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ANDU. Docenti universitari chiedono abolizione numero chiuso a Medicina, Infermieristica, Ostetricia e Professioni Sanitarie.

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L’associazione Nazionale Docenti Universitari (ANDU) chiede l’abolizione del numero chiuso a Medicina e Chirurgia, Odontoiatria, Infermieristica, Ostetricia, Veterinaria, Fisioterapia e Professioni Sanitarie. Impariamo da Madrid, meglio il sorteggio.

L’ANDU, ovvero l’Associazione Nazionale Docenti Universitari, chiede apertamente ai Ministri della Salute e dell’Università l’abolizione del numero chiuso per i Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia, Odontoiatria, Fisioterapia, Infermieristica, Infermieristica Pediatrica, Ostetricia, Professioni Sanitarie e Veterinaria: “basta con la lotteria dei test di preselezione”. La denuncia di una Studentessa.

Modificare o abolire il numero chiuso? Le dichiarazioni dei Ministri dell’Università e della Salute.

  • Anna Maria Bernini. In una intervista su Repubblica del 21 febbraio 2023, la Ministra ha dichiarato che per i nuovi ingressi a Medicina «ipotizziamo un aumento di posti tra il 20% e il 30% rispetto all’anno scorso (da 14740 a tra 17688 e 19162, ndr)». Inoltre si vorrebbe «riformare l’accesso alle discipline sanitarie … vogliamo che le cose cambino già dal prossimo anno». E per definire il fabbisogno di medici per i prossimi 10-15 anni  sta lavorando «il gruppo di lavoro istituito al Mur» che concluderà la sua attività «ad aprile».
  • Orazio Schillaci. Recentemente il Ministro della Salute ha dichiarato: «Oggi siamo impegnati a fronteggiare l’emergenza della carenza di medici, una criticità che deriva da lontano, da una programmazione miope del numero di accessi alla Facoltà di Medicina, che non rispondeva alle reali esigenze del Paese». E ancora: «senza interventi lungimiranti e sistemici, le nostre università continueranno a formare i migliori cervelli che emigreranno verso altri Stati alla ricerca di migliori prospettive economiche e professionali. In dieci anni, dal 2005 al 2015, oltre diecimila medici (10.104) hanno lasciato l’Italia per lavorare all’estero».

La comunque «miope» programmazione degli accessi.

Il Ministro della Salute critica duramente («programmazione miope») chi da oltre dieci anni ha dato i numeri per l’accesso a Medicina.

Il fatto è che è impossibile prevedere il fabbisogno di medici dieci-undici anni prima: evoluzione della medicina, nuove malattie e nuove cure, emigrazione (c.d. “fuga dei cervelli”), abbandoni (interruzioni, cambio di corso di laurea), etc. La pretesa di ‘indovinare’ 10-11 anni prima quali saranno «le reali esigenze del Paese», assieme al mancato adeguamento dell’Università alla richiesta di formazione, ha portato all’attuale drammatica carenza di medici e infermieri.

Nei fatti i numeri degli accessi sono stati ‘inventati’ nel quadro di un progetto di drastica riduzione del Servizio sanitario pubblico e sulla base di interessi corporativi e accademici.

Si spera fortemente che il Gruppo istituito dalla Ministra lavori non per riformare/mantenere il numero chiuso, ma per programmarne il superamento nell’interesse della salute di tutti i cittadini e dei giovani che hanno il diritto di scegliere gli studi da intraprendere, premessa indispensabile per un pieno diritto allo studio.

Per questo si invitano i componenti del Gruppo di lavoro, i Ministri dell’Università e della Salute, l’intero Governo e tutti i Parlamentari a prendere in seria considerazione quanto proposto dall’ANDU già tre anni fa (v. il punto seguente), tenendo anche conto che la stessa ANDU già da prima della sua introduzione (1999) si è continuamente occupata del numero chiuso.

Basta con la costosissima lotteria dei test. Meglio il sorteggio.

Sembra prospettarsi per l’anno prossimo l’ennesima ‘riforma’ dei test per l’accesso a Medicina.

Che i test siano totalmente inattendibili per accertare la ‘propensione’ di un giovane a diventare un buon medico è ampiamente noto e lo dicono ormai in tanti.

