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giovedì, Marzo 28, 2024
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Qualità in radiologia? Intervistiamo le persone più giuste.

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Continua ad imperversare in rete un video youtube del maggio dello scorso anno dal titolo: “la qualità in radiologia” [1], tratto dalla rubrica “Salute e Sanità”, inserito nella programmazione di “Tele Nord” – emittente televisiva regionale che trasmette in tutta la Liguria.

Da una idea di Massimo Monti, presentato in studio dalla giornalista Iva Perasso, la rubrica ospita un medico radiologo che, pare «meglio di chiunque altro», può aiutarci ad indagare il mondo della radiologia, delle apparecchiature, e rispondere al perché sia fondamentale la qualità: la dottoressa Isabella Turtulici, dell’omonimo “Istituto” di Genova (può uno studio privato fregiarsi dell’appellativo “Istituto”?).

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A parte una a dir poco impreparata giornalista, che non sa andare oltre un reiterato qualunquismo: «lato paziente», l’intervista è a tratti inattendibile, a tratti scorretta ed a tratti addirittura imbarazzante.

INATTENDIBILE a partire dalla presunta fattispecie del

«mi dìa l’esame senza referto»:

perché questo effettivo malcostume, strutturato però più nel passato che nel presente, merito anche dei vincoli indotti dalla informatizzazione in ambito sanitario, è proprio qualcosa che i medici radiologi dovrebbero ben guardarsi dal “riesumare” e riproporre: perché non soltanto fa emergere ogni loro torto nel non aver MAI voluto effettivamente seguire gli esami radiologici ed i relativi pazienti – come invece la Turtulici vada asserendo – di fatto sistematicamente abbandonando il Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (Tsrm) al proprio non facilissimo lavoro – più il loro – (soggetto, quest’ultimo, che ad un certo punto non ha più inteso che tale “ritagliata”, ma abusiva autonomia professionale altro non fosse che l’esito della più classica delle strategie “carrot-and-stick” di comodo, corroborata anche dallo spettro del licenziamento disciplinare per gli eventuali professionisti contestatori), ma anche perché tutto ciò rappresenti l’indicatore unico di quanto fosse realmente importante per alcuni specialisti “committenti” la lettura dell’altresì tanto insistentemente celebrato “referto radiologico” …

I primi e più celebri casi giudiziari del 2013 di Marlia e Barga (Lucca) sull’esercizio abusivo della professione di medico radiologo in capo ai Tsrm affondano le loro radici, infatti, proprio in quel passato in cui i medici radiologi, da una parte, interpretassero una “diserzione”, beffardamente basata proprio sulla fiducia riposta nell’operato dei Tsrm, e questi ultimi, dall’altra, sviluppassero un conseguente “Effetto Pigmalione” sulla autonomia professionale – poi divenuto così strutturato da fargli passare inosservata anche la normativa di legge, che nel 2000 invece che promuovere quella “emancipazione” l’aveva di fatto … vasectomizzata.

Decennale ed irrisolta “latitanza” del medico radiologo, quindi, anche sottolineata da un ragionamento della stessa specialista, nel tentativo di paragonare il medico radiologo ad altri specialisti, provando inutilmente ad affiancare l’atto professionale alla figura specialistica, ove di fatto venga però sconfessata da una frase della stessa intervistatrice:

«non siamo assolutamente abituati a parlare con il radiologo»

…e dalle sue stesse, pur improvvide ammissioni, nell’impacciato intento di disimpegno:

«ed è anche un po’ colpa dei radiologi … diciamoci la verità … che non è che sempre … “escono” a parlare col paziente …»,

affermazione che, oltre che essere in sintonia con il più classico e frequente degli atteggiamenti di “sufficiente sorvolo” di alcuni medici radiologi, identificabile nell’adagio proposto al paziente:

«c’è già tutto scritto sul referto»,

evidenzi anche una certa “disaffezione” con l’art. 3 dell’allora (ed, in sostanza, ancora vigente) d.lgs. 187/00.

Ma le SCORRETTEZZE verso i Tsrm non finiscono qui: ad es. l’affermazione

«Per poter utilizzare le apparecchiature ci vuole una laurea in medicina e una specializzazione in radiologia»

è una mera falsità perché invece la figura abilitata dalla legge ad utilizzare TUTTE le apparecchiature radiologiche, di radioterapia, di medicina nucleare ed anche di fisica sanitaria è proprio quella del Tsrm, ossia il dottore in Tecniche di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia – quindi con propria (che piaccia o no) Laurea Universitaria.

