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Violenza ostetrica: l’ONU la riconosce di genere. E’ una violazione dei diritti umani.

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La Relatrice Speciale delle Nazioni Unite riconosce la violenza ostetrica come violenza di genere e violazione dei diritti umani.

L’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica Italia, insieme alle associazioni La Goccia Magica e CiaoLapo, presenta oggi la traduzione in italiano del Rapporto della Relatrice Speciale delle Nazioni Unite Dubravka Šimonović sul tema del maltrattamento e della violenza ostetrica contro le donne nei servizi di salute riproduttiva e nel parto.[1]

La Relatrice Speciale sulla violenza contro le donne, le sue cause e le sue conseguenze del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite Dubravka Šimonović ha presentato all’ultima Assemblea Generale, tenutasi a New York il 4 ottobre 2019, il Rapporto annuale che per la prima volta affronta il tema della violenza ostetrica come violenza di genere e propone un approccio basato sui diritti umani. Il Rapporto è il risultato della collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

“Nel mio rapporto affronto le cause all’origine del maltrattamento e della violenza in cui le donne diventano vittime dei sistemi sanitari scadenti, provati dalla mancanza di tempo e di risorse, come dalle condizioni di lavoro del personale sanitario. Leggi discriminatorie e stereotipi di genere pericolosi sul ruolo naturale delle donne nella società e nella maternità giocano un ruolo anche nel parto e contribuiscono a limitare l’autonomia e l’agire delle donne. Questi stereotipi nocivi sono ulteriormente giustificati dalla convinzione che il parto sia un evento che richiede sofferenza da parte delle donne, il che porta alla “normalizzazione” dell’abuso. In aggiunta, nel mio Rapporto, affronto lo sbilanciamento dei poteri nella relazione tra i professionisti sanitari e i pazienti come ulteriore causa alla radice del maltrattamento e della violenza, incluso l’abuso della dottrina delle necessità medica che spesso viene usata per giustificare il maltrattamento e l’abuso durante il parto.”[2]

Dubravka Šimonović rileva che la seguente definizione di violenza contro le donne, sancita dall’articolo 1 della Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne delle Nazioni Unite, è applicabile a tutte le forme di maltrattamento e violenza nei servizi di salute riproduttiva e nel parto: “ogni atto di violenza fondata sul genere che abbia come risultato, o che possa probabilmente avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata”.

Il Rapporto è ora disponibile nella traduzione ufficiale in italiano grazie all’impegno dell’avv. Alessandra Battisti ed Elena Skoko, fondatrici dell’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica Italia (OVOItalia), che da anni si occupano di advocacy sul fenomeno dell’abuso e della mancanza di rispetto nel parto e che hanno contribuito a creare un movimento di madri e una rete di associazioni che si occupano del tema sul territorio nazionale e internazionale.

“Per la preparazione del mio rapporto ho pubblicato un invito a mandarmi informazioni sul tema e sono rimasta scioccata dall’altissimo numero di risposte ricevute, oltre 120, di cui rapporti di ONG, testimonianze individuali e contributi accademici, incluso il documento inviato dall’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica Italia. Vi ringrazio per il vostro contributo”, dichiara la Relatrice Speciale Dubravka Šimonović e aggiunge “i movimenti di base, come il vostro, svolgono un ruolo chiave nel promuovere il cambiamento e il rispetto dei diritti delle donne durante la gravidanza”.

Approfondimento.

Rapporto della Relatrice Speciale delle Nazioni Unite Dubravka Šimonović sul tema del maltrattamento e della violenza ostetrica contro le donne nei servizi di salute riproduttiva e nel parto.

Il Rapporto in sintesi.

Il Rapporto ha l’obiettivo di assistere gli Stati affinché possano adempiere i propri obblighi per la tutela dei diritti umani e sviluppare in modo adeguato leggi, politiche, strategie nazionali per la salute riproduttiva delle donne e procedure istituzionali per le denunce in caso di violazioni dei diritti che possano assicurare un approccio basato sui diritti umani e l’assunzione di responsabilità (accountability) all’interno delle strutture sanitarie.

