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ASST Sette Laghi smentisce le affermazioni del Presidente di Nursing Up.

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L’ASST Sette Laghi Varese risponde smentendo le dichiarazioni di Antonio De Palma, Presidente del Nursing Up: “Nessuna sostituzione di infermieri con OSS, piuttosto massima valorizzazione del ruolo degli infermieri”.

Skill mix change, tutt’altro che un problema, piuttosto la reazione strategica e responsabile ad un problema, quello noto e diffuso ben oltre i confini nazionali della carenza di infermieri, che nasce dalla consapevolezza della rilevanza del loro ruolo e della necessità di valorizzare le loro competenze specifiche e insostituibili.

ASST Sette Laghi

che è anche Polo universitario e che collabora con l’università dell’Insubria nell’iter formativo degli infermieri, di cui quindi conosce bene la validità professionale, ha attivato ogni canale disponibile per assumere nuovi infermieri.

Quest’anno però

non si è riusciti a coprire il turnover: a fronte degli infermieri assunti, 55, con quattro bandi di concorso uno dietro l’altro, due a tempo indeterminato e due a tempo determinato, ne restano 140 da assumere per sopperire alle necessità dell’azienda.

Un numero

è opportuno precisare, che tiene conto anche dell’importante sviluppo in corso di quello che tecnicamente si chiama Polo Territoriale e che, in parole comuni, significa attivazione delle Case della comunità, degli Ospedali di comunità e potenziamento del servizio degli Infermieri di famiglia.

Anche quanto queste attività

previste dal PNRR e dalla riforma sociosanitaria Lombarda, siano preziose, ASST Sette Laghi sa bene: siamo stati tra i primi a darvi avvio e abbiamo raccolto tantissimi apprezzamenti da parte dei cittadini che hanno sperimentato questi nuovi servizi, a partire proprio dagli Infermieri di famiglia e Comunità.

La carenza di infermieri

pur rappresentando una premessa innegabile per ogni decisione organizzativa e per ogni analisi del sistema sanitario nazionale, non deve però rappresentare una giustificazione per le direzioni delle aziende sanitarie all’accettazione passiva, a rinunciare ad offrire servizi preziosi nell’interesse dei pazienti.

Ed è a questo punto che

entra in gioco un principio che si può, anzi si dovrebbe, applicare ad ogni situazione in cui si rilevi una penuria di professionisti.

Lo skill mix change parte dall’analisi del ruolo, in questo caso degli infermieri, distinguendo le funzioni specifiche, correlate alla loro formazione e competenza, da quelle ancillari, ovvero necessarie allo svolgimento del compito associato al loro ruolo ma che non esprimono una competenza professionale di loro esclusivo appannaggio.

Quest’ultime sono le funzioni

che spesso un professionista considera fonti di rallentamento rispetto al suo specifico ruolo professionale, ma che pure vanno svolte.

Lo skill mix change ridistribuisce queste funzioni su altri professionisti, in questo caso gli OSS, assunti in un numero maggiore di 32 unità di quello previsto, ma sempre al di sotto dalla dotazione organica complessiva del comparto, consentendo alla figura professionale di cui c’è carenza, l’infermiere, di concentrarsi sulla propria funzione specifica, quella che rappresenta il cuore della sua attività, il patrimonio più prezioso da preservare, valorizzandolo rispetto a ciò che è invece complementare.

Parallelamente

si offre un’occasione di crescita anche per gli OSS, con un ulteriore effetto positivo. In altre parole, se gli infermieri sono pochi, è dovere (e potere) di un’Azienda sanitaria, da un lato, fare ogni sforzo per assumerne di nuovi, dall’altro valorizzare al massimo quelli in servizio, offrendo loro il supporto necessario per concentrarsi il più possibile su quella che è l’essenza del loro ruolo.

Quanto alle condizioni di lavoro

le aziende fanno il massimo che possono al livello di contrattazione integrativa, ma la struttura contrattuale esula dalle loro competenze e attiene alla contrattazione nazionale.

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