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7 Nov 2025, Ven

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Dietro le porte delle RSA italiane si consuma, troppo spesso nel silenzio assordante della notte o dei giorni festivi, un’aberrazione professionale che mette a repentaglio la salute e la sicurezza dei nostri anziani: l’imposizione agli Operatori Socio Sanitari (OSS) di compiti che esulano completamente dalle loro competenze, come la preparazione e la somministrazione di farmaci. Una pratica illegale e pericolosa, figlia di una cronica carenza di medici e infermieri, che sta diventando una triste normalità in molte strutture del Paese.

È sconcertante leggere di OSS costretti a interpretare prescrizioni, a modificare dosaggi, ad assumersi responsabilità terapeutiche che spettano unicamente a personale sanitario qualificato. Un vero e proprio “svuotamento delle competenze” che, invece di promuovere una collaborazione sinergica tra professionisti, crea un pericoloso vuoto assistenziale, scaricando sugli OSS un peso insostenibile e inadeguato alla loro formazione.

Ancora più inquietante è la tacita accettazione di questo fenomeno da parte dei familiari degli ospiti, spesso indotti a “non vedere” per timore di ritorsioni o per una rassegnazione figlia dell’apparente inevitabilità della situazione. E mentre le segnalazioni di abusi professionali si moltiplicano sui social e sul web, raccontando di un clima di paura e di ricatti per chi osa opporsi, si assiste a una normalizzazione perversa di questa pratica, con alcuni OSS che arrivano persino a considerarla un loro “diritto-dovere”, ignorando i confini della propria professione e i potenziali danni per i pazienti.

Non stiamo parlando di una mera questione burocratica o di “gelosie” tra professioni sanitarie. I pazienti delle RSA sono persone fragili, spesso affette da patologie neurodegenerative come demenza e Alzheimer, o da gravi comorbilità. Un errore nella somministrazione di un farmaco, una mancata osservanza delle interazioni, un dosaggio errato possono avere conseguenze devastanti, se non fatali.

Quante vite innocenti vengono messe a rischio ogni giorno a causa di questa gestione scellerata? È una domanda angosciante che le istituzioni e gli enti preposti non possono più ignorare. Non si tratta di una competizione tra professioni, ma di un imperativo etico e legale: garantire la sicurezza e la salute di persone vulnerabili.

È necessario un intervento urgente e rigoroso. Servono controlli stringenti nelle RSA per assicurare che ogni compito sanitario sia svolto dal professionista competente e qualificato, nel pieno rispetto delle normative vigenti e della tutela della salute pubblica. Non possiamo aspettare la prossima tragedia, che rischia di essere ancora più grave di questa “strage silenziosa” che si consuma quotidianamente tra le mura di queste strutture. È ora di agire, prima che sia troppo tardi.

Dietro le porte delle RSA italiane si consuma, troppo spesso nel silenzio assordante della notte o dei giorni festivi, un’aberrazione professionale che mette a repentaglio la salute e la sicurezza dei nostri anziani: l’imposizione agli Operatori Socio Sanitari (OSS) di compiti che esulano completamente dalle loro competenze, come la preparazione e la somministrazione di farmaci. Una pratica illegale e pericolosa, figlia di una cronica carenza di medici e infermieri, che sta diventando una triste normalità in molte strutture del Paese.

È sconcertante leggere di OSS costretti a interpretare prescrizioni, a modificare dosaggi, ad assumersi responsabilità terapeutiche che spettano unicamente a personale sanitario qualificato. Un vero e proprio “svuotamento delle competenze” che, invece di promuovere una collaborazione sinergica tra professionisti, crea un pericoloso vuoto assistenziale, scaricando sugli OSS un peso insostenibile e inadeguato alla loro formazione.

Ancora più inquietante è la tacita accettazione di questo fenomeno da parte dei familiari degli ospiti, spesso indotti a “non vedere” per timore di ritorsioni o per una rassegnazione figlia dell’apparente inevitabilità della situazione. E mentre le segnalazioni di abusi professionali si moltiplicano sui social e sul web, raccontando di un clima di paura e di ricatti per chi osa opporsi, si assiste a una normalizzazione perversa di questa pratica, con alcuni OSS che arrivano persino a considerarla un loro “diritto-dovere”, ignorando i confini della propria professione e i potenziali danni per i pazienti.

Non stiamo parlando di una mera questione burocratica o di “gelosie” tra professioni sanitarie. I pazienti delle RSA sono persone fragili, spesso affette da patologie neurodegenerative come demenza e Alzheimer, o da gravi comorbilità. Un errore nella somministrazione di un farmaco, una mancata osservanza delle interazioni, un dosaggio errato possono avere conseguenze devastanti, se non fatali.

Quante vite innocenti vengono messe a rischio ogni giorno a causa di questa gestione scellerata? È una domanda angosciante che le istituzioni e gli enti preposti non possono più ignorare. Non si tratta di una competizione tra professioni, ma di un imperativo etico e legale: garantire la sicurezza e la salute di persone vulnerabili.

È necessario un intervento urgente e rigoroso. Servono controlli stringenti nelle RSA per assicurare che ogni compito sanitario sia svolto dal professionista competente e qualificato, nel pieno rispetto delle normative vigenti e della tutela della salute pubblica. Non possiamo aspettare la prossima tragedia, che rischia di essere ancora più grave di questa “strage silenziosa” che si consuma quotidianamente tra le mura di queste strutture. È ora di agire, prima che sia troppo tardi.

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