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Il governo italiano ha annunciato una manovra sanitaria da quasi 4 miliardi di euro con numeri importanti: 30 mila assunzioni previste entro il 2028 tra medici, infermieri e tecnici sanitari, di cui oltre 12 mila solo nel 2026. A queste assunzioni si affiancano incentivi salariali, con aumenti medi mensili per medici e infermieri che lavorano esclusivamente nel pubblico e la possibilità per gli infermieri di esercitare la libera professione fuori dall’orario di lavoro, novità fino ad oggi appannaggio solo dei medici.Tuttavia, la sfida più grande resta la carenza di personale disponibile. In Italia, infatti, molti giovani evitano le professioni sanitarie pubbliche, scoraggiati da stipendi poco competitivi e condizioni lavorative difficili. I test di ammissione a Infermieristica del 2025 hanno registrato per la prima volta un numero di candidati inferiore ai posti disponibili, con soli 19mila iscritti su 20mila posti messi a bando. A questo si aggiunge la fuga dei medici dalle specializzazioni più stressanti e meno remunerative nel pubblico, come anestesia e pronto soccorso, verso il privato o all’attività intramuraria, che ha generato nel 2023 un fatturato di oltre 1,2 miliardi di euro.
I dati OCSE mostrano un’Italia seconda in Europa per numero di medici pro capite, ma con un numero di infermieri molto inferiore alla media OCSE (6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti contro 9,5 della media OCSE), un dato che aggrava la tenuta del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Inoltre, le retribuzioni degli infermieri nel pubblico (circa 32.400 euro lordi annui) sono inferiori alla media europea, e ciò riduce ulteriormente l’attrattività della carriera sanitaria pubblica.
La difficoltà di reclutamento ha spinto a strategie emergenziali come il reclutamento di personale sanitario dall’estero, in particolare da paesi come India, Argentina e Albania. Si tratta però di una soluzione tampone che non affronta il problema strutturale della scarsità di vocazioni e dell’attrattività insufficiente del settore pubblico.
In sintesi, il piano governativo per la sanità pubblica, pur ambizioso per risorse e assunzioni, rischia di rimanere inefficace senza un’azione forte per rendere il lavoro sanitario pubblico nuovamente desiderabile, rivalutandolo in termini economici, professionali e organizzativi.
L’Italia deve investire non solo nel numero di operatori, ma soprattutto in una riforma che recuperi prestigio, condizioni dignitose e opportunità di carriera nel SSN, altrimenti la fuga dal pubblico continuerà a svuotare gli ospedali e le strutture sanitarie

