Sepe (Fials): “ospedali al collasso in Emilia Romagna, mancano posti letto, medici, infermieri e OSS”.
Reparti pieni, personale esausto, pazienti in attesa nei corridoi: la situazione degli ospedali al collasso in Emilia-Romagna è drammatica. Alfredo Sepe, segretario regionale della FIALS, denuncia il sovraffollamento che coinvolge ormai quasi il 70% delle strutture ospedaliere. “Non siamo davanti a un episodio isolato, ma a un crollo sistemico”, afferma.
Ospedali senza posti letto e reparti pieni: pazienti nei corridoi.
Secondo un recente report Fadoi, il 69% dei reparti è in overbooking. I pazienti, spesso fragili e cronici, vengono sistemati in spazi di fortuna, senza privacy né dignità. “È inaccettabile che in una regione come l’Emilia-Romagna si debbano curare persone nei corridoi. Questo non è servizio sanitario, è emergenza permanente”, dice Sepe.
Il problema non riguarda solo i grandi centri urbani, ma si estende anche agli ospedali delle aree periferiche, dove i reparti pieni sono ormai la norma. Le strutture non riescono a reggere l’afflusso quotidiano, e la mancanza di un filtro territoriale aggrava la pressione interna.
Personale in fuga e ricoveri evitabili.
Il 75% delle strutture ospedaliere segnala carenze gravi di personale. “I sanitari lavorano senza sosta, in condizioni logoranti. Sempre più spesso scelgono di lasciare”, prosegue Sepe. Inoltre, secondo i dati, un ricovero su cinque potrebbe essere evitato con una rete territoriale più forte e investimenti in prevenzione. “La medicina territoriale è stata abbandonata. Così tutto ricade sugli ospedali”.
Non mancano però alcuni segnali positivi. Dopo le dimissioni, il 62% dei pazienti riceve assistenza domiciliare, il 28% accede a RSA e il 10% viene accolto in strutture intermedie. “Sono numeri incoraggianti, ma insufficienti se non rafforziamo l’intera filiera dell’assistenza”, avverte Sepe.
Fials: piano strutturale per uscire dalla crisi
La richiesta di FIALS è chiara: un piano strutturale per rilanciare la sanità pubblica regionale. “Servono assunzioni stabili, più investimenti nel territorio, digitalizzazione e coordinamento tra ospedale e medicina di base. Senza questi interventi – conclude Sepe – continueremo a parlare di reparti pieni e non di cura”.
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