Spesso e volentieri i medici radiologi, che pure potrebbero “cimentarsi” – in estensione “orizzontale” del proprio bagaglio formativo – nella conduzione di un esame, nella stragrande maggioranza dei casi non vanno oltre la esecuzione delle ecografie: d’altronde la stessa Turtulici, pur timidamente e riduttivamente, ammette che

«ci sono certe “altre indagini” che magari un radiologo non le fa personalmente»,

ove invece, in buona sostanza, l’esercizio ecografico resti l’unico caso di rapporto diretto del medico radiologo con il paziente ed ove peraltro – proprio per colpa di vari storici e sedimentati atteggiamenti degli stessi medici radiologi – lo stesso esercizio costituisca un altro elemento “di fuga” dall’ambito diagnostico radiologico.

Una cosa è certa, sicura e lineare: se è il Tsrm

«quello che manualmente esegue l’indagine»

(ossia tutte le altre indagini), allora bisognerebbe non mancare di citare anche il suo iter accademico, riconoscerne il suo ruolo ed importanza, non sminuirne la sua funzione, liquidandola con l’espressione

«perché c’è il tecnico che lo aiuta».

Ergo: i medici radiologi non devono arrogarsi la comodità di asserire che il Tecnico di Radiologia «aiuti» il medico radiologo e che quello che «schiaccia un bottone» è il medico radiologo, semplicemente perché così non è; dopo decenni di insolente etichettatura di “schiaccia-bottoni” assegnata ai Tsrm, se vogliamo esagerare con il banalizzare, per schiacciare un bottone non serve alcun “aiuto”!

Ma a creare addirittura IMBARAZZO sono proprio alcune affermazioni, giusto caso, a carattere “tecnico”: non è proprio possibile proporre ad un pubblico inesperto immagini di risonanza magnetica nucleare, forse l’ambito di maggiore complessità diagnostica, per la notevole gamma di parametri variabili nella composizione dei fattori fisici che determinano la formazione delle immagini radiologiche, immagini singole (quelle proposte nel servizio, quando invece ogni singolo esame è composto da un vero e proprio “pool iconografico”) tra l’altro differenti tra loro per parametri tecnici, ricostruzione spaziale … , oppure confrontare esami, sì “corrispondenti”, ma di pazienti diversi (che quindi hanno differenti indirizzi diagnostici, che determinano, indipendentemente da ogni altro fattore «il numero di sequenze fatte per studiare quel paziente») e discutere, quale indice di “qualità a confronto” solo di “alto” e “basso campo”: fattori che in realtà vanno presi in considerazione nella mera e sola tipologia di utilizzo: Quando si parla di basso campo, infatti, si tratta di strumentazioni c.d. “aperte”, molto apprezzate dai pazienti claustrofobici, di più semplice installazione e gestione complessiva, che però pongono alcuni limiti tecnici rispetto alle apparecchiature c.d. “superconduttive”, ossia quelle più grandi, ad “alto campo” : intrinseca disomogeneità di campo magnetico statico principale; Campo di vista (Field of view) più piccolo; rapporto segnale-rumore (SNR) nettamente più basso, etc. ; fattori che riducono, senza però renderla insufficiente ai fini diagnostici, la risoluzione spaziale, ossia il più piccolo dettaglio distinguibile in una immagine di radiologia medica.

Quello che non può essere sempre “compensato” è quindi solo il tempo complessivo di esecuzione e non la qualità dell’immagine, perché la qualità standard deve essere comunque garantita. In termini di tecnologia, infatti, non esistono tecnologie biomediche dichiarate utilizzabili da un servizio di ingegneria clinica, che non diano una qualità minima, che peraltro rientri nei requisiti imposti dalla legge e discussi in ampia dottrina specifica [2].

L’ottimizzazione d’uso di TUTTE queste apparecchiature dipende fortemente dalla esclusiva competenza, esperienza ed attenzione da parte del Tsrm. In breve, abbinare “scarsa qualità” a “basso campo” è da professionisti deficitari di capacità, voglia ed interesse ad imparare seriamente a gestire in modo ottimale le macchine loro affidate, indipendentemente dalle scelte economiche che indubbiamente stanno alla base di una installazione o di un’altra.

