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Tutto all’insegna del Tecnico Sanitario di Radiologia Medica.

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Tutto all'insegna del Tecnico Sanitario di Radiologia Medica.

Quel camice della discordia.

Un tema alquanto misconosciuto e sul quale direi addirittura aleggi un certo negazionismo, quale “questione”, è quello che, in maniera tanto strisciante quanto emulata, stia prendendo sempre più piede tra i temi “forti” di una (parafrasando Bertolt Brecht) “resistibile” restaurazione Italiana della dominanza medica cui stiamo più recentemente assistendo, in un improbabile “rispolvero” del Regio Decreto n.1265 del 1934; primo fra tutti quello della futura carenza di medici, che a giudicare dai dati degli studi degli ultimi anni non è affatto così fondato come si vorrebbe, soprattutto alla luce dei trends esteri europei di rapporto medici/popolazione.

Ebbene, quello della vestizione dei professionisti sanitari, costituente motivo di “uniformazione” o “omogeneizzazione” , così come definito da alcune aziende sanitarie, anche se può essere scarsamente avvertito da parte di professionisti di tutto rispetto che ultimamente non hanno però visto cambiare molto il  proprio “look”, è invece assai sentito, anche se scarsamente denunciato, dalla classe dei tecnici sanitari, che STORICAMENTE per diversi motivi PROFESSIONALI di convergenza, si sono evoluti con una precipua vestizione: il camice bianco.

Da anche più di un paio di anni, quindi, è in atto cosiddetto e siffatto processo di “omogenizzazione”, che però qualcuno si è accorto avere molto poco di una effettiva razionalizzazione, visto che le c.d. “nuove divise” realizzano, benvenuti nel 1934, un unico distinguo: da una parte i medici con i loro camici bianchi e dall’altra, indistintamente, tutti gli altri che, con la loro divisa bianca con relativa banda colorata distintiva la professione/ruolo rivestito, si omogeneizzano perfettamente all’indossare il vero elemento di vestiario che, a parer di chi scrive (ma non soltanto suo), costituisce l’elemento di mero inganno: una felpa a zip colorata (generalmente bleu) che alla fine effettivamente “amalgama” (oscurando i “differenziali” dettagli cromatici) tutti coloro che, giusto caso, medici NON sono.

Recentemente una ASST del nord Italia riceve una missiva di un gruppo di professionisti TSRM che si è accorta che tale sbandierata, in epistolare: «rivisitazione degli indumenti di lavoro al fine di rendere uniformi le “divise” in uso per tutta l’ASST», anche arricchita da altre motivazioni: «la necessità di adempiere alle esigenze igienico-sanitarie» nonché … «esprimere, mediante una opportuna differenziazione,  … una chiara ed immediata identificazione del ruolo del personale …» è, oltre che un espediente, effettivamente un atto deplorevole, in quanto alla discriminazione sociologica (volontaria o no) si è aggiunta quella intra-professionale, giacché in alcuni ospedali della medesima ASST è in uso dai TSRM il camice bianco, mentre in altri no (?!?). 

La missiva è inviata anche all’Ordine Provinciale TSRM, citando la circolare n. 54 del 26 luglio 1972 , della allora Federazione Collegi Tecnici di Radiologia Medica, che forniva dettagliata descrizione della vestizione del TSRM, nonché la più recente Mozione conclusiva del Consiglio nazionale della (ex) Federazione nazionale Collegi professionali Tecnici Sanitari di Radiologia Medica (oggi FNO TSRM-PSTRP), svoltosi a Roma, il 17 e 18 marzo 2017, che enfatizzando sia «gli aspetti che configurano il camice come Dispositivo di Protezione Individuale (es. protezione da contaminazione di radioattivi e prevenzione da contaminazioni con sostanze biologiche)»; ossia tutte situazioni cui il TSRM è potenzialmente esposto e non protetto né dalla casacca a maniche corte, né tanto meno dalla felpa bleu in tessuto c.d. “pile” , del tutto inidoneo (anzi addirittura pericoloso) alle titolate esigenze igienico-sanitarie ; sia «Riconoscendo che il camice NON È elemento distintivo esclusivo della nostra professione e che il codice colore è comune ad altre professioni,», riconduce alla necessità che tale figura professionale sia dotata di un dovuto, idoneo, decoroso nonché completo vestiario, che effettivamente sia identificativo, oltreché comune, alle medesime figure professionali in tutto il comprensorio aziendale.

