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Professioni Sanitarie: ben 19 Albi riuniti nella Federazione. Parla il presidente Beux.

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I Professionisti Sanitari di ben 19 Albi professionali si riuniscono a Rimini presso il Palacongressi dall’11 al 13 ottobre 2019 per dar vita concretamente alla loro Federazione Nazionale. Parla il presidente Alessandro Beux, intervistato dal nostro direttore.

Nasce una Federazione stellare. Sono ben 19 gli Albi professionali riuniti all’interno della Federazione TSRM PSTRP e tante le sfaccettature professionali da affrontare. In occasione del Congresso Nazionale che si svolgerà a Rimini dall’11 al 13 ottobre incontriamo il Presidente Alessandro Beux e facciamo il punto della situazione.

Con la Legge 3/2018 sono stati istituiti ufficialmente gli albi delle professioni sanitarie e la Federazione Nazionale Ordine TSRM – PSTRP. Tanti colleghi con preparazione eterogenea che aspirano ad un riconoscimento sociale, economico e soprattutto professionale. Come si sente a guidare, seppur momentaneamente e in attesa del congresso di ottobre in quel di Rimini, questo gruppo così variegato? Ha riscontrato delle difficoltà oggettive?

Mi sento onorato e responsabilizzato da questo ruolo di guida. L’eterogeneità alla quale si fa riferimento è per noi un elemento di ricchezza; per poter garantire la miglior sicurezza e qualità delle loro prestazioni, le professioni sanitarie hanno anche bisogno di conoscersi, affinché nella dimensione pratica l’integrazione sia la migliore possibile: è uno dei motivi principali per i quali ci siamo resi disponibili alla realizzazione del cosiddetto maxi-Ordine, cioè a un contesto che favorisca questa reciproca conoscenza,interazione e integrazione. In sostanza, l’eterogeneità si configura come una grande opportunità, che noi ovviamente confidiamo di riconoscere come tale e, soprattutto, di saper cogliere appieno. Per quanto riguarda il quesito sulle difficoltà, queste sono indubbiamente di carattere organizzativo, tecnologico e procedurale, riconducibili all’attività che ci è stata attribuita dalla legge, che è quella di censire, iscrivendoli, circa 200.000 professionisti già operanti nel sistema sanitario. Tuttavia, la difficoltà di più difficile gestione è quella relazionale e inter-professionale, derivante dal modo in cui i diversi soggetti interpretano l’Ordine: in questo anno e mezzo di crescente convivenza abbiamo avuto modo di registrare che alcuni di questi soggetti – sia fisici che giuridici – hanno una visione strumentale dell’Ordine, come se questo fosse qualcosa che deve essere a loro disposizione e dal quale devono trarre un vantaggio particolare, in alcune occasioni personale; ciò è in netta contrapposizione a ciò che deve essere, perché sono invece i singoli soggetti, fisici e giuridici, a doversi rendere disponibili alla piena realizzazione dell’Ordine, certamente anche nella dimensione che è stata richiamata prima, ma soprattutto in termini di progettualità e contributo alla loro realizzazione. Ecco, questa è la principale difficoltà. Poi ci sono difficoltà operative di più facile gestione, anche se richiedono impegno. Impegno che non è mai mancato e per il quale anche in questa occasione sento di dover ringraziare i Presidenti degli Ordini, i componenti dei Consigli direttivi e tutti coloro che li hanno supportati, a partire dalle Associazioni maggiormente rappresentative e i loro rappresentanti. Stanno compiendo un’opera ciclopica, senza precedenti, della quale il Paese gli dovrà essere grato.

Dall’11 al 13 ottobre 2019 avrà luogo presso il Palacongressi di Rimini il Primo congresso nazionale della vostra Federazione. Quali saranno i temi fondamentali che affronterete?

Prima di fare un’elencazione di tutti i temi che verranno affrontati a Rimini, mi preme sottolineare che sono tutti trasversali, di interesse generale: sono cioè temi in cui tutti i professionisti ai quali il Congresso si rivolge si possono riconoscere – chi più chi meno – perché ogni professione ha a che fare con quelle Specifiche questioni. In sintesi, parleremo di: competenze avanzate e specialistiche, un tema che interessa le professioni sanitarie da troppo tempo, senza essersi ancora concluso con la loro giusta soddisfazione; Ordine e albi; promozione della salute e contributi che le diverse professioni sanitarie possono darle; malattie cronico-degenerative, che hanno un impatto crescente sulla nostra società e sul sistema socio-sanitario; percorsi diagnostico-terapeutici e assistenziali; tecnologie digitali che, in modo più o meno pervasivo, hanno interessano tutti gli ambiti della sanità, quindi tutte le professioni che vi operano; aspetti giuridici, medico-legali ed etici che, con contenuti e sfumature diverse, sono delicati per tutte le professioni.

