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martedì, Marzo 19, 2024
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Infermiere licenziato perché non rispondeva al cellulare.

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Infermiere smontante di notte non ha risposto a sette chiamate del suo datore di lavoro ed è stato licenziato. È accaduto in una RSA toscana.

Licenziato perché stanco morto dopo lo smonto dal turno di notte non ha risposto al suo datore di lavoro, che lo aveva chiamato sul cellulare per 7 volte consecutive. La sua azienda, una RSA toscana, è da tempo in crisi di personale per malattie e ferie, ma anche per una cattiva programmazione delle reperibilità e delle assenze giustificate.

Riccardo, chiameremo così il protagonista della nostra storia, lavorava in struttura con contratto a tempo determinato ed era stato assunto per la sostituzione delle ferie estive, con possibilità di ottenere in autunno l’indeterminato.

Una mattina, dopo lo smonto notte e una serie di turni da brivido, con riposi mai fatti e doppi turni uno dopo l’altro, si era accasciato sul divano, stanco morto.

Al suo risveglio ha controllato il telefono e ha notato le sette chiamate consecutive del suo datore. Lo ha subito richiamato e a sorpresa si è sentito dire al telefono: “sei stato licenziato, domattina passa a prendere le tue cose; ti avevo detto che dovevi essere sempre e comunque reperibile; ti abbiamo assunto per questo; la tua collega si è messa in malattia e ti ho chiamato tante senza risposta per fare il suo pomeriggio; oggi siamo stati senza Infermieri in turno”.

In realtà nel suo contratto non c’è alcun riferimento all’obbligo di essere reperibile “sempre e comunque”. Come pure non vi è alcun riferimento ai doppi turni e ai riposi saltati. Nessun CCNL lo prevede, sia nel pubblico, sia nel privato.

Riccardo si è rivolto al sindacato, ma il sindacalista di turno gli ha detto espressamente che era inutile fare la guerra al suo datore: “questi amministrano tante strutture e hanno le mani dappertutto,se vogliono non ti fanno più lavorare da nessuna parte”.

Il dipendente deve rispondere al datore quando non è a lavoro? Le ferie o la malattia possono essere interrotte? Quando c’è l’obbligo di reperibilità? Ce lo spiega Mariano Acquaviva su Laleggepertutti.it.

Lavorare alle dipendenze di un datore di lavoro ha certamente i suoi vantaggi: stipendio assicurato a fine mese, tredicesima mensilità, contributi pagati, diritto alle ferie e alla malattia. Tuttavia, fare il dipendente può anche essere frustrante: occorre obbedire alle direttive impartite; non si è liberi di gestire il proprio tempo a lavoro; spesso si è vittime dei piccoli soprusi da parte del datore. Tra gli svantaggi v’è senz’altro l’abuso di potere da parte del capo, il quale molte volte non si fa scrupoli di contattare i propri lavoratori anche durante le ferie o la malattia: in casi come questi, cosa succede se il dipendente non risponde al telefono?

Mettiamo il caso che Tizio lavori per Caio e questi lo chiami sul cellulare proprio a ferragosto per chiedergli di recarsi un attimo in azienda per svolgere un compito veloce. Cosa accade in questi casi? Il dipendente può addirittura rifiutarsi di rispondere senza incorrere in alcuna sanzione oppure vi sono dei casi in cui bisogna ad ogni modo garantire la reperibilità? Con questo articolo ti parlerò proprio di cosa succede se il dipendente non risponde al telefono.

Il dipendente deve rispondere al datore quando non è a lavoro?

Non è possibile infliggere alcuna sanzione al dipendente che non risponde al telefono perché il suo turno è finito: è questo il principio da tenere bene a mente. Questo significa che se lavori per un’altra persona, per un’azienda, un’impresa o una società, una volta terminata la tua giornata lavorativa puoi tranquillamente spegnere il cellulare e dedicarti a ciò che più ti piace.

Anche se volessi lasciare acceso lo smartphone, saresti comunque libero di non rispondere al tuo capo qualora decidesse di chiamarti. Nessuna sanzione può esserti inflitta perché è tuo preciso diritto godere del riposo dopo il turno di lavoro.