Malgrado, per di più, sonora replica dell’Ordine TSRM: «Le iniziative di Codesta Azienda si evidenziano come assolutamente contrastanti con le finalità ricordate e con le prescrizioni professionali previste per i soggetti iscritti nei rispettivi albi TSRM di questa Federazione. Anche ai sensi della recente normativa contenuta nella legge 3/2018 la Federazione TSRM PSTRP, quale ente pubblico sussidiario dello Stato, nell’esercizio della sua funzione di vigilanza sulla conservazione del decoro e dell’indipendenza delle rispettive professioni, ha il dovere e il diritto di richiamare Codesta azienda a comportamenti conformi alle direttive Federative.                 La Federazione rimane in attesa di un riscontro.»

L’ASST in questione non ha ancora onorato i termini della legge 241/90 (la prima missiva era del 30/11/2018; la replica dell’ordine del 03/01/2019 – lieve ritardo pur giustificato dalle elezioni di rinnovo del direttivo), NON fornendo obbligatoria risposta.

Frattanto, mentre i TSRM meditano su una nota di sollecito, sono alcuni medici radiologi di “zoccolo duro” che forniscono spontanee repliche, non tanto di pertinenza, quanto di esercizio di tipiche ed altrettanto storiche espressioni; fra tutte la più banale: « … Si adoperano per ottenere il camice, così da sembrare dei medici» ed anche la più originale, quanto gustosa: «TUTTO ALL’INSEGNA DEL TECNICO DI RADIOLOGIA»

Alle quali si vuole dare rispettivamente replica; alla prima: “Non trattandosi di “ottenimento”, ma di rivendicazione  – a parte – Così come l’abito non fa il monaco, anche il camice non fa il medico e non fa nemmeno il tecnico o qualsivoglia altro professionista – le professioni si costruiscono e si riconoscono tramite l’impegno personale e la serietà professionale”

Alla seconda: “I TSRM – con insegna o senza – hanno sempre fatto il loro dovere, spesso anche assumendosi  responsabilità e (soprattutto) torti non propri,  senza riserva o inosservanza alcuna; al contrario, probabilmente allo stato corrente si rendono più consapevoli dei medici (anche radiologi) circa la importanza, ad es. di una REALE giustificazione degli esami non compresi nell’elenco esaustivo  delle pratiche radiologiche ammesse alla standardizzazione – primi fra tutti gli esami in corsia e le TAC (sfogliare per credere) –  e di una REALE somministrazione del consenso informato, prestato sulla base di una adeguata ed esplicita informazione, per la attività di Risonanza Magnetica, come previsto, per entrambe i casi, da apposita normativa, che se pure vorrebbero essi stessi cambiare (perché ne ha messo in discussione la tanto meritata quanto effettivamente già conseguita autonomia), fin tanto che non lo sarà, è al momento da rispettare nelle formule vigenti”… ed i corrispondenti obblighi ricadono proprio sui medici radiologi – di spirito e non.

Al contempo, bentornati tutti nel 2019, e scaramucce a parte, si continua ad attendere una auspicabile, ma dovuta, replica della fedifraga ASST… 

Dott. Calogero Spada
Dott. Calogero Spada
Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (Bari, 1992), perfezionato in Neuroradiologia (Bari, 2001), Laureato Magistrale (Pavia, 2015), Master II liv. in Direzione e Management (Casamassima – BA, 2017) e di I liv. in Coordinamento (Castellanza – VA, 2011); dal 2017 guest blogger e web writer in sanità.
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