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Coronavirus. Igor, Infermiere: “fateci tornare al Sud ad abbracciare i nostri cari, non ce la facciamo più”.

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Emergenza Coronavirus. Igor Vinci, Infermiere: “fateci tornare al Sud ad abbracciare i nostri cari, non ce la facciamo più”.

Oggi raccontiamo la storia di Igor Vinci, Infermiere dell’emergenza a Feltre sulle Dolomiti, si è sfogato sul suo Profilo Facebook nei confronti degli italiani e ci ha contattati per dare spazio a quello che è un sentimento diffuso: “abbiamo voglia di riabbracciare i nostri cari al Sud, ma se la gente continua a non rispettare le regole sarà molto difficile che accada nell’immediato”.

“Viste le tante lamentele fosse per me vi lascerei tutti liberi di fare ciò che volete però vi lascerei anche boccheggiare come pesci fuori dall’acqua quando iniziate a stare male, perché corrervi dietro inizia anche a stancarmi personalmente… non so poi se altri colleghi ne hanno ancora voglia… ma il giochino alla lunga stanca anche perché in estate sotto quel sole, quella tutina di plastica inizia a non essere tanto piacevole… fare ripartire l’economia è corretto… evitare di creare una seconda ondata è una responsabilità di chi prende certe decisioni… non pensiamo solo ai nostri interessi personali, cerchiamo di ragionare in maniera più ampia” – il suo post su Facebook.

E poi diventa straziante il suo appello: “vorrei anche vedere i miei cari che non vedo da 4 mesi e se continuate a farvi i vostri interessi personali non so quando li potrò rivedere; con affetto da uno dei tanti che chiamate #eroe”. Appello fatto proprio da tutti gli Infermieri, i Medici, gli OSS e i professionisti sanitari impegnati in prima linea al Nord nella lotta al Covid-19 che da mesi non vedono i loro cari al Sud o in altre parti del Paese, prigionieri di uno Stato e di una Emergenza che li costringe a lavorare e a rischiare per il bene collettivo.

Abbiamo ascoltato direttamente Igor ed è stato molto chiaro nell’illustrare il suo pensiero e il suo malessere intestino: “anche noi abbiamo sentimenti ed emozioni e che i loro interessi personali (quelli della popolazione comune) non rispettano i nostri sacrifici, la morte di molti colleghi; cosi non duriamo ancora per molto; e poi non ha senso chiamarci eroi se non ci dimostrano un minimo di rispetto, aiutandoci facendo qualche sacrificio; se la popolazione italiana non resta a casa ancora per molto noi torneremo ad abbracciare i nostri genitori e i nostri cari da un anno. Ne abbiamo tutto il diritto”.

Igor è siciliano e la Sicilia gli manca da morire. E’ iscritto all’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Enna ed ha 33 anni.

“Ho fatto salire i miei al Nord a Capodanno, meno male che sono riuscito a vederli in quel periodo di festa, ma mi mancano da morire; noi Infermieri non siamo scappati col treno, come hanno fatto in tanti e abbiamo onorato la nostra professione con tutti i rischi che ne derivano per un misero stipendio, ma la nostra vita vale appena 1500 euro; in molti ci vedono ancora come untori, nonostante i nostri sacrifici quotidiani” – conclude Igor.

Quella del nostro interlocutore è la stessa situazione vissuta dai tantissimi Infermieri, Medici, OSS e Professioni Sanitarie che vivono da mesi distanti dai loro affetti, all’interno della propria città, della propria regione o fuori regione. In alcuni casi anche all’estero, perché dobbiamo ricordare che ci sono migliaia di operatori della sanità che vivano e lavorano in Italia, ma sono stranieri e non vedono i loro familiari in alcuni casi anche da anni.

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