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martedì, Marzo 19, 2024
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Infermieri e OSS a forte rischio infarto: ecco lo studio che lo dimostra.

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Infermieri e OSS a forte rischio infarti. Lo rileva uno studio condotto a Philadelphia (USA) dall’American Heart Association. La ricerca riguarda i primi, ma può essere benissimamente estesa anche al personale di supporto e ad altre figure. Le donne più colpite degli uomini.

Infermieri, Medici Psichiatrici, OSS e Assistenti Sociali sono le figure professionali più a rischio d’infarto. Le donne sono maggiormente colpite e lo sono di più se lavorano su turni e fanno le notti. E’ quanto comunica l’America Heart Association, che in merito ha presentato un’apposita ricerca nei giorni scorsi a Philadelphia (USA).

L’American Heart Association ha presentato lo studio negli Stati Uniti d’America circa sue settimane fa.

L’infarto è la prima causa di morte nelle donne. Lo rivelava questa estate in un’altra indagine la Società italiana di Cardiologia (SIC).

Lo studio aveva smontato il falso mito che le donne siano a minor rischio di infarto miocardico acuto rispetto agli uomini: in realtà, per le femmine l’incidenza dei decessi è di circa il 12%, il doppio di quella degli uomini, che si attesta attorno al 6%.

Questo dimostra anche una mancanza di consapevolezza della donna del proprio rischio di infarto: il 78% non sa che le malattie cardiovascolari sono la loro prima causa di morte. A parlarne è stato Ciro Indolfi, presidente della Sic, alla riunione delle Cardio-Utic Academy, che ha riunito a Roma i principali rappresentanti di tutte le cardiologie e delle Unità di Terapie Intensive Cardiologiche Italiane, affiliate alla Sic.

La Sic ricordava che i sintomi dell’infarto possono essere differenti da quelli degli uomini. Secondo l’indagine si innalzano anche i casi di ‘under 50’ stroncati da un attacco di cuore. Questi dati segnano per la prima volta dopo 10 anni una battuta d’arresto nella riduzione della mortalità cardiovascolare, segnala la società scientifica.

Cos’è l’Infarto Miocardico Acuto (IMA).

L’infarto, si legge sul sito del Ministero della Salute, è la morte di una parte del muscolo cardiaco (miocardio), dovuta a un’ischemia prolungata, cioè al mancato apporto di sangue in un determinato territorio, per un certo periodo di tempo.

La maggior parte degli infarti si verifica a causa della formazione di  un coagulo di sangue (trombo) che va ad ostruire una o più arterie coronarie (le arterie che portano sangue ossigenato e sostanze nutritive al muscolo cardiaco); normalmente la trombosi si verifica su una placca aterosclerotica dovuta ad un accumulo di colesterolo e cellule, che si sviluppa lentamente all’interno di una coronaria e che può rompersi improvvisamente; questa lesione provoca l’aggregazione di piastrine e la formazione di un trombo sulla placca ulcerata; il trombo ingrandendosi finisce con l’ostruire completamente la coronaria, interrompendo il flusso di sangue.

Se il coagulo non viene rimosso rapidamente, la zona di miocardio irrorata da quell’arteria muore e si verifica l’infarto. Più raramente, l’infarto può prodursi su coronarie sane, cioè senza la presenza di placche aterosclerotiche; questa condizione  provoca una discrepanza tra la necessità di ossigenazione di una parte del tessuto miocardico e la sua effettiva disponibilità; ciò accade ad esempio quando si verifica uno  spasmo delle coronarie, oppure in una condizione di grave anemia, di insufficienza respiratoria, di grave abbassamento della pressione, di aritmie importanti.

L’infarto colpisce gli uomini con maggior frequenza rispetto alle donne nelle età più giovani; le donne sono colpite con maggiore frequenza in età avanzata e la malattia si manifesta in modo più grave.

Nella fase acuta dell’infarto, le complicanze più importanti sono l’insorgenza di aritmie, che possono rivelarsi anche molto pericolose (per questo motivo il paziente viene sottoposto a monitoraggio continuo dell’elettrocardiogramma), e di un deficit della funzione di pompa del cuore (scompenso cardiaco).

Lo scompenso cardiaco, spesso è una conseguenza dell’IMA.

Lo scompenso cardiaco, spesso sottostimato o non diagnosticato, conta 600 mila casi riconosciuti che rappresentano la punta di un iceberg: si stima si aggiungano altri 3 milioni di scompensi non identificati. In Italia dunque ufficialmente 1 persona su 6 soffre di scompenso cardiaco ma le cifre sono molto più alte, in una forma – tra l’altro – che nel 50% dei casi può essere fatale, con una incidenza tendente al raddoppio per ogni decade dopo i 45 anni, fino a raggiungere il 10% di nuovi casi dopo i 70 anni.

Nel corso dell’incontro è stata anche promossa la campagna di responsabilità sociale ‘Ogni minuto conta’, voluta da ‘Il Cuore Siamo Noi – Fondazione Italiana Cuore e Circolazione Onlus’, presieduta da Francesco Romeo, direttore della Uoc Cardiologia del Policlinico Tor Vergata di Roma, e dalla Sic con l’obiettivo di sensibilizzare all’importanza di un intervento il più tempestivo possibile per ridurre ulteriormente la mortalità dell’infarto miocardico.

Infatti, nonostante i notevoli passi in avanti nella diagnosi e trattamento delle patologie a carico del cuore e del sistema circolatorio, rappresentano ancora oggi la causa più importante di invalidità e mortalità nel mondo occidentale, come denunciano l’American Heart Association e la European Society of Cardiology. Eventi invece prevenibili con un corretto stile di vita, la diagnosi precoce e la qualità dell’intervento terapeutico, laddove necessario.

Ecco le principali patologie cardiocircolatorie, così come indicate dal Ministero della Salute: LINK.

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