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La gratificazione del personale Infermieristico

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La Legge del 26 febbraio 1999 n.42: “Disposizioni in materia di professioni sanitarie”, ha determinato un cambiamento epocale, per la prima volta si delinea un profilo professionale senza mansionario.

L’infermiere non è più “l’operatore sanitario” dotato di un diploma abilitante ma “il professionista sanitario responsabile dell’assistenza infermieristica”. Un professionista che, in quanto tale e anche nella sua individualità, assiste la persona e la collettività attraverso l’atto infermieristico inteso come il complesso dei saperi, delle prerogative, delle attività, delle competenze e delle responsabilità dell’infermiere in tutti gli ambiti professionali e nelle diverse situazioni assistenziali. Tutto ciò ha determinato un profondo cambiamento in tema di autonomia professionale che, di conseguenza, pone nuovi interrogativi in tema di responsabilità: l’infermiere, da semplice esecutore è diventato soggetto attivo nello svolgimento del proprio lavoro, facendosi promotore di progetti e di obiettivi, lavorando anche in equipè, con conseguenti responsabilità, nell’ipotesi di errori nel proprio operato o nelle proprie decisioni, in sede civile, penale e disciplinare/amministrativo. Con il DM 739/94 viene riconosciuto formalmente il profilo professionale dell’infermiere, che lo rende il “responsabile dell’assistenza infermieristica”, garantendo il possesso di un diploma abilitante e dell’iscrizione ad un albo professionale. Con la legge 251/00, l’ infermiere diventa autonomo. Si richiamano gli operatori delle professioni sanitarie a “svolgere attività dirette alla prevenzione, cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili professionali nonché degli specifici codici deontologici ed utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza”.

Purtroppo nella realtà in cui si vive, non sempre l’ infermiere viene riconosciuto come professionista autonomo, che possiede determinate competenze.

Tutto ciò comporta serie conseguenze che spesso vengono sottovalutate dall’ Azienda in cui si lavora e dai dirigenti che gestiscono il personale.

La gratificazione è una componente essenziale del proprio benessere e della propria realizzazione in ambito lavorativo. Infatti, un dipendente che si impegna, e fa bene il suo lavoro ha bisogno di avere dei riscontri, che si tratti di semplici complimenti fino ad arrivare ad un aumento o una promozione.

Cosa c’è di meglio del sentirsi valorizzati e apprezzati?

La gratificazione al lavoro aumenta l’autostima, permette di rimanere concentrati e motivati e spinge a superare i propri limiti.

E’ molto importante per poter lottare contro il malessere al lavoro. E’ una forma di gentilezza necessaria, dona un po’ di umanità alla gerarchia del lavoro e dà al dipendente un sentimento di appartenenza al gruppo (essenziale per gli esseri umani) permettendogli di restare motivato per poter svolgere al meglio il proprio lavoro.

E’ una sgradevole sensazione quella che vivono gli infermieri che, pur consapevoli di fare bene il proprio lavoro, facendosi in quattro ogni giorno per garantire un’ assistenza adeguata per ogni tipo di paziente in quanto unico ed irrepetibile , non ricevono un minimo di riconoscenza. Poco a poco, gli infermieri hanno l’impressione di non provare più un minimo di piacere o motivazione che gli spinga a lavorare, e la frustrazione guadagna sempre più terreno. In un mondo perfetto e utopico, ciascuno di noi dovrebbe svolgere un lavoro che ama e gli permetta di sentirsi realizzato. La realtà invece è un po’ diversa, lo sappiamo tutti, per i meccanismi della società occidentale in cui viviamo siamo sempre più spesso costretti a fare qualcosa che non ci piace per avere uno stipendio e far fronte a tutte le necessità personali e della propria famiglia.

Ci si pone spesso una domanda ; Perchè sentirsi insoddisfatti?

• Sicuramente se si sta da tanto tempo nella stessa azienda e si è sicuri delle proprie competenze , il rimanere bloccati a svolgere lo stesso operato e non avere possibilità di crescita può sicuramente portare ad una strada senza uscita e scatenare la voglia di trovare un lavoro che permetta di fare carriera.

• Ogni ambiente di lavoro fa sì che si creino dei rapporti interpersonali. In un contesto negativo a livello di relazioni e comportamenti sbagliati vengono a mancare produttività, stimoli e motivazione. La mancanza di un ambiente di lavoro sereno è senz’altro causa di malessere e insoddisfazione.

• Ogni azienda ha una sua mission e degli obiettivi da raggiungere. Può succedere che si verifichi un cambio di rotta dell’azienda nelle sue scelte e nelle azioni che mette in atto e che tutto questo provochi del malcontento e distacco da parte del personale. Oppure più semplicemente il personale cambia modo di vedere le cose e non si sente più in linea con quei principi. In entrambi i casi questa distanza che si viene a creare può portare ad un punto di rottura e a voler cercare qualcosa di nuovo.

• Non ci si sente apprezzati per quello che si fa. Questo tipo di condizione porta spesso a un calo di prestazioni e di motivazioni per andare avanti.

• Quasi sempre è la diretta conseguenza della mancanza di gratificazioni, e porta a lavorare in modo meccanico e senza impegno portando a un sentimento di negatività generale.

• Spesso viene citata in inglese, work-life balance. Quando gli orari o altri aspetti lavorativi non permettono più di fare coincidere o adattare gli impegni della vita privata con il lavoro creando così un muro che impedisce di occuparsi di se stessi o della propria famiglia e di conseguenza mina il suo benessere emotivo.

• Restare motivati è la chiave per svolgere al meglio ogni lavoro. La voglia di fare, di affrontare nuove sfide per una maggiore stimolazione mentale, sono sensazioni fondamentali. Può venire a mancare perché si è da tanto tempo nello stesso luogo o per altri motivi ma sicuramente è tra le principali cause di insoddisfazione lavorativa.

• Si tratta di quella brutta sensazione che si avverte la mattina appena svegli, la svogliatezza e il malessere di dover andare a fare qualcosa che non piace o non gratifica e una volta sul posto di lavoro non si vede l’ora di uscire. Come conseguenza tutto quello che si farà risulterà noioso e poco motivante.

• Essere lontani dal proprio domicilio al luogo di lavoro è un aspetto che spesso viene sottovalutato ma che a lungo andare può essere negativo. Se ad esempio si deve fare un’ora di macchina per andare a lavorare o prendere più mezzi pubblici il rischio di arrivare al lavoro ed essere già stressati inevitabilmente condiziona le proprie giornate.

E allora perchè non evitare tutto questo, in modo che il personale sia più produttivo , non si assenti sul posto di lavoro e garantisca così un’assistenza adeguata tale da rendere l’ azienda in cui lavora migliore e competitiva rispetto alle altre?

Perchè non permettere al personale infermieristico di cambiare reparto o struttura ospedaliera quando ormai è saturo di determinate situazioni e sfruttare le proprie competenze per garantire una maggiore produttività all’ azienda stessa ?

Non è tanto quello che facciamo, ma quanto amore mettiamo nel farlo. Non è tanto quello che diamo, ma quanto amore mettiamo nel dare.”
(Madre Teresa di Calcutta)

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Dott.ssa Monica Cardellicchio
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Laurea magistrale in Scienze Infermieristiche ed Osteriche Master di I livello in Management e coordinamento delle professioni sanitarie Master di I livello in Wound Care basato su prove di efficacia Master di II livello in Management delle Aziende Sanitarie Professore a contratto presso il Policlinico di Bari della Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Osteriche e della Laurea in Infermieristica . Segretaria della Commissione dell' albo dell' OPI di Taranto
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