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Tecnici di Radiologia: siamo sempre più vicini ai Pazienti.

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Tecnici di Radiologia: ai Medici sempre più spazi che competono a noi!

Giustificare, ottimizzare… passare tutto alla professione medica?

Nei quotidiani specializzati (anche online) più volte sono stati trattati i temi “giustificazione” ed “ottimizzazione” (artt. 3 e 4 d. lgs. 187/00) delle indagini radiologiche, che, dopo l’intervento del Ministero della Salute del novembre 2015 , di emanazione delle linee guida (art. 6) per le procedure inerenti le pratiche radiologiche clinicamente sperimentate, hanno assunto una valenza di maggiore “concretezza”, essendo i medesimi principi, obbligatori (almeno teoricamente) per tutti gli esami NON inclusi nell’allegato elenco esaustivo delle pratiche radiologiche ammesse alla standardizzazione.

Quello che però permane in un ambito di vaghezza è ciò che con tali linee guida “ri-diventa” (passi pure il concetto) di competenza del Tecnico Radiologo (fermo restante l’obbligo di esistenza, per ciascuna procedura di un “protocollo scritto dettagliato riferito a paziente standard, preventivamente ottimizzato con l’intervento del Fisico medico”) e ciò che è “ex novo” (anche se sono già passati più di tre anni) attribuito ad una stretta ed esclusiva competenza del medico radiologo.

Ciò che si evince dalla semplice lettura di tale elenco, è alquanto sorprendente: al primo posto ci sono “rx dei tessuti molli della faccia, del capo e del collo” che praticamente non vengono più eseguiti; ad es. nei centri che eseguono lo studio dinamico della deglutizione (laringe, rinofaringe, ghiandole salivari) solitamente il medico radiologo preferisce condurre personalmente l’esame (peraltro con esecuzione della videofluoroscopia) per una più agile ed efficace diretta valutazione, senza alcun contributo del TSRM; quindi in “inversa ratio”.

Altre metodiche escluse dall’ordinario ambiente di radiologia diagnostica sono le “rx con occlusale delle arcate dentarie” e le“radiografie endorali”, a totale appannaggio degli studi medici odontoiatrici, ove d’altro canto incontrare la figura di un Tecnico di Radiologia in servizio sarebbe una occasione più unica che rara.

Rimanendo sempre nel campo delle metodiche in disuso o in pieno oblio: “radiografia del cranio e dei seni paranasali; radiografia della sella turcica; controllo radiologico di derivazioni liquorali” , tutte anche da tempo sostituite dalle metodiche di Tomografia Assiale computerizzata (TAC), che vale la pena anche di ricordare, sono TUTTE ESCLUSE da tale elenco.

A fronte di tali elementi, definibili “di eccedenza”, un’altra coppia di dati però può trovarci ancora più sorpresi: stanti le inclusioni nell’elenco della “radiografia di pelvi e anca. Radiografia del bacino, radiografia dell’anca” e della “radiografia del torace (2 proiezioni). Radiografia standard del torace” , non si ritrovano, invece, due prestazioni “cardine” della radiologia convenzionale: ossia lo studio radiologico dell’addome e lo studio radiologico del torace al letto del paziente, ovvero ogni prestazione radiologica mediante l’utilizzo delle apparecchiature portatili.

Ciò pone due temi semplicemente enormi.

Considerando per primo lo studio dell’addome, la prima riflessione è quella, stupita, di considerazione – secondo la logica dei compilatori – di minore “importanza” ai fini radioproteximetrici (non dimentichiamo la finalità dell’intero documento e della normativa che lo sostiene, ossia la radioprotezione) di una radiografia del bacino e dell’anca (ove a volte inevitabilmente vi è una esposizione diretta  delle gonadi) rispetto ad una radiografia dell’addome, laddove l’obbligo del protocollo scritto comunque assolverebbe a comporre le varie corrispondenze tra quesiti clinici e tecniche diverse, e dove inoltre sussiste sempre l’agguato di un altro assai collaudato fenomeno di “inversa ratio”: la trasformazione di una richiesta di ecografia dell’addome in TAC ad opera degli stessi medici radiologi!!

