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Lesioni Cutanee Difficili: come gestirle correttamente?

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Lesioni Cutanee Difficili: come le gestisce un Infermiere?

Gestire le lesioni difficili è stata una delle conquiste più importanti per gli Infermieri Italiani, che da appena qualche lustro hanno raggiunto livelli di specializzazione altissimi. Pur se autonomi, tuttavia, gli Infermieri devono sempre dotarsi di consulenze e prescrizioni mediche per poter utilizzare presidi medicali avanzati.

Ne parliamo con Nicoletta (il nome è di fantasia), 36 anni, Infermiera in regime di Libera Professione che lavora in un noto Centro Cure Lesioni Difficili in Emilia Romagna. 

Le ferite (o lesioni), se non ben curate, possono condurre ad un peggioramento delle condizioni cliniche del paziente e non raramente alla dipartita terrena dello stesso; e ciò soprattutto se si tratta di assistiti anziani, spesso debilitati e molto fragili.

Cos’è una ferita e come si distinguono le lesioni?

Cosa significa per la scienza il termine “ferita“? Gli esperti parlano di “soluzione di continuità”. In altre parole dell’interruzione dell’integrità tissutale o poli-tissutale.

In base ai tempi di guarigione possono essere divise in due tipi:

  • Ferite acute: chirurgiche o dovute a sinistri;
  • Ferite croniche: lesioni cutanee che non guariscono entro le 8-10 settimane dall’insorgenza.

Il ruolo dell’Infermiere nel Wound Care

Sul ruolo dell’Infermiere nella gestione delle lesioni (Wound Care) è assai importante. L’Infermiere, specializzato o meno nel settore, sa bene che esistono varie tipologie di ferite (prima parlavamo della distinzione tra acute e croniche). Per farci un quadro della situazione oggi in Italia ne abbiamo parlato con con Nicoletta, Infermiera Libero Professionista da diversi anni, che ha speso quasi metà della sua carriera ad occuparsi di lesioni e di ferite non facilmente “riparabili”. Dotata di un Master in Wound Carecollabora attualmente con un noto Centro Cure Lesioni Difficili in Emilia Romagna.

Come si fa a stabilire se una lesione guarirà o meno?

Occorre identificare bene le lesioni e soprattutto capire che di fronte abbiamo un paziente che soffre e che necessita delle migliori cure possibili. Se non sappiamo come muoverci, inutile muoverci! La classificazione della lesione o delle lesioni ci aiuta a creare un piano assistenziale specifico; spesso i nostri pazienti non guariscono perché sono affetti da una o più patologie sistemiche, che rallentano o interrompono i processi riparativi. Come Infermieri dobbiamo poi dobbiamo analizzare il nostro assistito dal punto di vista olistico: il paziente ha un proprio pensiero, una propria cultura, un proprio modo di vivere e capire la malattia, un proprio modo di gestire il dolore. Quest’ultimo viene spesso sottovalutato. Il Piano di Assistenza Individuale relativo alla lesione o alle lesioni deve prevedere dei momenti intermedi durante i quali valutare l’eventuale miglioria o meno della/e ferita/e. Inoltre, non è di poco conto ricordare che ogni lesione è “autonoma” dall’altra e va trattata in maniera specifica. Non è possibile stabilire a priori se un assistito guarirà o meno perché i fattori che potrebbero compromettere gli sforzi assistenziali sono tanti e diversificati.

Quindi occorre inquadrare il paziente dal punto di vista non solo olistico ma sistemico?

Si è così. Il paziente va inquadrato non solo attraverso le sue ferite. Quando l’utente si presenta nel nostro ambulatorio per la prima visita di routine chiediamoci pure:

  1. di quale malattia soffre;
  2. se è un fumatore;
  3. se ha problemi di compromissione degli scambi gassosi (per esempio una BPCO);
  4. se ha delle sofferenze vascolari nella micro e macro-circolazione;
  5. se è diabetico; 
  6. se ha un tumore;
  7. se è ipoteso o iperteso cronico.

Non scordiamoci mai tuttavia di un elemento fondamentale: di fronte a noi è seduta o sdraiata un essere umano!

