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OSS in pensione grazie al riconoscimento del lavoro “gravoso”.

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Pensioni e pensionamenti: anche il lavoro degli Operatori Socio Sanitari (OSS) può essere ritenuto «gravoso».

Di conseguenza è possibile accedere all’ape sociale e/o alla pensione anticipata con 41 anni di contributi. Il Tribunale di Ferrara ha accolto il ricorso di un’operatrice socio sanitaria a cui era stato negato l’accesso alla pensione anticipata da parte dell’INPS. Anche l’attività di OSS rientra tra quelle previste dalla legge n. 232 del 2016, trattandosi di «addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza».

Anche l’attività di operatore socio sanitario (OSS) rientra tra i lavori gravosi. Pertanto, in presenza dei relativi requisiti, dà diritto all’ape sociale e/o alla pensione anticipata con 41 anni di contributi. Lo ha stabilito il Tribunale di Ferrara, sezione Lavoro, con la sentenza del 2 febbraio 2021, accogliendo il ricorso di una lavoratrice che si era vista respingere la domanda da parte dell’INPS.

La Questione.

Secondo la difesa della ricorrente la legge n. 232/2016 definisce, tra l’altro, gravosa l’attività degli «addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza», facendo riferimento ad una nozione più ampia rispetto a quella individuata ai sensi del Decreto del Ministero del Lavoro del 5 febbraio 2018 (GU. n. 47 del 26 febbraio 2018).

In tale sede, infatti, è stato indicato come identificativo di tali professioni esclusivamente il codice Istat 5.4.4.3 che corrisponde alla figura dell’Operatore Socio Assistenziale (c.d. OSA), e non anche il codice Istat 5.3.1.1. corrispondente alla mansione di Operatrice Socio Sanitaria (c.d. OSS), pur essendo tali mansioni perfettamente corrispondenti alla definizione di lavoro gravoso ed anzi ancor più usuranti, posto che mentre l’OSS può svolgere tutte le mansioni proprie dell’OSA non è vero il contrario, dal momento che solo la OSS oltre all’assistenza socio – assistenziale può prestare assistenza anche a livello sanitario, limitatamente alle proprie competenze.

La ricorrente, pertanto, contestava la legittimità della normativa secondaria, in sospetto contrasto con la fonte primaria.

L’attività lavorativa come OSS rientra tra i lavori gravosi.

Il Tribunale emiliano richiama al riguardo un suo precedente orientamento (sentenza n. 132 del 20 settembre 2019) in cui era stato osservato che il profilo «C2) Operatore Socio Sanitario effettivamente operante in servizi e strutture sociosanitarie» è stato istituito recentemente con il Contratto Cooperative Sociali dal 1° gennaio 2009 senza, tuttavia, che lo stesso CCNL avesse mai offerto una sicura distinzione rispetto all’operatore socio assistenziale di base: «C1) (ex 4° livello) Operaia/o specializzata/o, cuoca/o, autista con patente D/K, autista soccorritrice/ore, autista accompagnatrice/ore, impiegata/o d’ordine, animatrice/ore senza titolo, assistente domiciliare e dei servizi tutelari operatrice/ore socio-assistenziale addetta/o all’assistenza di base o altrimenti definita/o formata/o, operatrice/ore tecnico dell’assistenza, istruttrice/ore di attività manuali ed espressive, istruttrice/ore di nuoto, guida».

In tale decisione era stato precisato che l’indicazione dello svolgimento della prestazione lavorativa all’interno di servizi e strutture sanitarie non può certo essere l’unico elemento qualificante il profilo C2, atteso che anche nel profilo C1, oltre alla figura dell’«assistente domiciliare», è indicata la figura professionale dell’«operatore socio assistenziale addetto all’assistenza» ([…]).

E’ rilevante, invece, l’Accordo Stato – Regioni del 2001, in quanto individua gli elementi che distinguono la figura professionale di OSS e conferiscono a questa categoria competenze professionali superiori a all’operatore socio-assistenziale addetto all’assistenza di base. In buona sostanza l’OSS in aggiunta alle competenze del profilo di cui alla categoria C1, possiede anche competenze tecniche di tipo sanitario, e svolge le mansioni appena descritte.

Di conseguenza, spiegano i giudici, la figura dell’OSA è inferiore rispetto alla figura dell’OSS e, pertanto, se alla prima sono riconosciuti i benefici previdenziali di cui alla legge n. 236/2016 a maggior ragione essi spettano anche agli OSS.

Ciò anche in considerazione del fatto che, la legge n. 232/2016 si riferisce genericamente «agli addetti all’assistenza personale di persone non autosufficienti, sicché la portata della norma non può essere ristretta inspiegabilmente ed illogicamente, con atto di normazione secondaria, alla sola categoria delle OSA».
Peraltro la normativa di dettaglio contenuta nel decreto ministeriale, fa riferimento non solo alle attività socio assistenziali, ma anche, espressamente, a quelle di ausilio alla cura (“Le professioni comprese […] aiutano […] a curarsi”), sicché vengono in rilievo proprio le attività di supporto sanitario e terapeutico tipiche delle OSS a prescindere dal codice ISTAT ivi indicato.

OSS: Ok alla pensione con 41 anni di contributi.

In definitiva secondo il Tribunale anche gli OSS vanno inclusi nell’alveo dei lavori gravosi con diritto, pertanto, al ricorrere delle altre condizioni di legge ad accedere all’ape sociale e/o al beneficio della pensione anticipata con 41 anni di contributi (in presenza di lavoro precoce).

Angelina Tortora PensioneOggi.it

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