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Assistenza Infermeiristica a paziente con HIV. Tutto in una tesi di laurea.

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Presentiamo in questo spazio la tesi della neo-collega Infermiera Michela Tedesco, laureatasi presso l’Università degli Studi di Firenze con uno “Studio descrittivo sull’aderenza alla terapia nei pazienti con HIV presso l’ambulatorio di malattie infettive“.

Il lavoro di ricerca è stato relato dalla docente Anna Di Costanzo. Abbiamo intervista Michela chiedendole di rispondere ad alcune precise domande attraverso cui intraprendere un viaggio conoscitivo attraverso la sua opera.

Prima però presentiamo nell’ambito della rubrica “La mia tesi in Infermieristica” il suo studio attraverso la pubblicazione di un breve abstract.

Razionale dello Studio

Il seguente lavoro di tesi analizza l’aderenza alla terapia antiretrovirale nei pazienti affetti da HIV e le varie problematiche legate ad essa. In particolare, l’obiettivo di questo studio è quello di individuare i motivi per cui i pazienti affetti da HIV non aderiscono alla terapia antiretrovirale e le strategie da utilizzare al fine di migliorare l’aderenza dei pazienti alla terapia. Vuole, perciò, costituire il punto di partenza per progettare e attuare gli specifici interventi educativi utili a portare il paziente verso un migliore e costante livello di aderenza alla terapia antiretrovirale nel tempo.

Materiali e Metodi

Il tipo di lavoro messo in atto è uno studio descrittivo. È stata effettuata una ricerca bibliografica attraverso la consultazione di alcune banche dati e libri presenti presso la Biblioteca Biomedica di Firenze. La durata del campionamento è stata di due mesi (25/01-25/03) e la raccolta dati si è svolta tramite la somministrazione di un questionario validato (composto da 7 domande a risposta multipla e 2 a risposta aperta) somministrato solo a coloro che hanno acconsentito a partecipare allo studio.

Analisi e discussione dei Principali Risultati di Interesse Infermieristico

Il campione indagato presenta una diagnosi di HIV, rientra in una fascia di età variabile dai 18 ai 70 anni circa ed è composto da 40 uomini e 20 donne. Sono stati indagati l’arco di tempo di assunzione della terapia antiretrovirale a cui sono sottoposti (variabile da pochi mesi a parecchi anni) e la frequenza giornaliera di assunzione, ed è emerso che all’aumentare della durata della terapia nel tempo il paziente sospende con più frequenza la sua terapia in maniera autonoma. Tra i motivi che porterebbero maggiormente i pazienti a smettere di assumerla sono emersi l’esaurimento della scorta, gli effetti collaterali del farmaco, un viaggio con gli amici durante il quale non avrebbero voluto far sapere della malattia, la dimenticanza/negligenza e infine lo scetticismo riguardo l’efficacia del farmaco. Questo studio ha anche approfondito le principali motivazioni di interruzione della terapia antiretrovirale, distinguendo tra i motivi ritenuti dai pazienti molto importanti (ad esempio il fatto di dover essere visti da altri mentre assumono la terapia, o di provare alcuni effetti collaterali/sintomi, o di non credere nell’efficacia della terapia, o di ricordare la malattia) e quelli ritenuti non determinanti (ad esempio il fatto di essere troppo impegnati nelle attività quotidiane, o dover assumere farmaci di sapore sgradevole).

Conclusioni

Dallo studio sono emerse le motivazioni della non aderenza dei pazienti affetti da HIV alla terapia farmacologica somministrata. I fattori psicologici (timore di emarginazione, vergogna, ecc.) costituiscono, ancora oggi, per numerosi pazienti un potente disincentivo all’aderenza. Il ruolo del personale infermieristico si rivela perciò fondamentale come supporto e punto di riferimento nei momenti di debolezza fisica/ psicologica, confusione e disagio del paziente.

L’intervista a Michela Tedesco Puoi parlarci dell’argomento centrale della tua tesi?

Il mio lavoro di tesi analizza la possibile correlazione che intercorre tra l’aderenza alla terapia antiretrovirale nei pazienti affetti da HIV e le varie problematiche legate ad essa.

Nello specifico, vengono trattati gli aspetti e le varie problematiche correlati all’infezione da HIV, indagando le motivazioni esterne in grado di influenzare l’aderenza o meno dei pazienti alla terapia farmacologica somministrata loro, con l’intento di poter successivamente valutare eventuali interventi di miglioramento.

Quali sono le ragioni che ti hanno portato a scegliere di svolgere un lavoro di ricerca su questo argomento?

