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giovedì, Marzo 28, 2024
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Professioni Sanitarie: cosa manca ai cosiddetti “non medici”? Ippocrate.

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Le Professioni Sanitarie non Mediche hanno bisogno proprio di Ippocrate per essere considerate tali?

Premesso che il compito primario degli ordini professionali è quello di salvaguardare il cittadino (verso cui si eserciti la principale tutela) da eventuali esercizi illegittimi di determinate professioni regolamentate e che gli stessi ordini di fatto debbano espletare anche le funzione di rappresentanza dei propri iscritti, di codifica delle regole di condotta, ed anche di quella “carta d’identità” cui ho già accennato [LINK], di una determinata professione, e che certamente sussiste in capo all’ordine interessato il compito di soprintendenza a che tutta l’attività dell’ente medesimo – elezioni comprese – si svolga nel rispetto della normativa vigente, comprendo la frustrazione del dott. Megna [LINK] pubblicata su QS.

Ma i fatti narrati non rivestono più, ormai, carattere “locale”: il comportamento sociale e politico è ormai uniformato in negativo: Bergamo, Foggia, Varese hanno già assistito a dinamiche ordinistiche dei Tsrm identiche a quelle da lui sollevate, da me già stigmatizzate nel neologismo “metodo staffetta” [LINK]; per evitare tali insorte illegittime espressioni certamente la norma di legge andrebbe aggiornata, e paradossalmente dovrebbero essere anche gli stessi ordini, proprio per un esercizio di tutela del cittadino, a promuovere tale evoluzione delle dinamiche pubbliche, a che le stesse rispondano a reali criteri di giustizia e di semplice morale, prima ancora che di democrazia; in tal senso risulta lampante che, sia rendere possibile la concentrazione di funzioni di presidente, candidato e verificatore, sia anche accettare che una lista possa titolarsi “l’ordine siamo noi” appaia come un atteggiamento immemore degli esiti infausti della nostra storia più recente, con il disastro “autarchico” targato anni trenta del secolo scorso … che esso sia applicato ad un ambito più ristretto non dà alcuna certezza su risultanze di minore impatto … infatti il denunciato esito di eliminazione delle «liste in controcorrente» fornisce ogni possibile lettura, tranne quella che tale organizzazione ordinistica abbia «fame di cambiamento».

Ciò detto, quello che però nessuna legge e nessuna ottima organizzazione (voto elettronico compreso) potrà suscitare o favorire è la mera partecipazione dei c.d. “interessati”, oggi massivamente disattesa; più in generale siamo di fronte ad un appiattimento di un interesse non più sostenuto da opportuni valori: ad es. in riferimento all’esercizio dell’elettorato, gli iscritti ad un ordine dovrebbero anzitutto ricordare di essere cittadini prima ancora di essere appartenenti ad una qualsivoglia corporazione: quindi l’esercizio delle tutele – che non possono né devono mai entrare in reciproco conflitto – non può esplicarsi in un atteggiamento noncurante ed al contempo attendista: il diritto al voto diventa dovere primario laddove le responsabilità vadano a sommarsi, come nel caso – forse paradigmatico – dei professionisti della salute; per loro disertare il voto significa rendersi corresponsabili delle pratiche illegittime, non solo: in tal modo si disattendono molti dei precetti contenuti nelle loro carte deontologiche ed ulteriormente ravvisabili nelle molteplici guarentigie al diritto alla salute, presenti non soltanto nell’art. 32 Cost. , ma anche in gran parte del corpus normativo vigente a carattere sanitario. E quindi poco dovrebbe importare sia le caratteristiche di una «burocrazia tanto farraginosa», sia se le elezioni ricadano «nelle festività natalizie e nel momento di picco pandemico» … L’emergente paradosso è che in generale gli stessi professionisti pongano le proprie lagnanze (più in forma di sterile e petulante borbottìo di sottofondo – al pari di un talk show) verso un sistema che da un lato certamente non li premi, ma di cui, dall’altro, certamente sono parte integrante.

Allora la questione vera è proprio quella di come fare a sviluppare tale diffuso senso civico o «buon senso»: cosa manca ai professionisti sanitari? A mio modo di vedere qualche contenuto manca, a partire da una forma corrispondente a quel giuramento di Ippocrate tutt’ora tanto caro ai medici.

Ricordo di un ddl, il n. 2243 – Legislatura 16ª: tale disegnata norma prevedeva una, pur laconica, formula di giuramento di fedeltà per i dipendenti pubblici, dal carattere obbligatorio, prevedendo il licenziamento senza preavviso, nei casi di rifiuto del dipendente. La sua formula suona molto similare a quella che recitano i nominandi ministri del governo:

«Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi, di adempiere ai doveri del mio ufficio nell’interesse dell’Amministrazione e dei cittadini per il pubblico bene»

Ma a mio modesto parere serve un vero e proprio giuramento unico, proprio delle professioni sanitarie, analogo a quello di Ippocrate: lo vedo come lo strumento più appropriato, quindi valido alla formazione di una autentica consapevolezza professionale: solo dalla coscienza di un ruolo, infatti, discendono tutti gli impegni, non soltanto di tipo professionale, ma anche civico e morale. Il tema è stato da me discusso in occasione dello studio di tesi specialistica, e dalla analisi incrociata tra etica deontologica e diritto è scaturita una formula molto interessante.

È una idea da sviluppare – insieme a tutti i non medici – per renderci più responsabili del nostro destino umano e professionale.

Dott. Calogero Spada
Dott. Calogero Spada
Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (Bari, 1992), perfezionato in Neuroradiologia (Bari, 2001), Laureato Magistrale (Pavia, 2015), Master II liv. in Direzione e Management (Casamassima – BA, 2017) e di I liv. in Coordinamento (Castellanza – VA, 2011); dal 2017 guest blogger e web writer in sanità.
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