Quella di affrontare tematiche trasversali è stata una scelta consapevole e determinata, indirizzata a professionisti che da decenni sono invece abituati a offerte formative, comprese quelle congressuali, a carattere verticale, cioè incentrate sulle tematiche proprie della singola professione. Può darsi che qualcuno abbia difficoltà a riconoscersi in un evento di questo tipo, ma abbiamo cercato di dare una dimensione un po’ più alta e un po’ più ampia di quella del solo esercizio tecnico della professione, soprattutto per favorire la crescita di un’identità comune: ciò che è condiviso prima di ciò che differenzia.

Ultimamente l’ex-ministro della salute Giulia Grillo ha emanato un decreto che suona come una sanatoria nei confronti di chi non ha le carte in regola per definirsi un vero professionista sanitario e quindi iscriversi ad uno degli albi facenti riferimento alla sua Federazione. Qual è la posizione ufficiale dell’Ente da Lei diretto in merito ai cosiddetti Elenchi Speciali? Si garantisce realmente l’incolumità del Cittadino e la certezza della Diagnosi?

La nostra posizione, come abbiamo recentemente avuto modo di illustrare in una comunicazione inviata ai circa 130.000 professionisti già iscritti ai diversi albi dei nostri Ordini, è che, contrariamente a quanto qualcuno sostiene, non si tratta di una sanatoria, bensì di un doveroso atto di giustizia nei confronti di coloro che, pur non avendo oggi un titolo abilitante (cioè universitario), equipollente o equivalente, hanno iniziato a esercitare in modo trasparente e regolare in forza di titoli che erano riconosciuti idonei quando sono entrati nel mondo del lavoro. Se poi col passare del tempo la normativa generale, quella di abilitazione all’esercizio della professione e i relativi percorsi formativi sono cambiati, non se ne può fare una colpa a chi già stava esercitando in forza delle precedenti regole del gioco. Questi soggetti, che 25-30-35 anni fa sono entrati in modo trasparente e regolare nel Servizio sanitario nazionale devono poter continuare a esercitare la loro professione. Dato che ora la norma prevede che si possa continuare a farlo solo se si è iscritti all’albo, e che loro non hanno un titolo che glielo consente, serviva qualcos’altro a cui poterli iscrivere: gli elenchi speciali a esaurimento sono la risposta a questa esigenza. Al secondo quesito, relativo alla garanzia della sicurezza degli assistiti, rispondo: sicuramente sì, perché se il Sistema sanitario italiano è ancora riconosciuto come uno dei migliori del mondo, è anche grazie al contributo di queste persone. Quindi non c’è nessun detrimento in termini di sicurezza e qualità dell’assistenza. Gli abusivi che mettono a rischio l’incolumità delle persone assistite sono quelli che, al termine di questo colossale censimento, rimarranno fuori sia dagli albi che dagli elenchi speciali a esaurimento.

Al suo interno ha un gruppo di facinorosi che la contestano sui social e su alcuni portali di Ordini provinciali. È normale la dialettica, ma non crede che alcune volte si va oltre la democratica dialettica e ci si spinge su posizioni personalistiche che il Cittadino non comprende?

Si tratta di soggetti a cui abbiamo sempre dato una scarsa rilevanza, data la nostra impostazione a carattere positivo-propositivo: di fronte a una mancanza e a una criticità non si deve polemizzare, ma ci si deve rimboccare le maniche per provare a colmare la prima e risolvere la seconda. All’interno dell’Istituzione che ho l’onore di presiedere ci sono tanti colleghi che sono competenti, disponibili e volenterosi, e sono questi i nostri interlocutori abituali, coi quali progettiamo e realizziamo ciò che non c’è ocerchiamo di migliorare ciò che già c’è, ma non va come dovrebbe. Oltre a questo gruppo positivo-propositivo, quello che più c’interessa non è il gruppo di quelli che lei chiama facinorosi, bensì quello degli iscritti che non si interessano, che non partecipano. Loro sono un nostro pensiero costante, perché tra di loro c’è sicuramente qualcuno che potrebbe fare tanto e bene per l’Ordine, per la comunità professionale. Dobbiamo renderci sempre più attenti e permeabili, in modo che l’Istituzione diventi interessante anche per le persone che ora sono più distanti. Le nostre porte sono da sempre aperte a chi è capace di andare oltre la sterile polemica.

Con l’istituzione della Federazione dei professionisti sanitari ha senso a suo parere tenere ancora in piedi le cosiddette Associazioni Maggiormente Rappresentative che ha poi dato vita al Conaps? O pensa ad una loro diretta integrazione nella FNO?

