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Infermiere diventa Insegnante e dopo 22 anni di servizio sanitario pubblico entra a far parte del mondo della scuola.

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Sono sempre di più gli Infermieri che abbandonano la Professione, sia per stanchezza, sia per provare a seguire altri ambiti lavorativi. E’ il caso di Giovanni Labate che, dopo 22 anni di servizio nel SSN, decide di occuparti di piccoli discenti. A 44 anni la svolta decisiva della sua vita.

Carissimo Direttore,

la mia è una storia di coraggio, forse anche un po’ di incoscienza, ma certamente di passione e di coronamento di un sogno inseguito per una vita intera; un sogno che, uscendo dal cassetto, ha preso forma e si è così avverato: il sogno di insegnare.

Già, perché questa storia inizia tanti (ormai troppi) anni fa quando, terminati gli studi di Scuola Superiore di 2° grado, attraverso il conseguimento del Diploma di Maturità Quinquennale presso l’Istituto Magistrale, e terminato il servizio di leva, decido quindi di iscrivermi all’allora Scuola per Infermieri Professionali (diventata poi Corso di Laurea in Scienze Infermieristiche).

Decido così, poco più che ventenne, di seguire le orme materne, formandomi e dedicandomi completamente ad un indirizzo sanitario, pervaso da quello spirito missionario di aiuto e cura del prossimo che mia madre, a sua volta infermiera di Croce Rossa, mi aveva inconsciamente trasmesso.

Così, al termine del mio percorso formativo triennale, intraprendo la carriera di Infermiere e comincio a lavorare praticamente quasi sin da subito dopo la fine dei miei studi.

Anno dopo anno, concorso dopo concorso, resto dunque alle dipendenze del Servizio Sanitario Nazionale per ben 22 anni, alternandomi tra ospedali, poliambulatori territoriali e di nuovo ospedali, tra reparti di degenza ordinaria ed area critica, a volte senza neanche accorgermi del tempo che trascorreva così rapidamente.

Dopo molto tempo trascorso ad indossare, sempre con fierezza e onore, la mia divisa bianca, che ormai era diventata parte di me, arriviamo al fatidico anno di svolta, il 2016, nel quale viene indetto il Concorso Pubblico Docenti, previsto dalla Legge 107/2015 (Buona Scuola).

Occorre premettere che la formazione e l’insegnamento albergano da sempre il mio animo e condizionano il mio modo di essere, di vivere e di agire; infatti, sin da quando prestavo servizio in ambito sanitario, ho sempre accostato la pratica clinica quotidiana alla formazione specialistica, attraverso la partecipazione a molti corsi e seminari, incluso un Master Universitario, il tutoraggio clinico e didattico degli studenti del Corso di Laurea in Infermieristica, la conduzione di Corsi di Formazione per la Rianimazione Cardiopolmonare e Defibrillazione Precoce, e via discorrendo.

Così, una volta arrivato questo “treno”, alla “giovane” età di 44 anni, senza avere neanche una supplenza all’attivo nel mio curriculum, mi guardo allo specchio e mi dico: “Coraggio Giovanni, adesso o mai più!”.

A questo punto, mi butto letteralmente a capofitto sul concorso, ed inizio a studiare assiduamente, tra un turno e l’altro in ospedale, di sera, di notte e nei festivi, divorando i libri e tutto il materiale necessario per la relativa preparazione.

A maggio 2016 affronto e supero quindi la prova scritta bilingue ed accedo così, a marzo 2017, al colloquio orale ed attitudinale, anche questo sostenuto in doppia lingua, per accertare il possesso delle competenze linguistiche in inglese (quale requisito richiesto per l’ottenimento dell’abilitazione all’insegnamento della lingua straniera nella Scuola Primaria) superando tuttavia anche questo step.

Ad agosto 2018, vengo pertanto convocato dall’USR per effettuare dapprima la scelta dell’ambito scolastico e, successivamente, mi sono quindi recato presso l’USP di competenza territoriale, per espletare la scelta della mia sede operativa.

In data 01/09/2018 ho dunque effettuato la mia presa di servizio presso l’Istituto Comprensivo dove ho iniziato – e terminato positivamente – il mio anno di formazione e prova, consentendomi ciò di poter così finalmente ottenere l’immissione in ruolo.

Il resto è storia dei nostri giorni.

Oggi aiuto le nuove generazioni di bambini a crescere e formarsi per diventare i cittadini attivi di domani, protagonisti del loro futuro, cercando di trasmettere ad esse – attraverso il nostro duplice ruolo di insegnante ed educatore – quei principi e valori di socialità e convivenza civile, che devono procedere parallelamente con le competenze curricolari e didattiche degli alunni stessi.

Ed ogni giorno, quando faccio ritorno a casa dal lavoro, con lo scrupolo, la consapevolezza e il senso di responsabilità di chi ha nelle mani il difficile compito di aiutare a crescere ed educare nel modo migliore le nuove generazioni, mi interrogo ponendomi sempre le stesse domande:

“Come ho svolto il mio mandato quotidiano?”, “Ho fatto tutto ciò che era nelle mie possibilità?”, “C’è qualcosa che avrei potuto fare di più e meglio?”, “Ho sbagliato in qualcosa?”.

Soprattutto, ripeto continuamente il mantra “rimanere allievo è il segreto di ogni maestro” (Cit.), che accompagna costantemente questa mia nuova missione professionale, affinché esso possa condizionare positivamente il mio operato quotidiano.

Vorrei concludere questa storia dicendo – a chi pensa che non si possa compiere un passo in qualcosa in cui si crede, perché non si ha più l’età per poterlo fare – di avere coraggio e osare, perché i sogni a volte si avverano e prendono vita e perché… non è mai troppo tardi!

Giovanni Labate, Insegnante ed Infermiere

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