La Sanità Italiana, tra normative ben strutturate e un’assistenza poco declinata
L’articolo 32 della Costituzione italiana tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività, garantendo cure gratuite agli indigenti. Stabilisce inoltre che nessun trattamento sanitario può essere obbligatorio se non per legge e che questa legge non può in alcun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Tale articolo rappresenta un pilastro fondamentale del sistema sanitario italiano, sancendo il diritto alla salute come un diritto umano universale e impegnando lo Stato a garantire le condizioni necessarie per il suo effettivo godimento. Articolo che è stato ripreso dalla Legge Istitutiva del SSN del 1978, la n. 833, in cui si sintetizzava l’universalità, l’uguaglianza e l’equità.
A partire dagli anni ’90, si sono susseguite diverse normative che, tuttavia, si sono progressivamente distanziate dai principi di universalità, uguaglianza ed equità. In particolare, con la legge 502/92 vennero istituite le aziende sanitarie in sostituzione delle USL. Successivamente, nel 2001, con la riforma del Titolo V della Costituzione, all’articolo 117 furono ridefinite le competenze tra Stato e Regioni in materia sanitaria. Di fatto, il sistema sanitario nazionale si articola in venti differenti modelli regionali che nel tempo hanno determinato un crescente divario tra Nord e Sud del Paese. Tale situazione ha condotto al commissariamento di numerose regioni; alcune di queste risultano ancora oggi sottoposte a tale regime straordinario.
Storicamente, una delle competenze riconosciute ai vecchi politici italiani era la capacità di redigere le leggi; tuttavia, negli anni a seguire, si registrava in maniera significativa una forte discrepanza tra quanto normato e la realtà effettiva. Ciò era dovuto a caratteristiche culturali e territoriali che influenzavano i poteri delle istituzioni con l’obiettivo di orientare la programmazione politica e le nomine, caratteristiche che pian piano si sono diffuse ovunque fino a penetrare nel cuore della democrazia e influenzare addirittura il governo centrale condizionando le decisioni in funzione di interessi particolari anziché dell’interesse generale della collettività. Tale dinamica si è consolidata nel tempo fino a compromettere la stessa Costituzione, al punto che un diritto sancito dalla medesima viene oggi affidato alla garanzia regionale anziché statale, nonostante lo Stato rappresenti il principale garante di tale diritto costituzionale.
Attualmente ci troviamo in una fase storica di crescente complessità, caratterizzata da una percezione distorta della realtà: da un lato si racconta che tutto procede bene, mentre dall’altro la gente ha crescenti difficoltà non solo riguardo alla salute, ma anche al diritto di sopravvivere, e c’è un quotidiano calpestio della dignità di ogni persona umana. Chi si occupa della gestione amministrativa osserva la situazione con ottimismo, coloro che operano in prima linea – medici, infermieri e operatori socio-sanitari – unitamente ai primari e ai caposala, hanno una visione differente: siamo infatti vicini al punto critico per il sistema sanitario pubblico. Di fronte a questa situazione è indispensabile adottare un atteggiamento di umiltà e sensibilità nell’interpretare i fatti, evitando presunzione o arroganza nel negare una realtà che viene periodicamente documentata dalla Fondazione Gimbe e da altre associazioni specializzate nell’analisi del settore sanitario pubblico.
Per prevenire ulteriori vittime causate da molteplici fattori quali ritardi nei soccorsi, carenza di assistenza, liste d’attesa eccessivamente prolungate, nonché il costante fenomeno di emigrazione verso il settore privato e altre regioni, oltre alla crescente insufficienza di personale medico, infermieristico e OSS, è fondamentale valutare con estrema attenzione e responsabilità le effettive esigenze del territorio.
È essenziale concentrare le risorse umane per garantire un servizio operativo sette giorni su sette, dalle ore 8 alle 20, piuttosto che frammentare l’offerta in numerose strutture di piccole dimensioni che generano soltanto nicchie locali, evitando così uno spreco di fondi che potrebbero invece essere destinati all’acquisto di attrezzature specializzate.
Inoltre, occorre evitare la realizzazione all’interno dello stesso distretto di più strutture analoghe che comporterebbero duplicazioni destinate a restare inutilizzate, trasformandosi in depositi o soggette a vandalismo oppure rifugio per persone senza fissa dimora. È preferibile sviluppare una rete di ambulanze attrezzate al fine di assicurare una copertura capillare del territorio, almeno per quanto riguarda la telemedicina con elettrocardiografi. In tal modo ogni operatore sanitario potrà avvalersene in caso di emergenza e trasmettere gli esami per la refertazione, evitando così numerosi interventi non necessari da parte delle unità PET territoriali.
Gli errori commessi in passato, da tempo oggetto di analisi sia tra gli operatori del settore sia a livello politico, meritano una riflessione seria e costruttiva. Tuttavia, invece di assumersi responsabilità, la politica tende spesso ad alimentare ulteriori polemiche coinvolgendo diverse fazioni senza approfondire le reali problematiche. È fondamentale comprendere che questo non è il momento né il contesto per sterili discussioni, ma piuttosto per adottare un atteggiamento responsabile volto a evitare un ulteriore peggioramento della situazione, ponendo la massima attenzione prima di ogni decisione.
La tutela della salute rappresenta un elemento indispensabile anche per la salvaguardia dell’occupazione: un lavoratore in buona salute garantisce produttività, altrimenti ciò risulta impossibile. È prioritario avviare una riforma del sistema sanitario che assicuri il diritto alle cure, con particolare attenzione al personale sanitario, risorsa essenziale per l’efficace erogazione dei servizi assistenziali.
È necessario riconoscere e valorizzare pienamente la dignità professionale e contrattuale di chi opera quotidianamente in questo ambito, spesso caratterizzato da elevati livelli di stress e tensioni lavorative. Il personale deve poter operare in un ambiente sereno e sicuro, privo di conflitti o episodi di violenza. Solo garantendo tali condizioni sarà possibile aumentare l’attrattività delle professioni sanitarie; diversamente si dovrà inevitabilmente ricorrere all’importazione di figure professionali dall’estero, affrontando le difficoltà correlate non solo agli aspetti comunicativi ma anche a quelli organizzativi.
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