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De Palma (Nursing Up): «Chiude un modulo Covid della Fiera di Milano ma i “grazie eroi” del Governatore Fontana li rispediamo al mittente».

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«Le Regioni abbiano il coraggio di assumere finalmente il personale che manca in quei reparti letteralmente svuotati, uno dopo l’altro, per coprire le carenze di personale delle terapie intensive. Nella Lombardia, “Gigante dai Piedi d’Argilla”, mancano all’appello circa 9mila infermieri (indagine FNOPI). I dati elaborati dalla nostra Organizzazione Sindacale ci danno tuttavia motivo di sostenere che con il peso dei ricoveri di massa, nei momenti topici dell’emergenza le esigenze abbiano potuto toccare quasi il doppio delle carenze precedenti: eppure la politica non ha ancor risposto con atti concreti, definitivi e risolutivi».

Condividiamo a pieno lo spirito di ritrovata serenità, per non dire di gioia, di quei 19 infermieri di uno dei reparti di terapia intensiva della Fiera di Milano che dopo mesi in prima linea a combattere contro il mostro, vedono chiudersi il modulo dove hanno fino ad ora lavorato senza risparmiarsi mai, dal momento che si stanno gradualmente riducendo i ricoveri.

Possiamo comprendere come si sentono: le cicatrici, il dolore, rimarranno per sempre, ma le esperienze vissute serviranno ad acquisire la consapevolezza e la forza del loro ruolo, pronti ad affrontare nuove battaglie con il medesimo spirito di abnegazione, anche a costo della vita come è già accaduto. Tuttavia non possiamo dimenticare, e siamo convinti che nessuno di questi 19 infermieri lo farà, la disorganizzazione, i turni massacranti, le carenze dei dispositivi di protezione. Tutto resterà fortemente impresso nella nostra memoria.

Non possiamo dimenticare le nostre denunce nel complesso territorio lombardo, dove per sopperire alla necessità di infermieri nell’area covid della Fiera, sono stati svuotati interi reparti negli ospedali del centro di Milano, che a loro volta andavano a recuperare personale da quelli dell’Hinterland. Se non fosse per la tragicità del periodo, sembrava di essere mossi come pedine da gioco. Il dramma vero è che qualcuno forse ancora oggi non ha compreso che la vita dei malati, quella degli infermieri, non sono affatto un gioco.

E mentre la Lombardia, il “Gigante dai piedi d’Argilla”, barcollava come non mai, tra la prima e la seconda ondata, con la sindrome della coperta troppo corta, perché non aveva provveduto ad assumere per tempo il personale necessario, i nostri infermieri combattevano, contro un virus tra i più virulenti che mai. In Lombardia di base mancano all’appello 9mila infermieri.

I dati elaborati dalla nostra Organizzazione Sindacale ci danno tuttavia motivo di sostenere che con il peso dei ricoveri di massa nei momenti topici dell’emergenza e con i colleghi andati in pensione con quota 100 e quelli attraverso opzione donna ed altri canali ordinari, le carenze siano arrivate a toccare fino a punte di quasi il doppio, eppure la politica non ha ancora risposto con atti concreti, definitivi, risolutivi, e soprattutto volti alla definitiva stabilizzazione di quei posti letto nelle terapie intensive che se fossero stati operativi ad inizio pandemia, forse avrebbero potuto salvare migliaia e migliaia di persone in più.

E poi attenzione a chiudere definitivamente i posti letto di terapia intensiva creati “finalmente” negli ospedali ordinari durante il periodo di emergenza Covid. Non dimentichiamo che, a parere di numerosi esperti della materia essi rappresentavano una criticità “pre esistente” rispetto alla pandemia, in poche parole una esigenza strutturale che, per come la vediamo anche noi dall’interno, dovrebbe suggerire alla nostra politica di mantenere a regime tale preziosa tipologia di posti letto, evitando tagli ed analoghi e pericolosi errori del passato.

Perciò al Presidente della Lombardia Attilio Fontana, che ha speso fiumi di parole per elogiare gli infermieri milanesi, noi diciamo basta così, grazie. Lo diciamo a lui, ma anche a quei Governatori regionali che nei momenti difficili, quando in Italia si ammalavano 350 infermieri al giorno, non hanno mai avuto il coraggio di mettere piede nell’area Covid di un ospedale, nonostante i nostri accorati appelli. Insomma è arrivato il tempo di dire basta agli applausi “del giorno dopo”, agli elogi e ai grazie. Non ci servono, non servono a noi che abbiamo dato tutto e non servono ai cittadini, che ne hanno subite troppe.

Alla politica noi infermieri adesso chiediamo come non mai quel coraggio che fin qui è palesemente mancato all’appello. Il coraggio di assumere in modo omogeneo, costante e capillare, il coraggio di contribuire a ricostruire le fondamenta della sanità italiana. Gli infermieri la loro parte hanno già cominciato a farla e da molto tempo anche…

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