Le inchieste di AssoCareNews.it
Riceviamo e pubblichiamo una missiva di un collega Infermiere che da qualche mese lavora nei centri di emergenza ubicati nei cantieri della TAV (Treni ad Alta Velocità) che dovrebbero unire l’Italia ad altri Stati Europei lungo binari di nuova generazione. La TAV, come noto, è oggetti di dispute politiche, economiche e sociali da anni per l’enorme impatto ambientale che produce (si tratta il più delle volte di percorsi sotterranei) e per il grande dispendio di fondi, che spesso si trasformano in forme estremo di sfruttamento lavorativo. Accade anche per la Professione Infermieristica. Sentiamo cosa ci scrive Andrea (nome fittizio).
Quello che ci racconta il collega ha dell’assurdo e mescola il possibile abuso di professione Medica alla necessità di garantire l’assistenza sanitaria in condizioni spesso estreme.
Proseguiamo per ordine. Ad AssoCareNews.it sono giunte tante segnalazioni riguardanti la liceità delle prestazioni infermieristiche nell’ambito dei cantieri della TAV. Il più delle volte erano e sono domande poste da colleghi che nei fatti si trovano di fronte al dover intervenire o meno durante un evento di emergenza o di semplice routine.
Il primo morto nella TAV: la caduta da 5 metri
Tutto è nato dopo il primo decesso in un cantiere dell’alta velocità ferroviaria di un operaio della Edilmac (azienda in subappalto), accaduto agli inizi di dicembre 2018. A dipartire è stato Egidio Martino, 57 anni, originario della Basilicata.
Caduto da oltre 5 metri ha battuto la testa ed è stato soccorso immediatamente da una collega Infermiera, che non ha potuto fare altro che verificare lo stato di salute del malcapitato e allertare i mezzi dell’emergenza. L’uomo è stato ricoverato all’ospedale Santi Antonio e Biagio di Alessandria (Piemonte), nel reparto di Rianimazione Intensva, dove poi è deceduto. Medici ed Infermieri hanno potuto fare poco per lui.
Infermieri nel Terzo Valico: storie al limite
Il sinistro è avvenuto nel cantiere di Voltaggio (in provincia di Alessandria) e più precisamente nell’area cantierizzata del Terzo Valico. Si tratta di una nuova linea ad alta capacità veloce che consente di potenziare i collegamenti del sistema portuale ligure con le principali linee ferroviarie del Nord Italia e con il resto d’Europa.
L’opera si inserisce nel Corridoio Reno – Alpi – si legge sul sito delle Ferrovie dello Stato – che è uno dei corridoi della rete strategica transeuropea di trasporto (TEN-T core network ) che collega le regioni europee più densamente popolate e a maggior vocazione industriale.
In coerenza con la strategia di privilegiare modalità di trasporto ecosostenibili, ribadita recentemente dall’Unione Europea con l’Iniziativa Faro (COM(2011) 21), l’opera consentirà di trasferire quote consistenti di traffico merci dalla strada alla rotaia, con vantaggi per l’ambiente, la sicurezza e il sociale.
Qui lavorano diversi Infermieri dipendenti di cooperativa o in regime di libera professione, con contratti afferenti ad aziende in sub-appalto (come accade in Toscana). Spesso e volentieri sono lasciati a se stessi e devono gestire centinaia di utenti in perenne pericolo di infortunio. I Medici restano una chimera (se non il sabato o la domenica e dopo un certo orario al telefono la Guardia Medica), grazie a dubbi protocolli di azione nell’ambito dell’emergenza-urgenza e modelli cartacei per l’auto-somministrazione di farmaci. Di questo ne parla il collega Andrea.
La lettera di Andrea: da cui è nata la nostra inchiesta
Carissimi Direttore e Redazione di AssoCareNews.it,
Vi scrivo perché convinto che siete l’unica realtà editoriale in Italia che dà veramente spazio alle questioni infermieristiche e che dà voce alla professione. Vi seguo di continuo e sto notando la vostra crescita esponenziale. Vi scrivo anche per chiedervi dei consigli rispetto al lavoro che attualmente sto svolgendo: Infermiere in un cantiere dell’Alta velocità ferroviaria, quelli che tutti chiamano la TAV.
