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Coronavirus. Pietro Lucari, da allenatore di calcio ad Infermiere nei reparti Covid, tra ansia e paura di non farcela.

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Emergenza Coronavirus. Ecco la storia di Pietro Lucari, 37 anni, da allenatore di calcio ad Infermiere nei reparti Covid, tra ansia e paura di non farcela.

Giocatore dai piedi buoni, allenatore della Pineto United, squadra di calcio popolare di Roma Nord Ovest, infermiere. Pietro Lucari, per settimane, ha messo anima e corpo in un centro Covid 19 della Capitale: “Per me è finita. L’esperienza è terminata con il calo dei pazienti ed adesso inizio la quarantena di prassi, per poter tornare al lavoro di sempre. Con il presupposto, però, che se dovesse esserci un’impennata di contagi probabilmente dovrò tornare”. E’ quanto scrive il collega Claudio Bellumori su TerzoBinario.it.

Pietro Lucari ha 37 anni ed è iscritto all’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Roma.

Ore, minuti, secondi difficili da dimenticare per Pietro, a contatto con un vortice di emozioni. “Ricorderò i giorni drammatici degli inizi, con i colleghi in lacrime perché non si sapeva da dove cominciare. Il suono continuo delle ambulanze, l’andirivieni di barelle, il prender contatto con la vestizione e svestizione, l’ansia del contagio“.

Maniche rimboccate e un sorriso sempre sulle labbra, perché “quei i pazienti non avevano nessuno tranne noi. Così abbiamo iniziato a curarli, imboccarli, medicarli. Abbiamo visto alcuni, con grande soddisfazione, superare la fase critica. Abbiamo visto altri, invece, non farcela. Ed è stata la cosa più dura”.

“Non li abbiamo lasciati mai soli i pazienti, ci siamo sostituiti ai loro parenti. Abbiamo cercato di tenere alto il morale, soprattutto di quelli che per la solitudine si stavano lasciando andare. Poi l’ansia per il primo tampone dopo 15 giorni di lavoro: negativo”.
La partita non è ancora chiusa.

E Pietro lo sa: “Mentre sono uscito da quel reparto, ci sono colleghi che stanno continuando a lavorare. Adesso tocca a tutti quanti, in questa fase 2 usare tutte le accortezze per evitare i contagi”. Con un messaggio finale: “Dobbiamo farlo per chi continua a lavorare nei reparti Covid ma soprattutto per tutti quelli che, espletando il proprio lavoro hanno perso la vita. Che il loro sacrificio non sia vano”.

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