Infermiera impegnata nei reparti covid19 racconta le proprie emozioni: quanto è dura questa battaglia che ci ha allontanato dai nostri cari?
Sono un’infermiera in balia delle mie emozioni, un’eroina da prima fila in trincea. Sono una donna, una madre, una figlia, una nuora, ma prima di tutto sono un essere umano e sono stanca.
Mi manca la mia vita, mi manca rivedere la mia famiglia, accarezzare il viso di mio figlio, mi manca l’abbraccio di mia madre, mi mancano le discussioni con mio padre, i pranzi con i suoceri.
Non li possiamo vedere per proteggerli, ma non sappiamo neanche come stanno veramente. Le videochiamate non mancano, ma i pochi silenzi sono assordanti, le raccomandazioni costanti. Mi chiedono come sto, come va la situazione e con un sorriso quasi forzato gli dico che va bene, che tutto è sotto controllo, ma non è così.
Siamo infermieri, sul viso i segni, sul cuore le cicatrici, nell’animo l’entusiasmo e la passione, ma nel corpo la stanchezza e nella mente lo sconforto. Le mani tremanti dalla paura, ma il cuore pieno di coraggio e fiducia. Negli occhi le lacrime occultate e nelle labbra le parole non dette.
Siamo infermieri, in prima linea, come soldati, contro un nemico comune, invisibile e sconosciuto. Un nemico che ci ha uniti, ma che ci sta piano piano divorando, togliendo le nostre certezze. Ma non riuscirà a toglierci la nostra determinazione!
I turni infiniti, i secondi che sembrano ore. Le giornate interminabili in ospedale.
A fine turno ci togliamo la casacca ma non la paura, non tanto per noi stessi, ma per i nostri familiari. Aiutiamo gli altri, i nostri pazienti, perfetti sconosciuti, ma non possiamo aiutare i nostri cari da questo nemico invisibile che si chiama coronavirus.