I maltrattamenti e la violenza contro le donne nei servizi di salute riproduttiva e durante il parto sono affrontati nel Rapporto come parte di un insieme di violazioni che vengono realizzate nel contesto più vasto dell’ineguaglianza strutturale, della discriminazione e del patriarcato e sono anche il risultato di una mancanza di istruzione e formazione adeguata e della mancanza di rispetto per l’uguaglianza e i diritti umani delle donne. Tale violenza viene vissuta dalle donne e dalle ragazze che accedono ai servizi di salute sessuale e riproduttiva, inclusi gli esami ginecologici, l’interruzione di gravidanza, i trattamenti per la fertilità, la contraccezione e in ogni altro contesto di salute sessuale e riproduttiva.

Il Rapporto affronta inoltre il tema del consenso informato come diritto umano e come protezione contro questa forma di violenza. Alle donne viene frequentemente negato il diritto alle decisioni informate in relazione ai trattamenti sanitari che ricevono durante il parto o in altri servizi di salute riproduttiva; questa mancanza del consenso informato rappresenta una violazione dei diritti umani attribuibile allo Stato e ai sistemi sanitari nazionali.

Attraverso le informazionii ricevute, incluso da OVOItalia, la Relatrice Speciale è stata in grado di identificare le manifestazioni della violenza di genere nei servizi di salute riproduttiva e durante il parto presso le strutture ospedaliere. L’elenco, non esaustivo, di queste manifestazioni include il taglio cesareo senza consenso e privo di indicazioni mediche, l’abuso di episiotomia, l’eccesso di induzioni, pressione sul fondo dell’utero (manovra di Kristeller), violazioni di privacy e di riservatezza, procedure mediche dolorose (come il raschiamento, la sutura dopo l’episiotomia, prelievo degli ovuli nelle procedure di fecondazione assistita ecc.) effettuate senza anestesia, l’impossibilità di decidere la posizione del parto, le pratiche di profonda umiliazione, abuso verbale e affermazioni sessiste ed altre.

“Tra le questioni che i documenti hanno evidenziato emerge un problema con la somministrazione di un vero consenso informato, un crescente abuso della necessità medica che conduce ad alti numeri di tagli cesarei non necessari, alti numeri di episiotomie non necessarie e altri trattamenti non necessari sotto il profilo medico, ma ancora più grave è che io abbia riscontrato che le donne  durante il parto siano private della loro autonomia nell’agire e della loro integrità fisica, che siano maltrattate e a volte, persino, umiliate.”

Tra le cause principali dei maltrattementi nel parto e della violenza ostetrica, la Relatrice Speciale, rileva le dinamiche di potere nella relazione medico-paziente. Sebbene i sanitari non sempre hanno l’intenzione di provocare sofferenza ai propri pazienti, “l’autorità medica può favorire una cultura dell’impunità quando la violazione dei diritti umani non solo non trova un rimedio ma addirittura non viene neanche riconosciuta”. Questo disequilibrio di poteri è molto evidente nelle situazioni in cui i sanitari abusano della dottrina della necessità medica al fine di giustificare il maltrattamento e l’abuso nel parto.

Le cattive condizioni di lavoro, la mancanza di formazione sui diritti umani e le scarse risorse economiche sono, secondo il Rapporto, le cause all’origine del maltrattamento e della violenza contro le donne nei servizi di salute riproduttiva e nel parto. Inoltre, la mancanza di supporto e di supervisione degli operatori sanitari è stato considerato un fattore che contribuisce al basso livello morale e alle attitudini negative dei fornitori di assistenza che, a turno, perpetuano il maltrattamento verso le donne.

Le raccomandazioni agli Stati.