Il dipendente deve rispondere ai messaggi e alle email?

Quanto appena detto vale, ovviamente, non solo per le telefonate, ma anche per ogni altro sistema di comunicazione. Nell’era di internet e degli smartphone, infatti, la classica chiamata vocale è divenuta quasi un residuo, essendo molto più comune l’utilizzo di sistemi diversi, quali l’invio di messaggi (Whatsapp, Facebook, ecc.) o di email.

In ogni caso, il dipendente è liberissimo di non rispondere, non visualizzare o, comunque, di non rendersi reperibile, dovesse il datore di lavoro utilizzare i metodi più impensabili, tipo l’invio di un piccione viaggiatore. Vale il principio esposto nel paragrafo precedente.

Il dipendente deve rispondere quando è in ferie o in malattia?

Ugualmente, il dipendente non deve rispondere al telefono durante il periodo di ferie o di malattia se a chiamarlo è il proprio datore di lavoro: la legge garantisce il riposo per rigenerarsi e per riprendersi da una malattia e, pertanto, non è ammessa l’intromissione del proprio superiore.

In realtà, è vero che, secondo la legge [1], il periodo di ferie del dipendente è stabilito dal datore, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del lavoratore. Egli, pertanto, può anche modificare questo riposo, ma solamente dandone un congruo preavviso e per comprovate esigenze aziendali.

Questo significa che, se le ferie sono state oramai assegnate e il dipendente le ha già prese o è in procinto di prenderle, è diritto del lavoratore opporsi. Questo perché, secondo la giurisprudenza [2], se il contratto collettivo nazionale di lavoro o il contratto individuale non prevede diversamente, il datore di lavoro non può interrompere o sospendere il periodo feriale già in atto del lavoratore. Il datore può solo modificare tale periodo prima del suo inizio, ma mai dopo.

Possiamo quindi concludere dicendo che il lavoratore già in ferie non è tenuto ad essere reperibile (fatta eccezione per i casi che vedremo di qui ad un istante) né a rispondere al telefono.

Quali sono le conseguenze per il dipendente che non risponde?

Inutile dire che il dipendente che non risponde al telefono durante le ferie, la malattia o semplicemente durante il riposo giornaliero non rischia alcuna sanzione disciplinare. Al contrario, è il datore a rischiare, nel caso in cui sia la ragione dell’annullamento delle vacanze già prenotate e del mancato godimento del riposo: egli può essere tenuto al rimborso integrale delle spese e al risarcimento del danno.

Il dipendente deve garantire la reperibilità?

Quanto appena detto fino a questo momento è vero fino a prova contraria. Mi spiego meglio. In alcuni contratti di lavoro potrebbe essere previsto, per il dipendente, l’obbligo di essere reperibile anche al di fuori del proprio turno.

L’obbligo di reperibilità, di norma, è previsto solamente per alcune categorie di lavoro: possiamo quindi dire che la maggior parte ne è esente. A fronte della reperibilità, comunque, il contratto collettivo nazionale oppure quello individuale prevede sempre un extra in busta paga.

Pertanto, nel caso in cui tu, per contratto, debba essere disponibile per il tuo datore anche al di fuori del normale orario di lavoro, significa che devi rispondere al telefono (oppure alle email o ai messaggi che ti vengono inviati) anche quando sei a casa.

Esistono due tipi di reperibilità:

una reperibilità attiva, che obbliga il dipendente a rispondere immediatamente alla chiamata e a recarsi subito in azienda, senza allontanarsi dalla zona. Si tratta della reperibilità tipica di chi svolge mansioni delicatissime, ove l’efficacia dell’intervento è direttamente proporzionale alla tempestività: pensa ai vigili del fuoco;

una reperibilità passiva, che è una prestazione strumentale ed accessoria rispetto alla prestazione lavorativa in senso stretto e consiste nell’obbligo del lavoratore di rendersi rintracciabile, fuori dall’orario di lavoro, in vista di un’eventuale necessità di svolgere l’attività lavorativa. La reperibilità passiva svolta nel giorno destinato al riposo settimanale limita soltanto la possibilità di riposarsi, ma non la esclude completamente.

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