Non ha alcun senso e non sarà possibile tenere in piedi le Associazioni maggiormente rappresentative (AMR), perché queste sono state riconosciute tali con decreto ministeriale proprio perché non c’era un soggetto di rappresentanza istituzionale per quelle professioni. Ora che ci sono le commissioni d’albo, una per ciascuna delle 19 professioni che afferiscono all’Ordine, non hanno più ragione di esistere in quella forma. E questo lo sanno anche loro da tempo, tanto che nel 2018, nei mesi seguenti all’entrata in vigore della legge 3, tutte hanno rivisto i loro statuti per diventare associazioni tecnico-scientifiche, per occuparsi ciò che gli è proprio: curare l’aspetto scientifico della professione sanitaria di riferimento. Pertanto la risposta è no, ma non è un no che sciocca, irrita o nega qualcuno, perché in modo molto responsabile questo qualcuno ha da subito compreso e accettato che lo scenario sarebbe cambiato e che di conseguenza avrebbe dovuto cambiare in proprio status. Per quanto detto, non sarà necessario integrare le AMR nella FNO, bensì attivare la collaborazione tra quest’ultima e le associazioni tecnico-scientifiche, proprio come già avvenuto per i Tecnici di radiologia, che avevano il loro albo all’interno dell’ex Collegio TSRM e che nel tempo hanno creato una cooperazione tra la rappresentanza istituzionale e le sette associazioni tecnico-scientifiche di riferimento.

Qual è e quale sarà il rapporto con le altre Federazioni, ovvero con la FNOMCeO, la FNOPI e la FNOPO dopo il congresso di Rimini? Farete sentire di più la vostra voce per chiedere più spazi in ambito assistenziale e diagnostico?

I rapporti con le tre Federazioni citate sono statisempre buoni, soprattutto negli ultimi anni; tutte e tre sono state invitate al nostro Congresso, parteciperanno alla tavola rotonda iniziale, quella sulle competenze avanzate e specialistiche, e confidiamo che dopo il Congresso le cose vadano anche meglio, grazie a questa ulteriore occasione di confronto. Continueremo a lavorare per migliorare e intensificare i percorsi di collaborazione e cooperazione. Per quanto riguarda il far sentire la nostra voce, lo facciamo con costanza, sempre in modo propositivo. Auspichiamo che venga ascoltata sempre di più, non solo dalle altre Federazioni, ma da tutto il sistema e dalla società; da questo punto di vista in Congresso può dare una mano.

Con l’avvento della Federazione si dovrà pensare anche ad una formazione condivisa e che riguarda una ventina di professioni sanitarie. Non pensa che si debba intervenire alla base, ovvero programmi comuni di studio a livello universitario di base e di quelli post-base?

Sì lo crediamo da tempo, è uno degli obiettivi che accomuna le 19 professioni rappresentate. Uno degli effetti positivi del confronto tra le professioni sanitarie all’interno dell’Ordine potrà proprio essere un’opera di sensibilizzazione più incisiva nei confronti dell’Università in modo che una parte della formazione sia comune, quella che non è ancora finalizzata a specializzare, quindi a differenziare le professioni. Stare insieme nelle aule universitarie è un modo efficace per apprendere conoscenze e acquisire competenze condivise, contribuendo alla realizzazione di un’identità comune e coesa nell’Ordine, che in termini di inter-professionalità finisce per avere un impatto positivo sulla sicurezza e sulla qualità delle cure.

Infine, state pensando anche alla Dirigenza delle professioni sanitarie?

Quello della dirigenza è un tema che seguiamo tutti da prima che ci fosse l’Ordine: il fatto di pensarci come 19 entità unite e non divise ci renderà senz’altro più credibili, meglio strutturati e quindi più autorevoli. Le posizioni dirigenziali, come c’insegnano gli esperti, sono posizioni contendibili, e quindi non possiamo pensare che siano posizioni che qualcuno ci mette a disposizione dall’alto e dall’esterno. Sono posizioni che ci dobbiamo conquistare attraverso una sana e leale competizione al cui centro ci devono essere la conoscenza e il rispetto delle peculiarità dei contesti da dirigere e delle competenze che sono necessarie per farlo con autorevolezza, sicurezza ed efficacia.

Dott. Angelo Riky Del Vecchio
Dott. Angelo Riky Del Vecchiohttp://www.angelorikydelvecchio.com
Nato in Puglia, vive e lavora in Puglia, Giornalista, Infermiere e Scrittore. Già direttore responsabile di Nurse24.it, attuale direttore responsabile del quotidiano sanitario nazionale AssoCareNews.it. Ha al suo attivo oltre 15.000 articoli pubblicati su varie testate e 18 volumi editi in cartaceo e in digitale.
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