La lotteria dei test è servita e servirebbe ancora ‘solo’ a togliere tanto tempo di studio e di vita agli studenti delle superiori, una parte dei quali può permettersi di addestrarsi alla ‘tecnica dei test’ frequentando costosi corsi o anche di ricorrere contro la propria esclusione. Altri, che se lo possono permettere, rimediano all’esclusione iscrivendosi ai primi anni di Medicina in altri Paesi.

Alla lotteria dei test è di gran lunga preferibile il sorteggio tra tutti coloro che chiedono di frequentare Medicina. Una soluzione semplice, immediata, non costosa per i giovani e per l’Università, equa. V. il documento Numero chiuso: di male in peggio. Meglio il sorteggio.

Per la salute dei cittadini e per superare il numero chiuso.

Finalmente ora sono in tanti ad accorgersi della drammatica carenza di medici e infermieri e del più generale dissesto della Sanità pubblica.

Certo sarebbe stato meglio affrontare molto prima queste questioni, dato che da diversi anni esse sono note a tutti.

Già il 17 marzo 2020, quindi ormai tre anni fa, l’ANDU aveva diffuso il documento Abolizione del numero chiuso con il quale si avanzavano precise proposte«per realizzare un servizio sanitario adeguato ai bisogni del Paese e per assicurare ai giovani la possibilità di scegliere cosa studiare».

Le stesse richieste erano state riproposte il 2 aprile 2020 nel documento Università e Sanità. Se non ora, mai.

Cosa occorrerebbe fare subito? 

Per realizzare un servizio sanitario adeguato ai bisogni del Paese e per assicurare ai giovani la possibilità di scegliere cosa studiare, è necessario e urgente il varo di un piano straordinario che preveda:

  1. l’abolizione immediata del numero chiuso per le Scuole di specializzazione, per assicurare un maggior numero di specializzati al Sistema sanitario e per impedire che ancora una volta si lascino senza sbocchi migliaia di laureati. Per questo è necessario coinvolgere formalmente e pienamente anche le strutture ospedaliere non universitarie, come in altri Paesi;
  2. l’accesso per il prossimo anno di almeno 20.000 giovani a Medicina;
  3. un programma per l’abolizione del numero chiuso entro pochi anni (4-5), periodo durante il quale ogni anno si dovrebbe aumentare il numero degli accessi e si dovrebbero adeguare i corsi di laurea per accogliere gli studenti. Occorre per questo stanziare subito i fondi per le necessarie risorse umane e materiali.

Tutto questo nell’ambito di un ribaltamento totale delle logiche che hanno portato al disastro della Sanità pubblica che non solo va liberata dagli sbarramenti che impediscono l’ingresso a Medicina e nelle Scuole di specializzazione (prevedendo maggiore autonomia e responsabilità), ma va anche riorganizzata  assicurando a tutti i medici e a tutti gli infermieri un lavoro stabile (basta precariato!) e sicuro per esprimere al meglio la loro professionalità, con una retribuzione non inferiore a quella degli altri Paesi anche per fermare la fuga dal pubblico verso i privati e l’estero.

Non sono più tollerabili, in particolare, le liste di attesa anche di tanti mesi e il fenomeno pericoloso e costosissimo dei “medici a gettone” e andrebbe anche ripensata l’attività intramoenia.

La salute è un bene primario da garantire a tutti e per questo deve essere realizzato un Sistema sanitario che assicuri una Sanità pubblica nazionale (non più frazionata e differenziata per regioni), qualificata, gratuita e diffusa in tutto il territorio (no ai “viaggi della speranza”).

Una Sanità, quindi, non più sottomessa agli interessi privati esterni e interni e liberata da ogni logica affaristica e corporativa. Una Sanità la cui gestione venga finalmente sottratta totalmente alle scelte spartitorie dei partiti (nomine politiche, lottizzazioni).

«La lezione da Madrid. Salviamo il Servizio Sanitario Nazionale».

Si segnala un interessante articolo di Giulio Gambino su TPI (The Post Internazionale) che inizia: «Domenica 12 febbraio alcune centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza a Madrid per difendere il servizio sanitario pubblico nazionale spagnolo.»

La denuncia di una studentessa. E i docenti?

Si segnala l’intervento della studentessa Emma Ruzzon all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Padova.

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Un intervento ‘politico’ a tutto campo (la ‘mortale’ competitività, il diritto allo studio negato, il dramma del precariato, i diritti civili e sociali, la Costituzione) che è molto difficile riscontrare nell’accademia.

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