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domenica, Aprile 28, 2024
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Perdita vincolo esclusività per Infermieri e Professioni Sanitarie. Per FP CGIL: “solo un regalo alle strutture private”.

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A proposito di stop al vincolo esclusività per Infermieri e Professioni Sanitarie. Per FP CGIL: “solo un regalo alle strutture private”.

La carenza dei Medici di Famiglia e il numero drasticamente insufficiente di Infermieri in Italia ha convinto il Governo Meloni, anche se fino al 2025, a dare uno stop al vincolo di esclusività per le professioni sanitarie non mediche. Questo permetterà a molti Infermieri di arrotondare lo stipendio lavorando anche nell’ambito privato. Si tratta di una sorta di liberatoria, provvisoria, per la libera professione, che permetterà di fatto di tamponare la carenza cronica di personale nelle RSA, Case di Cura e ambiti assistenziali privati.

I Medici di Base, dicevamo, sono carenti e manca anche il personale infermieristico a tutti i livelli. E ciò che si legge nel rapporto di Agenas sul personale del servizio sanitario nazionale relativo all’anno 2020. Nel contesto europeo, secondo l’agenzia per i servizi sanitari, il numero di medici che praticano attivamente la professione è congruo, se rapportato alla popolazione.

In Italia, in affetti, lavorano circa 4 medici ogni 1.000 abitanti. In Francia, questo rapporto è più basso (3,17) mentre è più alto in Spagna (4,58) e in Germania (4,47). Il problema, sempre secondo Agenas, non è la quantità complessiva di medici, ma quella dei medici di medicina generale che risulta carente. E ancor più grande è la carenza di infermieri. In Italia, ci sono 6,2 infermieri per 1.000 abitanti, contro gli 11 della Francia e i 13 della Germania.

“Di fronte a questo quadro europeo – ha commentato la veronese Sonia Todesco di Fp Cgil Veneto – anziché invertire la rotta sostenendo e incentivando una maggior offerta formativa, anche con costi interamente a carico dello Stato, il Governo italiano apre alla deregolamentazione del servizio pubblico togliendo il vincolo di esclusività agli operatori sanitari fino al 2025. Il personale sanitario non dovrà più avere un unico rapporto di lavoro con il servizio sanitario nazionale e potrà lavorare anche per il privato e per il privato accreditato. Un regalo gigantesco al privato che produce prestazioni sanitarie ed un danno, ancora incalcolabile, al servizio pubblico. Ben oltre alle regole imposte alla dirigenza medica che, già con l’intramoenia, stanno di fatto mettendo in evidenza come l’accessibilità e l’universalità del nostro servizio sanitario siano diritti non più garantiti a tutti i cittadini ma siano invece fortemente condizionati dalla possibilità di pagarsi privatamente la cura anche all’interno degli ospedali pubblici. È probabile che questa scelta aprirà le porte a molti operatori che, immessi liberamente e senza vincoli nel mercato sanitario, sceglieranno di lavorare nelle strutture private che sicuramente remunereranno maggiormente il rapporto di lavoro extra-istituzionale pur di acquisire personale. Ed è anche probabile che le stesse prestazioni aggiuntive, oggi prestate dal personale sanitario all’interno delle aziende in forma volontaria per l’abbattimento delle liste di attesa, entreranno in competizione con il privato in grado di retribuirle sicuramente meglio”.

“Oggi nelle aziende sanitarie del Veneto la tariffa media oraria per una prestazione aggiuntiva di un infermiere non è fissata né per legge né per contratto nazionale ma da tariffe aziendali e si aggira attorno ai 35 euro lordi. Mentre per quanto riguarda i medici è il contratto nazionale a fissare in 60 euro la tariffa per un’ora di prestazione aggiuntiva oltre l’orario contrattuale” – aggiungono dalla FP CGIL Veneto.

Il sindacato ha pertanto chiesto alla Regione di valutare la fattibilità di una norma regionale che regolamenti e fissi un’unica tariffa regionale per tutto il personale del comparto. Questo anche per il venir meno del vincolo di esclusività e per la capacità del privato, anche accreditato, di attrarre e retribuire meglio gli infermieri.

Un vincolo che, per Todesco, non andrebbe messo in discussione perché potrebbe portare ad una riduzione delle attività ordinaria e aggiuntiva nelle aziende pubbliche, compresa quella dei medici che molto spesso necessitano degli operatori sanitari del comparto per svolgere sia le prestazioni aggiuntive che la libera professione intramoenia.

“Si sarebbero dovute mettere in campo strategie per trattenere nelle aziende sanitarie il proprio personale disponibile a lavorare oltre l’orario contrattuale. Si è scelto invece di regalare questa opportunità al privato che potrà con il lavoratore stipulare addirittura un vero e proprio rapporto di lavoro extra. L’operazione sicuramente finirà per consolidare gli extra budget annuali di attività a cui il privato accreditato ambisce da sempre. Vedremo come la Regione Veneto si comporterà di fronte ad una norma fortemente negativa per le aziende sanitarie della sua regione” – conclude Todesco.

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