Non solo lesioni acute e croniche…

Nicoletta è un fiume in piena e ci inoltra gradualmente nell’affascinante mondo della cura delle lesioni difficili, ricordandoci che in base alla eziologia possono essere ulteriormente suddivise in:

  1. Lesioni da pressione: piccole o grandi aree tissutali cutanee sottoposte a continua pressione, a stiramenti o a frizioni (vedi Scala di Braden);
  2. Lesioni vascolari: colpiscono quasi sempre gli arti inferiori e sono provocate essenzialmente da disfunzioni sistemiche del circolo venoso, quello arterioso, quello misto arterioso/venoso e quello linfatico;
  3. Lesioni da piede diabetico (la parola stessa ci inoltra nel mondo del Diabete e ci fa pensare subito alla neuropatia o l’arteriopatia dei piccoli e grandi arti inferiori; è questa una condizione che può portare all’amputazione dell’arto e in alcuni casi alla setticemia e/o al relativo rischio decesso);
  4. Ustioni (da contatto con agenti caldi o da freddi; vanno trattati con estrema accuratezza);
  5. Lesioni chirurgiche (prodotte spesso da mezzi meccanici, ossia bisturi o bisturi elettrici per interventi chirurgici di piccola, media e grande rilevanza terapeutica).

Non dimentichiamoci, inoltre, delle:

  1. Lesioni tumorali (le più difficili da trattare) provocati da vari tipi di cancro, oppure da farmaci antiblastici o addirittura da sindromi paraneoplastiche;
  2. Lesioni da edemi (essudato o trasudato), non sono rare e sono essenzialmente legate alle lesioni vascolari, ad un malfunzionamento del drenaggio linfatico o ad uno scompenso cardiaco;
  3. Lesioni accidentali (cadute, traumi, contusioni, ecc.);
  4. Lesioni da farmaci (da complicanze farmacologiche), colpiscono quasi sempre pazienti in cura con Warfarin, che facilmente si procurano danni tessutali agli arti superiori ed inferiori;
  5. Lesioni da reazioni allergiche o da contatto con agenti chimici/fisici e/o radioattivi (devono essere trattate con presidi medicali specifici e da personale sanitario Infermieristico e Medico altamente qualificato);
  6. Lesioni da corpi contundenti (da arma da fuoco, coltelli, pugnali, forbici, cacciaviti ed altro).

Tutte vanno analizzate bene, seguendo un approccio prettamente scientifico e trattate con un piano specifico di assistenza che prevede le classiche cinque fasi del “processo di nursing”: 1) la raccolta e l’analisi dei dati; 2) la formulazione di una o più diagnosi infermieristiche; 3) la pianificazione degli interventi; 4) l’attuazione degli interventi; 5) la valutazione: a breve, medio e lungo termine (finale).

Da non dimenticare: 1) la compilazione minuziosa della cartella infermieristica o clinico/infermieristica; 2) un costante follow-up; 3) la segnalazione ai medici specialisti di eventuali anomalie.

Come trattare le lesioni difficili?

Per prima cosa dobbiamo essere consapevoli che ogni lesione è diversa dall’altra e che la nostra azione assistenziale deve essere incentrata sull’utente finale: il nostro paziente!

Ecco alcuni esempi d’intervento:

