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giovedì, Marzo 28, 2024
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Omicidio Vannini: la situazione giuridica della fidanzata, laureatasi Infermiera.

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Omicidio Vannini: la situazione giuridica della fidanzata, laureatasi Infermiera.

Ecco il punto di vista dell’Associazione Italiana Infermieri Legali e Forensi

Nonostante non ci sia bisogno di ripercorrere la cronistoria dell’omicidio di Marco Vannini, facciamo un breve riassunto. Il ventenne di Cerveteri morì il 18 maggio 2015 a Ladispoli, in provincia di Roma, dopo essere stato raggiunto da un colpo di arma da fuoco sparatogli da Antonio Ciontoli, padre della fidanzata del ragazzo e sottufficiale della Marina militare.

E’ la sera del 17 maggio 2015. Sono circa le 20 quando Marco Vannini si trova a Ladispoli nella villetta della fidanzata Martina. Alle 23 i vicini sentono delle urla: “Vedi, papà? Vedi?”. Poi un ragazzo che si lamenta con una voce disumana: “Scusa Martina”. In casa non ci sono solo Marco e Martina, ma altre quattro persone: Antonio Ciontoli, la moglie Maria, Federico e la fidanzata di quest’ultimo, Viola Giorgini. Tutti e cinque hanno raccontato che Marco stava facendo un bagno nella vasca. Era nudo quando nella stanza entrò Ciontoli per prendere da una scarpiera un’arma. Partì un colpo che ferì gravemente il ragazzo. Di lì, secondo l’accusa, sarebbe partito un ritardo “consapevole” nei soccorsi e le condizioni del giovane si sarebbero aggravate, fino a provocarne la morte.

Gli inquirenti parlano di omissioni e coperture all’interno della famiglia Ciontoli. Federico Ciontoli chiama il 118, ma solo alle 23.40. Dice: “C’è un ragazzo che si è sentito male probabilmente per uno scherzo, di botto è diventato troppo bianco e non respira più…”. Farfuglia e infine ammette che l’ambulanza non serve, la telefonata si interrompe.

Qualcuno della famiglia Ciontoli gli ha detto di troncare la comunicazione, Marco è ancora vivo. A decidere di chiamare nuovamente l’ambulanza, per la seconda volta, è Antonio Ciontoli. Lo fa però senza rivelare che in quella casa c’è un ragazzo con una pallottola entrata dalla spalla e fuoriuscita dal fianco, parlando invece di un buchino generato dalla caduta su un pettine.

Quando gli operatori del 118 arrivano nella villetta dei Ciontoli trovano un ventenne agonizzante, lo portano d’urgenza all’ospedale ma non c’è nulla da fare, nemmeno quando Marco viene trasportato in elicottero al Gemelli, dove viene dichiarato morto.

Cosi come credo non sia necessario commentare la sentenza di Appello, ma fare soltanto un breve riassunto.

Il processo di primo grado, iniziato nel 2016, si è chiuso il 18 aprile 2018 con le condanne per Antonio Ciontoli a 14 anni di reclusione per omicidio volontario e a 3 anni per la moglie e i figli per omicidio colposo.

La Corte d’Assise di Roma, nel processo di Appello, ha stabilito che l’omicidio di Marco Vannini è stato colposo e non volontario, e ha ridotto da 14 a 5 anni la pena per Antonio Ciontoli.

Confermate le condanne a 3 anni per la mogli ed i figli e l’assoluzione per la fidanzata del figlio.

Ognuno è libero di avere le proprie opinioni in merito a questa sentenza.

Quello che qui vogliamo chiarire è la posizione giuridica della fidanzata di Marco, Martina Ciontoli, recentemente laureatasi infermiera, come detto condannata per omicidio colposo alla pena di 3 anni, quindi sotto il limite di 4 anni necessari perchè detta pena venga scontata in carcere.

Su diversi gruppi e pagine Facebook si sta diffondendo la richiesta di intervento della FNOPI per la radiazione dall’albo della collega.

Ma è possibile questo?

La radiazione dall’albo è disciplinata dal REGOLAMENTO SUL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE, approvato nel 2014.

Il provvedimento di “radiazione” è citato all’art.13, comma 1, lettera d), la sua esecuzione è prevista nei casi riportati dall’art.14.

Nel caso di specie si potrebbe ipotizzare l’utilizzo del punto 1 dell’art.14 che prevede appunto la radiazione dall’albo nell’eventualità de “la condanna per ogni delitto non colposo, per il quale la legge commina la pena edittale della reclusione non inferiore nel minimo a due anni o nel massimo a cinque anni”. 

Martina Ciontoli è stata condannata, come detto, per omicidio colposo, con una pena di 3 anni.

Pur essendo la condanna superiore in anni a quanto previsto come minimo dal regolamento FNOPI, essa è stata emessa per omicidio colposo, quindi una eventualità non prevista dal regolamento stesso come sufficiente per la radiazione.

Nei documenti, e nelle regole datesi dalla stessa FNOPI quindi non esiste la possibilità diretta di radiazione per questo reato.

Altra nota.

La condotta colposa della Ciontoli è precedente alla laurea o alla richiesta di iscrizione all’Albo. Non è quindi utilizzabile come impedimento o per richiederne la non iscrizione o la radiazione.

Se è vero che all’atto dell’iscrizione presso l’OPI si debba consegnare un certificato del casellario giudiziario, dal quale si evincono le eventuali condanne, è altresì vero che la presenza di un omicidio colposo non è condizione sufficiente affinchè l’OPI rifiuti l’iscrizione.

La condanna, in ultimo, non ha tolto alla Ciontoli il pieno godimento dei diritti civili, un’altro dei motivi di non iscrizione all’Ordine.

La possibilità, con richiesta di tempo, considerata dall’OPI di Roma, presso la quale la Ciontoli è iscritta, è ascrivibile quindi ad un generico “danno di immagine” o per comportamento contrario al Codice Deontologico, possibilità assai remota non avendo mai agito, la Ciontoli, come infermiera, qualificandosi o rappresentandosi come tale.

I provvedimenti disciplinari della FNOPI non seguono d’altronde il procedimento giudiziario, essendo legati ad altri fattori.

La Poggiali, infermiera che pubblicò gli autoscatti di lei sorridente vicino ad una anziana deceduta, pur essendo assolta dalla giustizia ordinaria, fu a suo tempo radiata dall’allora IPASVI per il discredito che aveva gettato sulla professione, essendo quelle foto in divisa ed in servizio.

La richiesta di qualche collega di radiazione della Ciontoli, quindi, può essere giustificata sul piano umano, ma non trova nessuna applicazione nella vigente legislazione.

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