Ho scelto di trattare questo argomento poiché, ancora oggi , è un tema molto attuale e di difficile risoluzione. E’ importante che il paziente aderisca alla terapia antiretrovirale, poichè la non-aderenza farmacologica non solo ha l’effetto di non portare ad un miglioramento delle condizioni di salute, ma in diversi casi di renderle ulteriormente deteriorate e precarie, cosa che comporta costi importanti perché sottrae anni di vita produttiva.

Come è stata effettuata la ricerca?

Per la ricerca bibliografica iniziale sono state utilizzate parole chiave sulle banche dati PUBMed, CINHAL, MEDLINE utilizzando gli operatori Boleani quali AND OR tra cui: “Medication Adherence” OR “Patient Compliance HIV”, “Antiretroviral therapy”, “Nursing HIV” e sono stati selezionati gli articoli più pertinenti al mio lavoro di tesi.

Inoltre, sono stati consultati anche alcuni libri presenti presso la Biblioteca Biomedica di Firenze e, successivamente alla revisione di letteratura, è stato creato un protocollo d’intervista, coerente con i quesiti di ricerca. Infatti è stato somministrato ai pazienti un questionario anonimo disegnato sulla traccia di un documento analogo messo a punto per uno Studio Osservazionale atto a verificare nella pratica clinica quotidiana i benefici del counselling in termini di aderenza e compliance del paziente, validato e composto da 9 domande (7 a risposta multipla e 2 a risposta aperta).

Come pensi che l’infermiere possa prendersi cura di una persona affetta da una patologia quale l’HIV?

Alla luce del mio studio, è emerso che diventa rilevante la figura del personale infermieristico che, a contatto diretto col paziente, deve essere non solo in grado di fornire un supporto durante la fase di somministrazione del farmaco, ma deve anche rappresentare un punto di riferimento nei momenti di debolezza fisica/psicologica, confusione e disagio che ne conseguiranno. Inoltre, l’infermiere deve fornire un sostegno psicologico anche alla famiglia, coinvolgendola nell’intervento di strategia terapeutica, deve motivare il paziente all’assunzione farmacologia rendendo chiari gli obiettivi del trattamento e le conseguenze di una scarsa aderenza, deve organizzare le assunzioni in base allo stile di vita di ogni singolo paziente facendo un piano personalizzato e, infine, promuovere l’automonitoraggio dell’aderenza e discutere degli eventuali episodi di non-aderenza.

Quale impatto può avere sulla sfera psichica e della vita quotidiana questa malattia?

La presa di coscienza dell’infezione da HIV ha un impatto emotivo molto forte, come poche altre patologie note riescono a produrre. Infatti, l’idea di doversi sottoporre ad una terapia farmacologica, a volte complessa, per tutta la vita può generare nel paziente momenti di sconforto e di ansia rispetto sia all’assunzione del farmaco sia alla decisione dell’infettivologo che reputa necessario, in quel determinato momento, iniziare la terapia. Oltre a questo aspetto, si aggiunge il contributo dello stigma sociale che a questi pazienti viene ancora oggi imposto nelle collettività in cui vivono, che li costringe a nascondere la propria condizione per la paura di essere respinti dal tessuto sociale, con possibili conseguenze importanti come la perdita del proprio posto di lavoro, e altre forme di discriminazione e/o isolamento. Alcuni intervistati hanno affermato di aver sospesa la terapia a causa di un viaggio con gli amici durante il quale non avrebbero voluto far sapere loro della malattia. Questo ci porta a pensare che le motivazioni

psicologiche (timore di emarginazione, vergogna, mancanza di fiducia nella terapia ecc.) costituiscono, ancora oggi, per numerosi pazienti un potente disincentivo all’aderenza alla terapia antiretrovirale, capace di surclassare il rispetto e l’amore verso sé stessi e la propria salute.

C’è qualcosa che ti ha colpito in particolare di questa esperienza?

Nella mia esperienza di tirocinio di due mesi nel reparto di Malattie Infettive, ho potuto riscontrare che i pazienti in terapia antiretrovirale si mostravano spesso sofferenti ed increduli nei confronti della malattia, facevano fatica ad accettarla e cercavano nella mia figura professionale uno sfogo ed un supporto psicologico. Molti di essi, giovani e meno giovani, mi confidavano dubbi, paure, insicurezze nei confronti del futuro che li attendeva e si mostravano spesso sfiduciati.

Dott.ssa Annalisa Pazienza
Dott.ssa Annalisa Pazienzahttp://www.assocarenews.it
Annalisa Pazienza è una giovane Infermiere con la passione per lo studio, la ricerca e la scrittura. Lavora presso l'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (FG). Si occupa in prima linea della lotta al Covid-19. E' una degli storici fondatori di AssoCare.it e del quotidiano della salute AssoCareNews.it. E' autrice dell'e-book L’Infermiere in Terapia Intensiva e le sue competenze.
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