Tempo fa anche grazie al mio Ordine Infermieristico ho avuto modo di imbattermi in un bando privato destinato a Professionisti Infermieri in regime di libera professione o disposti a lavorare nell’ambito privato. L’opportunità di lavoro riguardava proprio la TAV, che da sempre mi affascinava anche per i miei pregressi studi in geologia; non mi sono mai laureato, ho scelto poi di dedicarmi all’Infermieristica.
Ho subito aderito al bando e dopo un lungo colloquio sono stato selezionato. Felicissimo, anche perché si trattava di una rivincita personale nei confronti dell’azienda con cui lavoravo in precedenza, che mi ha trattato a pesci in faccia.
Gli stipendi sono ottimi e subito mi hanno assunto con un contratto a tempo indeterminato in cooperativa, dotato di apposita divisa, di mezzi di protezione individuale, fatti corsi sulla sicurezza e subito “sbattuto” al lavoro in un container-Infermeria.
Fin qui tutte rose e fiori, ma dietro le pietre che luccicano spesso possono nascondersi brillantezza artificiose. Infatti, dopo i primi giorni di lavoro ho notato le prime inappropriatezze.
L’ambulatorio che gestisco è totalmente a conduzione infermieristica. Mi devo occupare delle eventuali emergenze che possono accadere all’interno di questo cantiere. Non vi è nessun medico che mi dia direzioni su cosa fare, se non il sabato, la domenica e dalle 20 alle 8 la guardia medica (in settimana).
Una volta la settimana arriva nel cantiere un Medico che fa visite di routine agli operai del cantiere. Per il resto l’Infermiere fa tutto da solo e in caso di emergenza o per consigli può chiedere l’aiuto telefonico di un collega esperto nelle acuzie o nelle urgenze-emergenze.
All’inizio non avevo alcuna esperienza nel campo dell’emergenza, solo un BLSD fatto all’Università. Ho conseguito successivamente il PTC e l’ALS.
In caso di necessità sono costretto a salite un un mezzo in dotazione (si tratta di un fuoristrada molto potente) e raggiungere il luogo del sinistro o dell’infortunio. Viene chiamata auto-medica in gergo, ma tale non è, anche perché è gestita solo dal personale Infermieristico. Giunto sul posto mi devo adattare alla bisogno e mettere in pratica tutto ciò che serve per ridurre il danno e rispondere allo “stato di necessità”. Poi sono costretto ad allertare i mezzi del Servizio 112 (ex-118).
Vi pongo una domanda: per quanto riguarda responsabilità professionale e ai rischi penali/civili a cosa vado incontro? Lo stato di necessità tutela da qualsiasi azione venga fatta (somministrazione di adrenalina in ACC, in shock anafilattico, inserzione di una LAM, ecc.) anche se non è stato prescritto da alcun medico?
Inoltre, rispetto a quanto accade in ambulatorio: in quel caso non si può parlare di stato di necessità. Non riceviamo alcuna prescrizione medica e ci affidiamo a dubbi protocolli che prevedono una “manleva”, ovvero un documento che dispensa il sanitario dalle responsabilità, firmato dal lavoratore che in prativa auto-assume l’eventuale farmaco. Sulla carta si assume lui tutta la responsabilità di tutto dopo aver dichiarato che ha già utilizzato quel determinato farmaco (anche se poi così non è). L’operaio che ha bisogno della terapia, per esempio in caso di febbre, infezioni, flogosi o dolore, dichiara di non essere allergico al determinato farmaco somministrato (che ufficialmente si porta da casa, ma che così non è).
Tutto questo mi sembra una forzatura che da tempo mi fa pensare ad un vero e proprio abuso della professione Medica. Sicuro che non incorro in nulla di grave e che sto seguendo i dettami della legge?
Spesso è proprio il collega più esperto che mi consiglia al telefono, ad esempio, di somministrare una Tachipirina o una Aspirina “perché non ha mai ammazzato nessuno”. La chiamata non è tracciata, ma sulla cartella si riporta che è stato dato secondo direttive del medico “tal dei tali” (quindi secondo la sua responsabilità!!!). Un abuso nell’abuso insomma. p>Come mi devo comportare? Rischio qualcosa? Ci hanno riconosciuto queste nuove competenze e non ci hanno informati?
Grazie per i Vostri consigli, che certamente non tarderanno a venire.
Andrea, Infermiere nella TAV