

Cosa fa nello specifico un/una RAA? Gestisce una rete di operatori sanitari che operano all’interno di Strutture Assistenziali (Centri diurni, Case di riposo, Residenze per anziani, ecc.).

Per essere più precisi, seguendo quanto disposto dal DGR 564/2000:

  1. è promotore di una corretta ed efficace gestione dell’equipe e della struttura;
  2. si fa garante dell’indirizzo e della supervisione delle attività svolte;
  3. è garante dei servizi offerti siano realmente confacenti ai bisogni di salute e di assistenza del paziente e dei suoi familiari;
  4. si fa promotore delle intese inter-professionali, proponendo attività e momenti d’interscambio e di socializzazione tra gli operatori del sistema di cura;
  5. ha ottime competenze manageriali;
  6. è un leader;
  7. sa ben gestire le risorse umane;
  8. sa ben lavorare in equipe;
  9. deve saper analizzare situazioni complesse presenti in struttura (conflitti pazienti/care-giver; care-giver/operatori, pazienti/operatori).

In sostanza?

La figura del/della RAA è di natura semi-manageriale che:

  1. lavora all’interno delle strutture residenziali socio-assistenziali;
  2. ha funzioni di organizzazione e coordinamento dell’equipe di Operatori Socio Sanitari, Operatori Socio Assistenziali e Assistenti di Base;
  3. fa da raccordo tra il Coordinatore Infermieristico, Responsabili di Struttura e Operatori;
  4. è una vera e propria interfaccia tra la struttura e gli utenti, non escluso familiari e care-giver.

Infine: da RAA a sostituto/a del Coordinatore Infermieristico

E’ qui che si complicano le cose. La Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (FNOPI, ex-IPASVI), i Collegi OPI e le Istituzioni locali competenti nel sono da tempo al corrente, ma non hanno le capacità legali di intervenire (o almeno sembra!). Spesso, come dicevo nel corso del servizio, il/la RAA si trova a coordinare un intero reparto in assenza del “Caposala” e a gestire pur se forzosamente ambiti sanitari che non competono alla sua figura tecnica.

Lo fa quasi sempre inconsapevole dei rischi professionali e penali che corre, ma lo fa. Questo accade sia là dove la complessità assistenziale è a basso indice di gravità, sia dove è a medio e alto indice. Sono sempre di più le strutture in Emilia Romagna che, per logiche di risparmio o di gestione preferiscono affidare il ruolo di coordinamento al Responsabile delle Attività Assistenziali, anche quando i bisogni di salute degli utenti non lo permettono. Nessuno controllo, a tutti fa comodo, compreso ai cosiddetti “primari” delle strutture, quasi sempre medici di base che pur di ricavarci un ritorno economico accettano incarichi al limite della legalità.

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