Ma certamente, ciò che desta più stupore, è quello riguardante l’esclusione completa delle metodiche di radiologia di corsia, in particolare del pur meno “pesante”  (proprio in termini di dose al paziente), rx di torace al letto; perché tale esclusione comporta delle conseguenze ordinariamente non prese affatto in considerazione nel comune esercizio delle attività radiologiche ospedaliere, nonché dei fortissimi limiti nel complessivo sviluppo della radiologia domiciliare, che nell’ultimo ventennio ha trovato nella evoluzione della radiologia digitale diretta ed indiretta, un fortissimo impulso al suo sviluppo.

Non si può nemmeno pensare, come certamente a qualcuno verrebbe immediato, la associazione o inclusione di dette prestazioni alle corrispondenti prestazioni di diagnostica radiologica: in primo luogo per una semplice questione di mera denominazione, in secondo perché l’utilizzo delle apparecchiature portatili prevede protocolli aggiuntivi rispetto alle prime in ordine alla sicurezza, alla radioprotezione ambientale e della popolazione nel suo insieme.

Rimanendo nel primo caso, in ambiente ospedaliero (omettendo per motivi di spazio ed opportunità ogni commento sui casi di mero ordinario abuso delle possibilità offerte dalla tecnologia portatile), cosa quindi dovrebbe accadere all’atto della emissione della richiesta di un controllo in reparto, magari di terapia intensiva o sub intensiva? 

“Alla lettera” la richiesta andrebbe indirizzata – al pari delle altre prestazioni non incluse – al medico radiologo (e non al TSRM), che dovrebbe ottemperare al processo di giustificazione ed ottimizzazione, che sappiamo include la visita del paziente. Ebbene, è invece diventata proverbiale la “sedentarietà” dei medici radiologi, che dopo la refertazione con microcassetta + segretaria, passando per quella con video scrittura Ctrl-C Ctrl-V , è giunta al più recente dittafono con videoscrittura diretta, pur senza al contempo riuscire a concedere al medico radiologo la liberazione di un “tempo di lavoro” utile che consenta la possibilità dell’esercizio professionale di “visita del paziente” , pure preso in così massima considerazione al livello di formalismo, costituendo lo stesso il vero caposaldo di tutto l’apparato normativo del d. lgs. 187/00.

Ripercorrendo la descrizione già fatta in altra sede precedentemente su ciò che di consueto accade all’atto della emissione di codeste richieste, peraltro ordinariamente “appesantite” da indicazioni di codice di priorità ROSSO = compromissione delle funzioni vitali, è tuttora attuale nonché legittimo domandarsi: quali dovrebbero essere i più giusti comportamenti delle due figure?

In estrema sintesi, è deontologicamente più biasimevole un TSRM che si rifiuti un tale coatto formale esercizio abusivo della professione medica, richiedendo giustificazione ed ottimizzazione (come peraltro intimato dall’organizzazione ordinistica), o un medico radiologo che, comunque sussistendo i citati motivi di forte ed improcrastinabile urgenza ed emergenza, si rifiuti silenziosamente o con vari escamotage telefonici, di visitare un paziente, attendendo speranzoso che alla fine il “gioco di nervi”, supportato dalle insistenze dei prescriventi, vinca la “resistenza” del TSRM?

Solitamente sono i medici, in ogni loro rivendicazione, a proclamare di “farsi carico dei bisogni e sofferenze delle persone” … però altrettanto solitamente … è il TSRM che, tra ciò che è normativamente e deontologicamente giusto e corretto, sceglie qualcosa di diverso: il paziente.

E spesso a gradire (pur se effimeramente) sono tutti gli altri medici … i NON radiologi.

Dott. Calogero Spada
Dott. Calogero Spada
Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (Bari, 1992), perfezionato in Neuroradiologia (Bari, 2001), Laureato Magistrale (Pavia, 2015), Master II liv. in Direzione e Management (Casamassima – BA, 2017) e di I liv. in Coordinamento (Castellanza – VA, 2011); dal 2017 guest blogger e web writer in sanità.
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