    • lesioni da pressione: va rimossa la causa della pressione, mediante il cambio di postura e/o l’utilizzo di presidi antidecubito; va trattata la lesione dal punto di vista topico con medicazioni classiche o avanzate (dipende dalla gravità); va fornita la giusta attenzione alla comorbilità, alla terapia del paziente, alla malnutrizione, alla concomitanza di infiammazioni/infezioni e a tutti quei fenomeni che possono rallentare o impedire i processi riparativi;
    • lesione chirurgica: è quella generalmente più gestibile, ma che può condurre a delle complicanze inattese; la riparazione tissutale conduce quasi sempre ad un esito accettabile da parte dell’utente, con cicatrici lineari e sempre più poco visibili; l’intervento dell’Infermiere in questo campo è specifico: deve gestire la ferita disinfettando la cute, disinfettando la soluzione di continuità ed evitando l’insorgenza di infezioni, che possono portare alla deiescenza della ferita; le medicazioni e le tecniche da utilizzare sono quelle classiche;
    • ustioni: a seconda della profondità le ustioni sono distinte in primo e secondo grado superficiale, secondo grado profondo, terzo grado; per il trattamento dei primi due stadi si utilizzano solitamente le stesse medicazioni avanzate che permettono all’utente di guarire in poche settimane e ai tessuti di rigenerarsi, ma spesso ci si trova di fronte ad esiti cicatriziali non voluti; nel terzo stadio si preferisce o si è obbligati all’intervento chirurgico e poi a quello chirurgico-plastico;
    • lesioni vascolari: colpiscono pazienti con problemi del circolo venoso, arterioso o misto degli arti inferiori e si localizzano al di sotto del ginocchio fino al piede (croniche); per trattarle occorre per prima cosa analizzarle e curarle dal punto di vista topico, poi provvedere al bendaggio con specifica elastocompressione;
    • lesioni da piede diabetico: è lo stesso trattamento da adottare per il “piede ischemico” o il “piede neuropatico” (sono spesso coesistenti come nel caso di paziente con Diabete); per il suo trattamento si consiglia di curare la lesione con appropriate medicazioni a livello topico; gestire ed eliminare le eventuali infezioni; posizionare l’arto in scarico; utilizzare l’iperbarismo, che ha dato ottimi risultati, soprattutto negli ultimi due decenni.

L’apporto dell’AISLeC e dell’AIUC

“Nel 2015 l’associazione AISLeC ha presentato uno studio specifico sull’argomento; il sodalizio (a cui poi ha fatto eco l’AIUC) raccoglie al suo interno i massimi specialisti italiani del settore e ha chiaramente fatto intendere che le lesioni da pressione, nonostante siano ampiamente prevedibili, costituiscono un problema reale; nei reparti ospedalieri, per esempio, gli assistiti portatori di lesioni da pressione (indicate anche ulcere cutanee o piaghe, le possiamo chiamare come vogliamo, ma il fenomeno è sempre lo stesso) ammontano ad un 18-29%; è un grande dispendio di energie professionali e di impegno economico da parte del Servizio Sanitario Nazionale (e sempre più spesso delle famiglie), che deve garantire la cura e l’assistenza, cercando di prevenire il problema e di portare a guarigione tutti gli utenti colpiti; i numeri sono allarmanti poi se si analizza la situazione domiciliare di molti assistiti e noi liberi professionisti ce ne rendiamo conto giorno dopo giorno. Gestire una ferita non è facile, l’Infermiere preparato però può fare la differenza – conclude Nicoletta – e portare alla guarigione il suo assistito. Non è raro imbattersi in casi disperati. Nella mia vita da Infermiera Libero Professionista ne ho viste di tutti i colori e sono riuscita il più delle volte a guarire i miei clienti; ma il dispendio di forze, l’abnegazione, i tentativi, lo sforzo economico non sempre vengono ripagati; di fronte ad un problema la gente vuole sempre il massimo e nessuno è disposto a dire che ha sbagliato, al di là se si tratta di un paziente, di un parente o di un collega medico o infermiere; se ponessimo più attenzione a quello che facciamo tutti i giorni creeremmo meno danni a chi soffre ed è costretto ad essere allettato; è una questione culturale, molte lesioni, soprattutto quelle da pressione, potrebbero essere eliminate alla radice attraverso una campagna di prevenzione più massiccia e una intesa multi-professionale attesa da anni, ma che stenta a realizzarsi”.

Una lesione vascolare, difficile da trattare, ma un Infermiere esperto può fare la differenza e portare a guarigione l’arto!

Biblio-Sitografia

Dott. Angelo Riky Del Vecchio
Dott. Angelo Riky Del Vecchiohttp://www.angelorikydelvecchio.com
Nato in Puglia, vive e lavora in Puglia, Giornalista, Infermiere e Scrittore. Già direttore responsabile di Nurse24.it, attuale direttore responsabile del quotidiano sanitario nazionale AssoCareNews.it. Ha al suo attivo oltre 15.000 articoli pubblicati su varie testate e 18 volumi editi in cartaceo e in digitale.
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