La Relatrice Speciale, in conformità al mandato ricevuto dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, ha formulato delle raccomandazioni rivolte a tutti gli Stati membri, inclusa l’Italia.

Gli Stati dovrebbero elaborare delle strategie nazionali sui servizi di salute riproduttiva e sulla nascita al fine di assicurare trattamenti rispettosi, attenti e gentili, basati sul rispetto dei diritti umani nel contesto del parto e degli altri servizi riproduttivi, in linea con gli standard internazionali dei diritti umani, incluso il rispetto per la privacy e per la riservatezza.

In relazione alla violenza ostetrica, si chiede agli Stati di:

  1. Garantire nella legge e nella pratica il diritto delle donne ad avere una persona di propria scelta durante il parto;
  2. Considerare la possibilità di consentire il parto in casa ed evitare la criminalizzazione del parto a domicilio;
  3. Monitorare le strutture sanitarie e raccogliere e pubblicare i dati sulle percentuali di tagli cesarei, di parti vaginali, di episiotomie e di altri trattamenti relativi al parto, all’assistenza ostetrica e ai servizi di salute riproduttiva, su base annuale;
  4. Applicare gli strumenti dei diritti umani e gli standard dell’OMS relativi all’assistenza rispettosa alla maternità, durante il parto e nella violenza contro le donne;
  5. Affrontare la mancanza dell’anestesia e del sollievo dal dolore, la mancanza della scelta della posizione del parto e la mancanza dell’assistenza rispettosa.

Inoltre, il Rapporto raccomanda di istituire delle procedure di accountability basate sui diritti umani per assicurare le compensazioni per le vittime di maltrattamento e violenza, incluso il risarcimento economico, il riconoscimento da parte dei fornitori di assistenza di avere agito male, le scuse formali e la garanzia di non ripetere più tali comportamenti.

Tra le raccomandazioni: quella di aumentare la consapevolezza tra gli avvocati, i giudici ed il pubblico circa i diritti umani delle donne nel contesto del parto per assicurare il ricorso efficace a dei rimedi; garantire valide e corrette istruttorie delle denunce di maltrattamento e violenza contro le donne durante il parto; assicurare la responsabilità dei professionisti e le sanzioni da parte delle associazioni/ordini professionali in caso di maltrattamento e l’accesso alla giustizia in casi di violazione dei diritti umani.

Dal punto di vista legale, adottare leggi e politiche sanitarie effettive per l’applicazione del consenso informato in tutti i servizi di salute riproduttiva e garantire un consenso preventivo, libero e informato per il taglio cesareo, per l’episiotomia e per altri trattamenti invasivi durante il parto. 

Italia: il movimento delle madri per i diritti umani nel parto, #bastatacere e dati Doxa.

Il Rapporto della Relatrice Speciale sulla violenza contro le donne, le sue cause e le sue conseguenze del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite Dubravka Šimonović sottolinea che il problema della violenza ostetrica non riguarda soltanto i paesi a basso reddito ma si manifesta nei sistemi sanitari di tutti i Paesi, come si evince dagli esempi citati nel documento.

Il Rapporto recepisce le istanze delle donne che hanno partoriro in Italia e hanno vissuto esperienze traumatiche nell’assistenza alla maternità e nel percorso nascita. Le testimonianze emerse dalla campagna virale “#bastatacere: le madri hanno voce” del 2016, in linea con iniziative simili in altri paesi europei, hanno fatto emergere il fenomeno anche nel nostro Paese e questa iniziativa è stata apprezzata dalla Relatrice Speciale. I dati della ricerca nazionale della Doxa “Le donne e il parto” del 2017, dai quali si evince che il 21% delle donne del campione intervistato dichiara di avere subito una qualche forma di violenza durante il parto e il 41% si ritiene lesa nella propria dignità personale e nell’integrità psicofisica, sono stati recepiti. La Relatrice Speciale cita il dato relativo all’episiotomia in cui il 61% di donne che hanno subito questa pratica non hanno dato il loro consenso.

