Così come avvenuto nel Lazio ora anche in Piemonte arriva l’Infermiere di Parrocchia. Avrà lo scopo di coordinare l’assistenza tra Chiesa e Ospedale.
La salute passa anche per le parrocchie. E in quelle della diocesi di Alba stanno per arrivare i primi infermieri di comunità. Partirà in questi giorni il progetto nazionale pensato a Roma da Asl e Cei, attivato in via sperimentale dalle diocesi della Capitale, quella di Alba per il Nord Italia e quella di Tricarico (Potenza) per il Sud, eche prevede una nuova figura che, nell’ambito delle comunità parrocchiali, possa fare da ponte per l’accesso ai servizi sanitari. A darne notizia sono i colleghi de “La Stampa” di Torino.
Nell’Albese, l’accordo siglato tra diocesi e Asl Cn2 Alba-Bra prevede una prima fase di sperimentazione di un anno nelle Unità pastorali dell’asse Moretta (con il santuario, Santa Margherita e San Rocco Cherasca che insieme contano 9.900 abitanti), Alta Langa di Cortemilia con 8 comuni e 9 parrocchie, per un totale di 3.927 abitanti, e Oltre Stura, composta da 4 parrocchie (Roreto di Cherasco, Bricco de Faule, Cappellazzo e Veglia) per 4.213 abitanti. La diocesi ha pensato a questi primi tre «punti salute» per convogliare le energie verso una popolazione che, in un territorio ampio e dispersivo, ha bisogno di attenzione. «Il progetto nasce per rendere le comunità più attente ai bisogni di salute, integrando il supporto di operatori pastorali con infermieri dell’Asl che arriveranno direttamente in parrocchia – spiega don Domenico Bertorello, direttore diocesano Ufficio pastorale anziani e salute -. Sarà un modo per intercettare gli “irraggiunti”, ossia le situazioni concrete di povertà e malati, con l’occhio e la sensibilità che una parrocchia può avere: facilitando il rapporto tra persone e sistema sanitario e indirizzando a medici di famiglia, percorsi sociosanitari e strutture distrettuali chi è in difficoltà, magari anziani che vivono isolati».
Sono quattro gli infermieri individuati dall’Asl Cn2 che hanno ricevuto la formazione e cominceranno il loro servizio in sinergia con otto operatori pastorali.
«Non sono previste visite mediche in parrocchia, ma incontri in cui l’infermiere di comunità si occuperà di ascoltare, raccogliere esigenze e orientare – prosegue don Bertorello -. Una figura di case manager, un professionista in grado di valutare i bisogni dei pazienti e attivare i servizi per persone che con fatica si rivolgono al sistema sanitario, facendoli entrare in un meccanismo di cura e rete sociale. Oggi ancora manca una cultura della prevenzione e spesso le richieste di aiuto non arrivano per tempo».
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