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18 Nov 2025, Mar

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Da mesi, gli infermieri e gli operatori socio-sanitari dell’Ospedale Maggiore di Bologna vivono notti di terrore nei reparti di Medicina e Geriatria. Sono corridoi dove la vita sembra sospesa, spesso definiti l’anticamera della morte, e dove il peso del lavoro si fa sentire più che mai. Tra turni massacranti e un burnout silenzioso, qualcosa di oscuro si aggira tra le stanze.

Le voci si fanno sentire soprattutto dopo mezzanotte: sussurri indistinti, passi leggeri che non trovano spiegazione, e quella presenza che nessuno osa nominare apertamente. È il fantasma di una bambina, si dice, che vaga alla ricerca della sua mamma, morta giovane, stroncata da un tumore a soli 32 anni.

Molti raccontano di averla vista, una figura evanescente che attraversa i corridoi con occhi pieni di tristezza e speranza. Altri sentono il suo pianto sommesso, un lamento che si mescola al respiro affannoso dei pazienti più fragili. Nessuno sa cosa voglia, ma tutti sentono il peso del suo dolore.

Una notte, durante un turno particolarmente difficile, l’infermiera Laura decise di seguire quel suono. Attraversò il reparto di Geriatria, seguendo il pianto che sembrava chiamarla. Arrivata davanti a una porta chiusa, la trovò socchiusa. Dentro, una stanza vuota, ma sul pavimento un vecchio giocattolo di pezza, consumato dal tempo.

Laura si inginocchiò per raccoglierlo, quando una voce sottile le sussurrò: “Mamma… dove sei?”

Il cuore le saltò in gola. Ma quella voce non era solo un’eco del passato: era un richiamo, un bisogno di chiudere un cerchio ancora aperto.

Il giorno dopo, Laura raccontò tutto ai colleghi. Fu allora che emerse una verità sconvolgente: la mamma della bambina, un’infermiera dell’ospedale, era morta proprio in quel reparto anni prima, senza che la figlia fosse mai stata trovata o riconosciuta. Nessuno aveva mai saputo che la piccola era stata affidata a una famiglia lontana, e il suo spirito, perso e solo, cercava ancora la madre.

La direzione dell’ospedale, toccata da quella storia, decise di dedicare una stanza della Medicina a quella giovane infermiera e a sua figlia, trasformando quel luogo di dolore in uno spazio di memoria e speranza. Da allora, le presenze si fecero più rare, e nei corridoi tornò a regnare una calma quasi irreale.

La notte del saluto.

Qualche mese dopo, mentre Laura chiudeva il turno, sentì un sussurro appena percettibile provenire dalla stanza dedicata. La porta era socchiusa, e dentro una luce soffusa illuminava il giocattolo di pezza sul letto.

Improvvisamente, la figura della bambina apparve davanti a lei, trasparente ma nitida. Non più triste, ma con un sorriso dolce e sereno.

“Grazie,” disse la voce, chiara e piena di pace. “Ora posso andare.”

Laura sentì una calma profonda invaderle l’anima. La bambina svanì lentamente, come una nuvola di luce che si dissolve nell’aria.

Il giorno dopo, Laura raccontò l’accaduto ai colleghi. Tutti percepirono che quel messaggio era un segno: il fantasma aveva finalmente trovato la sua pace.

Da allora, nessuno più sentì voci o rumori strani in Medicina e Geriatria. I reparti, pur restando luoghi di sofferenza e fatica, sembravano protetti da una presenza benevola.

Il messaggio finale.

Qualche mese dopo, Laura ricevette una lettera anonima. Dentro, una fotografia in bianco e nero: ritraeva una giovane infermiera con una bambina in braccio, proprio come quella della storia.

Sul retro, una scritta a mano:
“Non tutte le presenze sono fantasmi. A volte, sono ricordi che chiedono solo di essere ascoltati.”

Laura capì allora che il vero fantasma non era solo quello della bambina, ma anche il dolore nascosto di chi lavora in quei reparti, spesso dimenticato. E che, forse, il primo passo per guarire era proprio quello di raccontare, condividere e non chiudersi nel silenzio.

Questa storia mette in luce non solo il mistero e il soprannaturale, ma anche la realtà umana e professionale di chi ogni giorno affronta il dolore e la fatica in ospedale. Un invito a riconoscere il valore della memoria, della cura e dell’ascolto, dentro e fuori dalle mura ospedaliere.

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