Elena Skoko, artista e madre attivista, coordinatrice della campagna mediatica #bastatacere sottolinea che: “Il Rapporto della Relatrice Speciale ha accolto le voci e la sofferenza delle donne, rimaste ignorate nei propri Paesi. Le donne in quanto utenti dei servizi di assistenza alla maternità generalemente non vengono considerate come partecipanti attive nei processi decisionali e sono escluse dalla partecipazione alle politiche saniarie. In Italia ad oggi non ci sono percorsi che permettano alle donne di esprimere le loro preferenze di parto e il sistema sanitario non garantisce la scelta dei luoghi di nascita e nemmeno delle modalità di assistenza. Le donne che hanno vissuto un parto traumatico esprimono la propria sofferenza sui social perché non ci sono altri luoghi di ascolto. Dalle istituzioni di un Paese avanzato e democratico ci si aspetterebbe di più dell’indifferenza e dell’ostilità noi confronti delle madri, dei neonati e anche degli operatori sanitari.”

L’avvocato Alessandra Battisti, esperta nel tema della violenza ostetrica e dei diritti umani nella nascita, evidenza i profili giuridici che emergono dal rapporto: “La novità del rapporto della Relatrice Speciale consiste nell’avere inquadrato la violenza ostetrica e i maltrattamenti durante il parto come violenza di genere che colpisce le donne in quanto donne. Trattamenti medici senza consenso e in assenza di indicazioni cliniche vengono qualificati come inumani e degradanti, e in taluni casi persino tortura, mentre le espressioni offensive e sessiste durante il parto intergrano una forma di violenza psicologica”.

Michela Cericco, presidente de La Goccia Magica, associazione di volontariato che si occupa del sostegno all’allattamento alla pari, sottolinea che la violenza ostetrica non si manifesta soltanto al travaglio e al parto, ma prosegue anche nell’avvio dell’allattamento con conseguenze negative per la mamma e per il neonato. “Noi mamme peer sosteniamo le madri che ci contattano e desiderano allattare o ri-allattare e non sanno a quali servizi preposti fare riferimento per ricevere sostegno e assistenza scientificamente ed eticamente corretta. Possiamo sostenere che il problema non è la capacità della donna di avviare e proseguire l’allattamento ma che la difficoltà è proporzionale all’esperienza traumatica che la madre ha vissuto nell’assistenza al parto e post parto e che oggi a pieno titolo possiamo chiamare violenza ostetrica.

Claudia Ravaldi, medico psichiatra e psicoterapeuta, fondatrice dell’associazione CiaoLapo dedicata al sostegno, alla ricerca e alla formazione nell’ambito del lutto perinatale e della salute mentale perinatale sottolinea: “Molte donne che hanno vissuto l’esperienza della morte in utero e del lutto perinatale in genere hanno partecipato alla campagna #bastatacere e riferiscono di avere percepito come irrispettosi e abusanti alcuni aspetti dell’assistenza ricevuta, inquadrabili in questo documento con il termine violenza ostetrica. Nella mia esperienza di medico e formatrice ho visto in questi anni importanti progressi positivi nelle strutture con cui abbiamo avviato una collaborazione, grazie alla formazione e alla consapevolezza che si genera attraverso un dialogo costruttivo e rispettoso tra operatori e madri. Il problema rimane aperto e drammaticamente attuale laddove manca un ascolto partecipe e rispettoso della voce delle donne nell’ambito dell’assistenza al loro parto, sia esso a basso o ad alto rischio. Questa incomunicabilità produce altra sofferenza e rimanda ulteriormente la possibiltà di trovare una soluzione adeguata.”

[1] Link alla fonte: LINK.

[2] Discorso della Relatrice Speciale all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, New York, 4 ottobre 2019. Fonte: LINK.

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