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Sindrome Sjogren, Aifi: Fisioterapia per approccio multidisciplinare.

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 Aifi, I fisioterapisti scendono in campo a favore di chi soffre di questo problema.

Colpisce le ghiandole esocrine, in particolare quelle lacrimali e salivari, provocando secchezza. Ma nella forma primaria si accompagna anche ad altre malattie autoimmuni, come artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico, tiroidite di Hashimoto, morbo di Crohn, mieloma multiplo, linfomi. E’ la sindrome di Sjogren, una patologia infiammatoria cronica autoimmune, nettamente più frequente nelle donne con un rapporto di 9 a 1 e un picco di incidenza intorno ai 50 anni.

Da anni l’onlus Animass, l’Associazione nazionale italiana malati sindrome di Sjogren, si batte per il riconoscimento come malattia rara per le sue caratteristiche di patologia autoimmune a coinvolgimento multisistemico, con andamento cronico e molto invalidante. Lo riferisce l’agenzia Dire.it.

Proprio il fatto di essere una sindrome che coinvolge piu’ ambiti, fa si’ che se ne occupino diverse figure sanitarie, dai medici ai fisioterapisti, con l’obiettivo di accelerare il processo di diagnosi e quindi trattamento.

“Da anni diciamo che come tutte le patologie ad andamento cronico e multisistemico e’ importante l’individuazione precoce dei segni, mentre a oggi mancano gli strumenti efficaci per questo scopo”, spiega la dottoressa Maria Antonietta Fara, membro del direttivo regionale Lazio e componente dello staff Affari Sociali di AIFI, l’Associazione nazionale fisioterapisti.

L’occasione viene dal convegno ‘La sindrome di Sjogren. Conoscerla e curarla insieme’, organizzato a Roma presso il Best Western Globus Hotel. Quindi e’ importante avere strumenti di valutazione adatti a individuare il bisogno riabilitativo in modo di fare interventi precoci.

“Due anni fa abbiamo pubblicato sulla rivista ‘Scienza Riabilitativa’ un lavoro sull’appropriatezza e l’efficacia della Scala sf-36, la scala di valutazione della percezione della qualita’ di vita. E’ composta da 36 items divisi in 8 sottoscale per valutare l’impatto della malattia misurando la qualita’ della vita con parametri come ad esempio presenza di fatica, resistenza a vari dolori, livello di limitazione sociale”. In questo modo, spiega Fara, “abbiamo dimostrato l’utilita’ dello strumento per identificare precocemente i soggetti che hanno bisogno di percorsi riabilitativi e di conseguenza dare delle risposte appropriate, efficaci e precise”.

La sindrome di Sjogren ha un impatto molto disabilitante, con sintomi che coinvolgono anche l’ambito osteomioarticolare e quello delle neuropatie, con forme di astenia e dolore cronico che rendono il quadro di difficile inquadramento e trattamento.

Cosa puo’ fare in questi casi il fisioterapista?

“Prima di tutto agisce con un approccio educazionale – aggiunge Fara – ma poi consigliamo attivita’ aerobiche (provata, ad esempio, l’efficacia del nordic walking) da svolgere in modo supervisionato per contrastare alcune problematiche come la riduzione respiratoria e la fatica, ma anche depressione e ansia che generalmente accompagnano la vita di questi pazienti. Infine, interveniamo nello specifico sulla patologia d’organo”.

C’e’ pero’ un aspetto da evidenziare.

“L’approccio alla patologia deve essere multidisciplinare e omogeneo, perche’ le persone con sindrome di Sjogren incontrano vari tipi di specialisti, dal dermatologo al neurologo, ognuno con un approccio settario e che agisce per compartimenti stagni. Bisognerebbe lavorare molto per una presa in carico piu’ omogenea- continua Fara- creando dei percorsi specifici ed evitando la frammentazione degli interventi. Sarebbe utile, in questo senso, il modello della fisioterapia d’iniziativa”.

Anche perche’ bisogna fare i conti con una diagnosi tardiva, “che puo’ arrivare anche con ritardi di 11 anni a causa della varieta’ dei sintomi presenti. Per questo e’ indispensabile insistere su prevenzione e riabilitazione precoce: dobbiamo fare in modo che gli strumenti di individuazione del bisogno riabilitativo siano a disposizione del medico di base, che solitamente e’ il primo al quale si rivolge un paziente”.

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