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Professioni Sanitarie e competenze avanzate: tra opportunismo e congiure.

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Le Professioni Sanitarie e si interrogano sulle competenze avanzate. Viaggio ragionato tra opportunismo e congiure.

Dietro le quinte del monopolio dell’informazione indotto dal caso Coronavirus, comunque procedono  gli altri “affari ordinari”; tra questi la diffusione (20.02.2020), a cura della Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome, della proposta di un documento [1] recante percorsi applicativi degli articoli 16-23 del CCNL 2016-2018 del comparto sanità, relativamente agli incarichi di funzione di tipo professionale unitario – le c.d. “competenze avanzate”.

A seguito di detta diffusione si è instaurato un vivace, ma appartato dibattito (…), ove sembri che i fronti dei soliti personaggi in ordine di apparizione siano (come da copione) compattamente contrapposti; pertanto paiono quanto meno opportune alcune riflessioni:

Anzitutto non si può dar torto al motivo di fondo del ricorso [2] (7 gennaio 2020 al TAR) mosso dalla pure esigua rappresentatività del Sindacato dei Medici Cimo (10.000 iscritti), ove è chiaro il richiamo alla l. 43/06: i livelli di competenza e responsabilità di ciascun professionista (medici compresi) si acquisiscono solo attraverso un percorso formativo certificato (corsi universitari su 1500 ore) in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale e non attraverso sistematizzate scorciatoie regionali e politiche (formazione di 300 ore). Analoga istanza [3] è stata posta dalla FNOMCeO: «Occorre regolamentare in modo uniforme sul territorio nazionale la suddetta materia»

Pertanto risulterebbe contra lègem tale omogeneità di percorsi, anche se partecipati da una supponente coralità espressa dalle rappresentanze Ordinistiche e Sindacali, dalle Regioni e dalle Province Autonome, tutte nessuna esclusa, che (invasione di ruoli istituzionali a parte) alcuni interrogativi dovrebbe proprio porseli, invece che condividere una euforia che sembra proprio fondata su una contraddizione in termini.

Termini che vedono reiterate ed irrisolte questioni su cui non si può basare alcuna emersione e sviluppo di  pur reali potenzialità:

Anzitutto l’insorgente faccenda della c.d. «sovrapposizione professionale», che i criteri “guida” e “limite” della l. 42/99 pongono come nodo da sciogliere: in tal senso, quale iconico esempio, forse anche meno eccentrico di quanto possa apparire, può essere rappresentata la situazione tra radiologi e TSRM in seno ai temi di giustificazione ed ottimizzazione degli esami radiologici;

Il nodo risorse, visto che, in un’ottica di spendibilità, esigibilità ed attuabilità, anche questo percorso non sfugge al c.2 art. 55-bis, d.lgs. 165/2001, modificato dall’art. 13, d.lgs. n. 75/2017, ove il legislatore usa la essenziale proposizione: «senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

Il pur famoso e ridondante, irrisolto Renziano binomio di: comma 566 della legge 190/2014 + sentenza 54/2015 Corte Costituzionale;

Il recente caso, coinvolgente TSRM ed Infermieri, del D. Min. Salute 10.08.2018 – Determinazione degli standard di sicurezza e impiego per le apparecchiature a risonanza magnetica.

L’enorme tema della collocazione/inoccupazione dei laureati magistrali, esclusi con sbalorditiva disinvoltura da tale processo di inneggiato «diritto alla “carriera”».

E … vogliamo proprio ignorare una miriade di (sempre puntuali) ironici pungoli, su base sociologica, da ben altra “coralità”, quali:

«scimmiottare un’arte millenaria come la Medicina»; «visione meccanicistica del Paziente»; «conoscenza surrogata in corsettini»; «dal punto di vista legale si profila l’abuso della professione medica»;  «un piccione, nutrito da una briciolina»; « I masters con pseudo indirizzo “clinico”»; «Ognuno al suo posto per favore, con il rispetto per ogni professione, ma ognuno si limiti ad eseguire quelle competenze previste dalle minilauree acquisite.» etc. etc. etc … senza nemmeno scomodare i più famosi leitmotiv: «Colpo di mano» , «Assalto alla diligenza» e «Apprendisti stregoni» … ???

Al di là di tutti questi né esaustivi e né risolutivi dubbi, nemmeno dovrebbe sfuggire che chi (più di tutti) si stia spendendo personalmente per questa rivoluzione Copernicana al contrario (perché su base mansionaristica) – che pure è stata nominata presidente dell’Agenas oltreché assessore regionale ai servizi sociali della Regione Veneto – possa vantare, a titolo di una ampia e collaudata esperienza nel settore sanitario, un massimo titolo di studio di diploma universitario di traduttore ed interprete (forse motivo di cotale cattedratica insofferenza?) – ma si sa, in Italia si può diventare anche Ministro della Repubblica con la sola scuola dell’obbligo …

Senza nemmeno prendere in considerazione il nemesico aspetto di generale fallimento del babelico (e mai abbastanza riformato o differenziato) sistema di autonomia delle regioni nella gestione della sanità/salute di un paese forse non così variegato nella sua composizione geo-culturale, che peraltro ha recentemente composto una secolare e planetaria imbarazzante incoerenza di tipo antropologico e dottrinario: l’esplosione del Coronavirus nelle regioni più virtuose (o così intese) sotto il profilo organizzativo, ma soltanto analizzando questo eterno, provincialissimo, più volte spergiurato e di fatto mai accantonato o risolto, “braccio di ferro” tra professioni sanitarie e mediche («i medici e tutte le altre professioni sanitarie lavorano per lo stesso obiettivo e che è del tutto ovvio che non esiste una professione ancillare di un’altra»), in una nuova logica all’interno della quale, in tutta onestà, non si riesce ad intravedere una vera strategia ed una linea di indirizzo delle pubbliche decisioni che non sia d’occasione o d’opportunismo, ove, forse sperando in una eleganza alquanto fuori luogo, lo sviluppo delle professioni sanitarie è stato addirittura definito come “carsico” [4]

Ebbene, contrattualità a parte, e pur confermando che le professioni sanitarie necessitino di autonomia come l’aria, risulta di gran lunga preferibile che tale loro sviluppo sia meno “congiurato”, meno “sistematizzato” e, più semplicemente, fondato sui medesimi motivi che caratterizzano le professioni mediche: quelli che spesso e volentieri i dottori medici utilizzano nel malriposto tentativo di minimizzazione e mortificazione degli altri dottori.

Un lungo studio (solo universitario) ed una reale abnegazione professionale; elementi entrambe tangibili (non nulli) e certamente perfettibili nella loro pacificità e democratico rispetto, inquadrati in una riforma a carattere nazionale, con il concorso di coloro che hanno deciso le norme primarie, ossia le rappresentanze democratiche (tutte nessuna esclusa) di questo Paese.

[1] 20/17/CR6a/C7

[2] https://www.cimomedici.it/2020/01/comunicato-stampa-cimo-veneto/

[3] https://portale.fnomceo.it/wp-content/uploads/2019/11/NOTA-DELIBERA-VENETO-signed.pdf

[4] https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=81628

Dott. Calogero Spada
Dott. Calogero Spada
Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (Bari, 1992), perfezionato in Neuroradiologia (Bari, 2001), Laureato Magistrale (Pavia, 2015), Master II liv. in Direzione e Management (Casamassima – BA, 2017) e di I liv. in Coordinamento (Castellanza – VA, 2011); dal 2017 guest blogger e web writer in sanità.
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