In sintesi, quindi, non è vera l’affermazione della Turtulici, che un esame RMN studiato con più sequenze sia «sicuramente un esame più approfondito che dura anche di più» ; così come, più in generale, non è vero che la medesima qualità intrinseca delle immagini radiologiche non sia conseguibile da apparecchiature più o meno recenti: è immediato che una macchina a tecnologia meno recente impiegherà un tempo maggiore e viceversa, ma questa legittima scelta (economica) è della azienda; ci sono istituti (pubblici) che si avvalgono ancora di tecnologie sul punto di obsolescenza, che quindi impiegano più tempo, ma che però forniscono ancora iconografie diagnostiche di tutto rispetto, tenuto anche conto di un vantaggioso forte fattore di ammortamento economico.

Questo è quanto accada quando si pensi di imbonire un pubblico di soggetti inesperti – non per loro colpa – senza preoccuparsi di poter essere frattanto osservati da chi inesperto non è!

Concludendo, a parte certi iter legislativi (pure recentemente confermati: d. lgs 101 del 31 luglio 2020 – Nuova normativa Italiana per la radioprotezione di lavoratori, pazienti e popolazione) a dir poco definibili irriconoscenti (se non proprio infami), anche per concorso di colpa degli stessi enti rappresentativi dei professionisti Tsrm interessati [3], ove non solo la ottimizzazione, ma anche la giustificazione degli esami radiologici dovrebbero essere loro assegnate (con conseguente merito amministrativo), ed a parte un bagno di modestia per alcuni medici radiologi, che alfine eviti sia di auto-affibbiarsi indebite coccarde di autoreferenzialità, e sia riconsegni la reale situazione sulla diagnostica radiologica, ove il diligente medico siede a fianco – e non davanti – al Tsrm, ove entrambe stanno «dietro le apparecchiature», ove se c’è un «medico radiologo che SEGUE l’esame» non può non esserci un Tsrm che E-SEGUE l’esame, la cui competenza specifica è proprio quella di massimizzare le caratteristiche della macchina utilizzata (se non è questa la più pragmatica definizione di “ottimizzazione” …), ove l’eccellenza non può non essere raggiunta che dal binomio: apparecchiatura di livello + competenza specialistica Tsrm; … ed ove, infine, non è detto che il medesimo professionista c.d. “non-medico” non attenda – essendone pienamente in grado – in modo inappuntabile ed impeccabile anche alla presa in carico del paziente ed alla spiegazione delle procedure …

Premesso che chiunque voglia seriamente discutere professionalmente di qualità in ambito radiologico non può disattendere i veri obiettivi di legge della qualità: 1. garantire la precisione diagnostica e, contemporaneamente, 2. contenere il più possibile la dose impartita alla popolazione (cose di cui la dottoressa Isabella Turtulici non ha affatto discusso in modo puntuale e comprensibile per tutti) …

Ciò che da un medico radiologo (soprattutto donna) ci si attendeva … era per esempio, rispondere ad una domanda che una giornalista preparata (soprattutto donna) non poteva non proporre:

Perché oggi bisogna fare a tutti costi la tomo-sintesi alla mammella in luogo della mammografia digitale convenzionale? [4]

Così come si stia da qualche anno scorrettamente ma ostinatamente propagandando 5] …

…non sarà forse per la differenza di prezzo di 20 euro in più?

Alla faccia della qualità?

Una sommatoria di cattivi gusto, professionalità ed intenzioni, quindi, suffragata da commenti all’unisono, certamente non condivisa anche dalla parte più sana e virtuosa dei medici radiologi, che meriterebbe senza ombra di dubbio – non ce ne voglia Tele Nord – la rimozione del contributo video, con la speranza che il livello “qualitativo” complessivo di tale pretestata informazione che abbia l’ardire di confrontarsi con il complesso ambito sanitario contemporaneo Italiano cambi in meglio, e magari, nelle intenzioni di «indagare il mondo della radiologia», chiamando in causa le giuste professioni e le giuste persone.

Note:

[1] LINK (VIDEO);

[2] ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ – Linee guida per la garanzia di qualità in radiologia diagnostica e interventistica – Gruppo di studio per l’assicurazione di qualità in radiodiagnostica ISSN 1123-3117 – Rapporti ISTISAN 07/26 (LINK)

[3] LINK;

[4] LINK;

[5] LINK.

Dott. Calogero Spada
Dott. Calogero Spada
Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (Bari, 1992), perfezionato in Neuroradiologia (Bari, 2001), Laureato Magistrale (Pavia, 2015), Master II liv. in Direzione e Management (Casamassima – BA, 2017) e di I liv. in Coordinamento (Castellanza – VA, 2011); dal 2017 guest blogger e web writer in sanità.
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